Tra lungaggini, costi e mancate semplificazioni lo strumento pensato per imprimere una svolta nei pagamenti digitali potrebbe essere a rischio di insuccesso
Da strumento di speditezza, economicità e semplificazione, la fatturazione elettronica potrebbe trasformarsi presto in un vero supplizio per molte aziende, alle prese con le contraddizioni di questo sistema che, originariamente, doveva facilitare l’attività di professionisti e artigiani ma che, alla prova dei fatti, rischia di ingarbugliare la quotidiana attività di tanti piccoli professionisti.
La fatturazione elettronica è un sistema digitale di emissione, trasmissione e conservazione dei documenti fiscali grazie al quale si può dire addio al supporto cartaceo e a tutti i relativi costi di stampa, spedizione e custodia delle note di pagamento. Una grande innovazione (su stimolo europeo) e nel contempo una sfida per le realtà produttive italiane, alle prese con un cronico ritardo tecnologico. Anche lo Stato trarrà benefici dall’allargamento della platea dei corrispettivi digitali, grazie al costante monitoraggio dei flussi informatici, cosa che agevolerà i controlli e ridurrà l’evasione.
Da qualche anno tale tipo di fatturazione è già obbligatoria per gli scambi tra aziende e Pubblica Amministrazione e, dal 1° gennaio prossimo, lo sarà anche tra imprese e privati: addio dunque ai blocchetti cartacei dai quali, sin dal 1972, si sono strappati milioni di documenti fiscali (altrettanti, invece, non sono proprio stati staccati, con danno per l’erario e per la collettività intera), sistema ormai in soffitta, sostituito da un file avente formato xml.
A differenza delle tradizionali fatture cartacee quella elettronica, come naturale che sia, va necessariamente redatta utilizzando un pc, un tablet o uno smartphone e deve essere trasmessa per via informatica al cliente tramite il c.d. Sistema di Interscambio (SdI, gestito dall’Agenzia delle Entrate), una sorta di “postino” che avrà cura di recapitare la nota al destinatario. Questi due elementi, nella loro semplicità avranno perlomeno il vantaggio, nell’immediato, di stimolare la digitalizzazione delle nostre imprese. Infatti, così come stabilito dall’ultima legge finanziaria, dal 1° gennaio 2019 tutti i corrispettivi dovranno essere accompagnati da fatture elettroniche. Alibi zero insomma, e pagamenti più veloci. Solo vantaggi per le aziende? Non proprio.
Le prime criticità sono legate al grado di informatizzazione delle imprese, non sempre all’altezza della sfida dell’innovazione. Realtà anche piccole, stante alle nuove previsioni, dovranno sostenere maggiori costi per dotarsi del software necessario alla gestione delle nuova modalità di fatturazione, oppure scegliere di abbonarsi a specifici servizi che offrono tale gestione. La sostanza non cambia, con nuovi e maggiori oneri a carico dei già provati bilanci aziendali. Secondo aspetto la necessità di una maggiore cura e attenzione nell’invio del documento: avendo a che fare con la tecnologia non è escluso che il “postino” digitale smarrisca la strada (fuor di metafora, il Sistema di Interscambio, per cause tecniche, non recapiti la fattura al cessionario). In quel caso è previsto che l’impresa dovrà tempestivamente rintracciare e comunicare al cliente (in che forma non si sa) che l’originale della nota di pagamento è a sua disposizione sul sito dell’Agenzia delle entrate, con onere di quest’ultimo nella ricerca del documento.
Non va meglio nemmeno sotto il punto di vista dei tempi relativi ai controlli da parte dell’autorità finanziaria: per esplicita disposizione di legge il fisco potrà visionare le fatture presenti nel SdI solo previa comunicazione al contribuente, cosa che comporterà l’avvio di un iter formale ogni qualvolta ci sarà la necessità di accesso al sistema informatico, con buona pace della semplificazione e della celerità nella repressione degli illeciti. Ma il vulnus più grave è sicuramente rappresentato dal fatto che tale comunicazione non conterrà, a differenza del passato, le motivazioni alla base dell’accesso alle fatture, contrariamente a quanto disposto dal sistema di tutela del contribuente. Innovazione sì, insomma, ma non a scapito dei diritti acquisiti.