Tra luci e ombre tutto è pronto per il varo definitivo del provvedimento che affiancherà il Regolamento europeo già in vigore: più tutele per i minori e periodo transitorio senza sanzioni.
Si continua a parlare di privacy, nonostante il 25 maggio, data di entrata in vigore del nuovo Regolamento Ue 679/2016 (noto come GDPR, General Data Protection Regulation) sia ormai trascorso da un mese. Manca ancora all’appello il decreto necessario per adeguare la normativa nazionale alle disposizioni contenute nel GDPR ormai vigente. Ma l’Italia è in buona compagnia: quasi tutti i paesi UE (tranne Germania e Austria) non hanno ancora provveduto ad armonizzare le proprie norme in ossequio ai principi dettati dal Regolamento.
L’argomento è quanto mai «cool» nei corridoi di Camera e Senato, per via della complessità del testo, da più parti criticato a vario titolo. Mercoledì scorso, intanto, la Commissione speciale per gli atti del Governo di Palazzo Madama ha dato via libera, seppur con diverse osservazioni, al tanto sospirato provvedimento. Nella medesima giornata analogo parere positivo è stato espresso dalla Camera dei deputati. I rilievi critici dei senatori sono stati trasfusi in diciotto condizioni e quindici osservazioni, in parte uguali a quelli dei colleghi di Montecitorio.
Tra i molteplici punti di attenzione la Commissione del Senato ha ritenuto necessario salvaguardare il più possibile la categoria dei minori, invitando il Governo a prevedere l’obbligo, per il titolare del trattamento, di redigere le comunicazioni e le informazioni relative al trattamento dei dati dei fanciulli, in modo chiaro, semplice, conciso, con un linguaggio facilmente accessibile e comprensibile, al fine di rendere significativo il consenso prestato da quest’ultimo. Inoltre, si è voluta rafforzare maggiormente la tutela penale, e suggerita l’adozione di linee guida di indirizzo riguardanti le misure organizzative e tecniche di attuazione dei principi del Regolamento, una sorta di «manuale» capace di tenere conto anche delle esigenze di semplificazione (e di costo) delle piccole e medie imprese.
Stop alle sanzioni del Garante, infine, per almeno otto mesi, così da dare ai destinatari delle nuove norme un periodo di tempo sufficiente per recepire le novità ed adattarvisi. In caso di accertate violazioni ci saranno mere prescrizioni di adeguamento alla normativa piuttosto che multe.
Un punto d’arrivo non sicuramente facile per la Commissione la quale, nella seduta del 15 giugno scorso, aveva manifestato diverse perplessità in relazione a «numerosi aspetti giuridici anche rilevanti», sottolineando nel contempo la necessità di porre «un’attenzione particolare alla qualità della tecnica legislativa, affinché il provvedimento sia chiaro e immediatamente comprensibile dai soggetti che dovranno applicare la norma», medesima preoccupazione sollevata dallo stesso Garante. Un testo, insomma, criptico e non chiaro a sufficienza.
Proprio le osservazioni del Garante privacy sono state utilizzate come punto di partenza per la formulazione dei contributi, insieme ai risultati delle diverse audizioni svolte dalla Commissione sul tema. Da notare come il parere del Garante sul testo, seppur favorevole, è stato approvato a maggioranza (anziché all’unanimità), segno che anche all’interno dell’Autorità presieduta da Antonello Soro le perplessità sulla tenuta generale dell’impianto non sono mancate.
Intanto una buona notizia arriva per i cittadini sempre più vessati dalle invadenze di chicchessia nella loro sfera personale: sparisce il contributo dovuto al Garante per presentare reclami. La somma di 150 euro (c.d. diritto di segreteria) viene meno con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento, accompagnato dalla previsione, a carico delle aziende, di rispondere in maniera celere alle rimostranze di tutti coloro i quali vorranno sapere come i loro dati personali sono utilizzati.