La crisi ha intaccato il benessere degli Italiani. Indicatori economici poco positivi. Migliora salute e istruzione. Futuro più roseo secondo il Mef
di Stefano Bruni
Il monitoraggio di tutti e dodici gli indicatori del Bes è la vera e (unica) novità contenuta nel Def a politiche invariate, approvato questa mattina dal Consiglio dei Ministri.
Introdotti nel ciclo di programmazione economica già dallo scorso anno, gli indicatori del Bes monitorati lo scorso anno furono infatti solo quattro su dodici.
Da quest’anno invece saranno tutti e dodici a misurare il “benessere” dell’Italia e i risultati di questa misurazione saranno noti a febbraio del 2019, come prescritto dalla legge.
Per ora però ci si dovrà accontentare di esaminare, come si dice nel Def, “le tendenze recenti dei dodici indicatori di benessere selezionati dal Comitato previsto dalla riforma”.
E cosa emerge da queste “tendenze recenti” al momento?
“Nel complesso – dice il Ministro Padoan – si evince come la crisi del 2008-2013 abbia intaccato il benessere dei cittadini, in particolare accentuando le disuguaglianze e aggravando il fenomeno della disoccupazione e della povertà assoluta, soprattutto fra i giovani”, ma, prosegue Padoan, “guardando in avanti, le previsioni a legislazione vigente forniscono indicazioni positive per il periodo 2018-2021”.
In particolare, Padoan, riferisce che “il reddito medio disponibile aggiustato dovrebbe infatti crescere di oltre 10 punti percentuali rispetto al valore del 2017”; “il tasso di mancata partecipazione al mercato del lavoro dovrebbe continuare a scendere nei prossimi anni, grazie alla continuazione della ripresa economica; l’indice di disuguaglianza dei redditi migliorerebbe sia pur lievemente rispetto al valore stimato per il 2017. Infine, le emissioni di CO2 pro-capite scenderebbero marginalmente in confronto al 2017, grazie anche alla prosecuzione delle misure di incentivazione all’efficienza energetica introdotte negli ultimi anni”.
E gli ulteriori otto indicatori?
Il Mef dice che “avvalendosi del supporto dell’Istat e delle altre amministrazioni, sta sviluppando gli opportuni strumenti analitici ed econometrici per poter introdurre gradualmente nel ciclo di programmazione economico finanziaria le previsioni sui restanti otto indicatori”.
Dunque, pare di capire che anche per il 2018 il monitoraggio del “benessere” italiano sarà parziale e piuttosto approssimativo.
Nonostante questo (probabile) ulteriore rinvio, nell’allegato al Def dedicato agli indicatori di benessere appena varato, è stato riportato un interessante quadro di sintesi della performance registrata nei diversi domini del benessere negli anni 2005-2017.
Quindi dopo aver capito cosa succederà al “benessere” in Italia, da questi dati si comprende cosa è successo.
Sul fronte economico, “il reddito disponibile aggiustato pro capite nominale, dopo il calo registrato nel prolungato periodo di recessione, ha ripreso a crescere dal 2014 in poi, raggiungendo nel 2017 un livello lievemente superiore al precedente picco toccato nel 2008. Tuttavia, in termini reali, ovvero aggiustato per l’inflazione, il livello del 2017 risulta inferiore di dieci punti percentuali al massimo pre-crisi del 2007. L’indice di disuguaglianza del reddito disponibile mostra una tendenza crescente a seguito della crisi finanziaria ed economica e, dopo un breve miglioramento, un nuovo aumento nel 2015, seguito da una sostanziale stabilizzazione nel biennio seguente. L’indice di povertà assoluta è invece peggiorato dall’inizio della crisi al 2017, con una sola inversione di tendenza nel 2014”.
Per quanto riguarda gli indicatori relativi alla salute “si registra un miglioramento sia nella speranza di vita in buona salute alla nascita, sebbene secondo i dati provvisori dell’Istat potrebbe essersi verificata una leggera contrazione nel 2017, sia per l’eccesso di peso, la cui incidenza sulla popolazione con più di 18 anni si mantiene al di sotto del 45 percento a partire dal 2015”.
L’istruzione e la formazione “registrano un miglioramento pressoché costante negli ultimi dodici anni, come segnalato dall’indicatore relativo all’abbandono scolastico precoce, per il quale si rileva una riduzione di circa 8,0 punti percentuali”.
Per quanto riguarda invece l’ambito lavoro e conciliazione dei tempi di vita “c’è stato un miglioramento negli anni più recenti dopo una fase negativa nel periodo di crisi. Il tasso di mancata partecipazione al lavoro (indicatore che considera un insieme di popolazione in età lavorativa più ampio rispetto alle forze di lavoro, occupati e disoccupati, includendo anche tutti coloro che hanno smesso di cercare lavoro ma sarebbero pronti a lavorare se ne fosse loro offerta l’opportunità) peggiora infatti fino al 2014, per poi ridursi in misura crescente. Anche l’aspetto della conciliazione dei tempi di vita mostra segnali di miglioramento negli anni più recenti”.
L’indice di criminalità predatoria, che rappresenta l’andamento della sicurezza in Italia, scende dal 2014 in poi dopo una fase di peggioramento negli anni 2010-2013.
L’indice di efficienza della giustizia civile registra invece un significativo miglioramento a partire dal 2015, che sembra confermato anche nel 2017 secondo le stime provvisorie fornite dall’Istat e dal Ministero della Giustizia. Esso fa seguito ad un peggioramento nel 2013-2014.
Le emissioni pro capite di CO2 e altri gas clima alteranti, che monitorano il dominio “ambiente”, “sono caratterizzate da un trend decrescente fino al 2014; dall’anno successivo, col riprendere della crescita della produzione e dei consumi, le emissioni risalgono sebbene in misura relativamente contenuta”.
Per quanto riguarda, infine, il dominio paesaggio e patrimonio culturale, l’indice di abusivismo edilizio, “dopo la flessione del triennio 2005-2007, mostra una significativa crescita fino al 2015. Nell’ultimo biennio, l’indice registra lievi segnali di riduzione”.
Alla fine la situazione, nel complesso, dice il Mef, è “complessivamente incoraggiante”.
Speriamo sia veramente così. Anche in futuro.