La diminuzione del debito è condizione necessaria per la ripresa. Attenzione a fiducia mercati
di Maria Carla Bellomia
Se il tema del lavoro è stato al centro dell’intervento odierno dei sindacati sul Def è la crescita economica, insieme alla competitività, a richiamare l’attenzione delle Commissioni speciali, nel corso dell’audizione di Confindustria e R.E.T.E Imprese Italia.
Una stima, quella dell’1,5% contenuta nel Def, ritenuta, sia dal Direttore del Centro Studi di Confindustria Andrea Montanino, sia dalla Presidente di R.E.T.E Imprese Patrizia de Luise, ben al di sotto del tasso di crescita dei principali competitor europei– che crescono di più e a ritmi più sostenuti dell’Italia – e incapace di garantire gli standard di welfare a cui gli italiani sono abituati.
Il rafforzamento delle prospettive di crescita, deve inserirsi, dal punto di vista delle imprese, necessariamente nel contesto europeo, dove Parlamento e Governodovranno lavorare insieme affinché l’Italia diventi insieme a Francia e Germania il gruppo di testa per affrontare le sfide comunitarie.
Per fare questo è fondamentale, come rimarcato da Confindustria, lavorare per ottenere un mercato unico dei capitali e mantenere alta la fiducia degli stessi mercati sull’Italia, soprattutto in un momento delicato come quelloin cui la BCE si sta avviando gradualmente all’uscita dalla politica monetaria non convenzionale.
Mentre la crescita in Italia avanza, seppur a ritmi modesti, grazie all’export, gli investimenti pubblici, come rilevato dalle imprese, sono ulteriormente diminuiti nel corso del 2017, facendo registrare, a causa di questo calo, la cifra più bassa riscontrata a livello dell’eurozona (che si attesta a c.a. il 2% del Pil.)
Vietato poi abbassare la guardia sui conti pubblici: il graduale rientro del debito è una precondizione necessaria per la ripresa della crescita, considerato che il grado di esposizione dell’Italia resta molto elevato e che le previsioni contenute nel Def sul rapporto deficit/Pil appaiono ottimistiche rispetto alle stime di Confindustria dello scorso dicembre.
Inoltre, un eventuale aumento dell’Iva peserebbe secondo, le stime del Centro studi di Confindustria, per circa il 3% in meno sui consumi delle famiglie, mentre ne trarrebbe beneficio il rapporto tra debito pubblico e Pil, grazie all’aumento del Pil nominale derivante dal maggior gettito fiscale.
Di avviso diverso è R.E.T.E Italia che esclude effetti di crescita positivi conseguenti a un eventuale operare delle clausole di salvaguardia, che inciderebbero in maniera controproducente sulla ripresa economica, considerata la fase ancora di transizione in cui si trovano le imprese e le famiglie italiane.
Per quanto riguarda il tax gap – ovvero la differenza tra imposte e contributi teorici e quelli effettivamente versati – la ricetta di Confindustria per recuperare questo divario che distorce la concorrenza tra impresee sottrae risorse alla crescita prevede azioni mirate di compliance fiscale, oltre a modelli di memorizzazione elettronica degli scontrini e delle ricevute fiscali, ulteriori sistemi di tracciatura, il potenziamento de gli istituti premiali e una specializzazione dei controlli.
Entrambe le Associazioni sono apparse poi concordi nel sostenere la necessità di porre un freno all’attuale inerzia politica, attraverso la rapida formazione di un Governo, che, nel pieno delle sue funzioni, “sappia rassicurare” e che porti avanti le riforme, senza smontare ciò che di positivo è stato fatto per il comparto dell’industria.
Tra le richieste provenienti dal mondo delle medie e piccole imprese per accrescerne la competitività c’è rendere operativo l’entrata in vigore dell’Iri, la deducibilità dell’Imu sugli immobili strumentali e la riduzione dell’irap.
In particolare è fondamentale, come rimarcato dalla Presidente di R.E.T.E Imprese, che le prospettive di crescita dell’economia italiana siano sostenute da una politica che dia attuazioneallo Statuto delle imprese, con tempi certi e regole chiare, di diretta applicazione e soprattutto proporzionali alle dimensioni di impresa e al settore di attività.