Thomas Manfredi, economista dell’Ocse, commenta con LabParlamento la nota di aggiornamento approvata dal Cdm
di Valentina Magri
Pil e debito pubblico in miglioramento, 10 miliardi in più a disposizione di deficit. Lo prevede, tra l’altro, la nota di aggiornamento del Def approvata sabato dal Consiglio dei Ministri. “Un discreto grado di ottimismo è giustificato”, ha commentato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. LabParlamento ha chiesto un parere a Thomas Manfredi, economista dell’Ocse.
PIL in imprevista crescita (almeno in queste dimensioni), debito pubblico per la prima volta negli ultimi anni in discesa (forse la vera novità): a suo avviso si tratta di un consolidamento ormai acquisito oppure c’è una dose di eccessivo ottimismo?
“La crescita del Pil leggermente superiore a quanto previsto (+0,5%) è grasso che cola, ma restiamo comunque arretrati a livello europeo Francia e Germania crescono più di noi, la Spagna quasi il doppio dell’Italia.Il debito pubblico è in lieve diminuzione, ma è aumentato di quasi 40% durante la crisi e resta la questione del consolidamento di lungo periodo. Il Governo ha il piano ambizioso di farlo scendere dell’8% entro il 2020. È un sentiero stretto e bisognerà vedere se i piani per ridurlo saranno messi in atto dopo le elezioni politiche. Direi che la situazione è in leggero miglioramento, ma non è eccezionale”.
Questo miglioramento è figlio della politica economica dei governi Renzi e Gentiloni oppure del rasserenamento della congiuntura a livello europeo?
“Sicuramente sul miglioramento dell’economia italiana hanno influito le riforme, ma ritengo che il loro impatto sia stato piccolo; la fa da padrone il miglioramento dell’economia a livello europeo”.
La prossima manovra: interpellato sulle pensioni, il premier Gentiloni in conferenza stampa si è detto contrario a operazioni generalizzate e che valuterà, piuttosto, interventi puntuali. E’ un approccio che condivide?
“Bisogna mettere la questione pensione in un’ottica di lunghissimo periodo: si stima che entro il 2050 pensioni e sanità varranno il 20-30% del Pil. Occorreranno delle risorse di lungo periodo per coprire queste spese. Qualsiasi ritocco della spesa pensionistica a livello strutturale va evitato assolutamente. Ogni intervento con un’ottica di breve periodo si scontra con la realtà di una popolazione che invecchia, dove di fatto i salari di oggi pagano le pensioni di oggi. Speriamo che il governo abbia la forza di evitare di cedere alle pressioni per rivedere i coefficienti di trasformazione, perché non sarebbe possibile coprire le spese aggiuntive che comporterebbero”.
Aiuti ai giovani: quanto potrà essere efficace una decontribuzione?
“Sortiranno degli effetti, si spera positivi. Bisogna vedere però quanto questi incentivi saranno strutturali, come saranno coperti e andare oltre l’ottica di breve periodo. Serve anche una spinta alla produttività per permettere ai giovani di avere lavori di qualità, e quindi anche carriere e salari adeguati. Speriamo che gli incentivi all’industria 4.0 e alle assunzioni abbiano effetti positivi anche sui salari”.
Sempre in conferenza stampa Gentiloni ha dichiarato che la sua manovra sarà “certamente non repressiva e non un elemento di freno alla nostra economia”. Ma quali sono i concreti spazi di azione a disposizione del Governo? E quali, a suo modo di vedere, le azioni prioritarie?
“Se dovessimo seguire le regole europee, dovremmo avere una correzione strutturale del deficit dello 0,6%. Il Governo ha corretto i conti di metà (0,3%), dicendo di voler fare uso della flessibilità per uscire dalla crisi. Ma prima o poi, i nodi verranno al pettine. Questa manovra ha senso se l’economia italiana effettivamente crescerà. Molto dipenderà anche dalla stabilità politica del Parlamento che si insedierà dopo le nuove elezioni politiche italiane e da una prosecuzione di un atteggiamento dell’Europa accondiscendente e lassista dal punto di vista fiscale. Dopo l’elezione di Macron, pare che l’Europa sia malleabile sotto questo profilo”.