Via libera dal Senato. Linea dura dei bersanian-dalemiani, ancora divergenze con Pisapia. Sullo sfondo la legge elettorale
L’Aula del Senato ha dato il via libera, nella tarda mattinata di oggi, al piano per il rinvio del pareggio di bilancio al 2020 e alla risoluzione di maggioranza sulla Nota di aggiornamento del Def 2017, chiudendo così in circa 24 ore l’esame dell’atto propedeutico alla presentazione della Legge di Bilancio 2018. Il Governo e la maggioranza hanno così incassato un importante risultato, superando il temuto ostacolo dei numeri risicati di Palazzo Madama (a breve sono attese analoghe votazioni anche alla Camera, dove Pd e Ap dispongono di numeri agevoli).
Ciò nonostante, dal punto di vista politico la notizia principale risiede nell’esplosione, forse definitiva, del malumore di Articolo 1-Mdp nei confronti del Partito Democratico e del “suo” Esecutivo. Gli scissionisti guidati da Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema e Roberto Speranza hanno infatti scelto la linea dura per esprimere il loro dissenso, facendo mancare il sostegno al Documento di economia e finanza (per il cui via libera con 164 voti sono stati con tutta probabilità necessari i “sì” del Gruppo Misto e di alcuni settori dell’opposizione) e dando luogo a un’escalation di dichiarazioni contro la maggioranza che sostiene Paolo Gentiloni, culminate con le dimissioni di Filippo Bubbico da viceministro dell’Interno.
A detta dei principali esponenti di Mdp, l’oggetto del contendere sarebbero le strategie economiche del Governo in ambiti chiave come occupazione e sanità, nella loro visione troppo in linea con le politiche dei bonus tipiche degli anni di Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Tuttavia, non si può non notare come il repentino peggioramento della situazione sia collegato a quanto avvenuto negli ultimi giorni sul fronte della legge elettorale, con la nascita di un asse Pd-Ap-Forza Italia-Lega Nord per tentare l’approvazione del “Rosatellum 2.0”. In altri termini, appare quasi nitido che il reale obiettivo dei bersanian-dalemiani sia quello di evidenziare fin da ora la presenza di un accordo tra democratici e berlusconiani, che potrebbe magari tradursi in un futuro Governo di larghe intese, e quindi l’esistenza di una doppia maggioranza, a loro giudizio insostenibile negli ultimi mesi della Legislatura.
Prescindendo da valutazioni di merito sui contenuti del Def e sulle tattiche dei vari partiti, l’irrigidimento di Articolo 1 ha finora ottenuto l’unico risultato di far riemergere le divisioni con Giuliano Pisapia e Campo progressista. Nel suo consueto tentativo di non rompere né con il Partito Democratico né con la sinistra, l’ex sindaco di Milano ha infatti rimandato ogni giudizio al varo della Legge di Bilancio (atteso tra circa 15 giorni), augurandosi che le richieste avanzate di persona al premier Gentiloni vangano accolte. In quest’occasione, tuttavia, non è mancato un affondo nei confronti di Massimo D’Alema, invitato a fare un passo di lato in quanto figura divisiva. Inoltre, Bruno Tabacci, esponente vicino a Pisapia, ha definito più complicato il rapporto tra Mdp e Campo progressista, rimarcando che un centrosinistra diviso sarebbe destinato a consegnare il Paese agli avversari.
“Un voto all’insegna di responsabilità e stabilità”. Questo è stato il commento via Twitter di Paolo Gentiloni, una volta conosciuto l’esito della discussione sulla Nota di aggiornamento del Def. Dopo quanto accaduto stamattina, è alto il rischio che Articolo 1-Mdp non sia più ritenuta una forza parlamentare affidabile, senza contare che una rottura finale con il Pd condurrebbe, in caso di approvazione della nuova versione del “Rosatellum”, a uno scenario da incubo per gli scissionisti: un accordo di coalizione tra Matteo Renzi e Giuliano Pisapia.