Luca Failla, cofondatore dello studio legale LabLaw, commenta il caso Embraco a LabParlamento. Strada in salita senza una volontà politica
di Valentina Magri
Come scongiurare la delocalizzazione di Embraco?”Si potrebbe trovare un modo a livello europeo, attraverso una direttiva. Ma non è semplice perché ci vuole una volontà politica. Sarebbe pressoché impossibile farlo al di fuori dell’UE: ci vorrebbe una convenzione, ma sarebbe ancora più complicato”, commenta Luca Failla, giuslavorista e cofondatore di LabLaw, studio legale specializzato in diritto del lavoro, relazioni industriali e diritto d’impresa.
Come sono regolamentate le delocalizzazioni in Italia?
“Non sono regolamentate. Sono gestite come semplici procedure di chiusura di impianti. Per delocalizzare basta chiudere un impianto in Italia, avviare la procedura di mobilità e poi iniziare un business all’estero.
In Italia il trasferimento di asset impone il passaggio dei lavoratori da una società all’altra, ma in caso di trasferimento dell’azienda all’estero non c’è una tutela dei lavoratori, anche perché sarebbe complicato imporre all’impresa di trasferirli all’estero senza consenso”.
Il ministro Calenda si è rivolto all’Europa per scongiurare la delocalizzazione di Embraco. Secondo lei sarebbe opportuno un intervento legislativo dell’Ue?
“Il tema è che se avvenisse una delocalizzazione all’interno dell’Italia, all’impresa sarebbe imposto di trasferire anche il personale, che non perderebbe il posto di lavoro. Chi non fosse disponibile a spostarsi, negozierebbe l’uscita. Questa disciplina non vige al di fuori del territorio nazionale. Si potrebbe adottare un meccanismo simile nei paesi europei, ma non sarebbe tutelata la delocalizzazione nei paesi extra UE. Embraco può decidere di chiudere l’impianto e riaprirlo dove preferisce, dal punto di vista giuridico. Non sarebbe il primo caso, ma ho il sospetto che la reazione così forte sia dovuta alla campagna elettorale.”
Si può a suo avviso favorire la permanenza delle imprese in Italia attraverso le leggi oppure sarebbero più efficaci le politiche economiche?
“Non potrebbe esistere una legge che impone alle aziende di restare in Italia perché andrebbe contro la libertà di impresa e scoraggerebbe gli investimenti. Potrebbe essere utile una direttiva a livello europeo in base alla quale non si può trasferire un’azienda italiana in un altro paese UE, per evitare il dumping tra paesi europei. Resterebbe però sempre il problema della delocalizzazione extra UE. Nel mio studio legale abbiamo gestito processi di delocalizzazione, dove aziende internazionali hanno offerto ricollocamenti a livello internazionale, ad esempio in Polonia. Alcuni lavoratori hanno accettato pur di evitare di perdere lavoro e professionalità.”
Potrebbe essere efficace un fondo anti-delocalizzazioni come quello proposto dal ministro Calenda?
“Potrebbe essere sensato, ma andrebbe in senso contrario rispetto ai provvedimenti degli ultimi anni, dove sono state ridotte tutte le misure di assistenzialismo verso le imprese perché costose e perché dare denaro alle imprese per non chiudere potrebbe essere interpretato come aiuto di stato non consentito dall’Europa. Poi da dove prenderemmo i soldi? Se le aziende versassero un contributo per questo fondo, sarebbe inserito un nuovo balzello. Inoltre, alcune imprese potrebbero minacciare di delocalizzare solo per intascare i contributi”.