Il dibattito intorno al voto elettronico. L’analisi dell’on. Paolo Coppola (PD) sulle possibili criticità dello strumento e sui principali temi legati alle prossime sfide digitali
Il tema della democrazia diretta rappresenta un punto sempre attuale all’ordine del giorno del dibattito politico italiano, senza dimenticare, però, che la scelta dei governanti passa ancora dalle urne. Con l’avvento del digitale anche la democrazia ha assunto tinte nuove e c’è già chi spinge per l’introduzione del voto elettronico. Addio dunque a schede e matite?
LabParlamento ha incontrato l’on. Paolo Coppola (PD), presidente della Commissione di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle amministrazioni pubbliche e già componente della Commissione di studio per l’elaborazione di principi in tema di diritti e doveri relativi ad Internet.
Lei più volte si è espresso contro il voto elettronico ritenendolo poco affidabile, per quale motivo?
“Purtroppo i tecnoentusiasti qualche volta possono fare danni, soprattutto se l’entusiasmo non è opportunamente supportato dalle conoscenze tecniche e scientifiche necessarie. L’approccio al voto elettronico spesso è di due tipi: nel primo caso “estensivo”, nel senso che si dice “lo fanno già in altri paesi, perché non dovrebbe farlo il nostro”, oppure “esiste l’home banking e quindi uso il digitale per il mio conto corrente, perché non dovrei usarlo per il voto”. L’altro approccio, soprattutto quando metto in evidenza i problemi del voto elettronico, è “fiducioso”, nel senso che si è convinti che “un giorno questi problemi saranno risolti”. Entrambi gli approcci non hanno fondamento razionale e il voto elettronico sarebbe un grande rischio per la democrazia. Il problema sta nel fatto che spesso sfugge ai più che il digitale re intermedia”.
“Quando premo un tasto della tastiera del computer e vedo comparire la lettera corrispondente sullo schermo, io ho l’impressione di aver digitato una determinata lettera. Ne sono convinto. In realtà io ho solo provocato un segnale che è stato misurato, elaborato e ha portato ad una serie di operazioni eseguite senza che io me ne accorga e alcune che invece io percepisco, come l’accensione dei pixel sullo schermo. Quando scrivo la stessa lettera su un pezzo di carta con la matita, sto effettivamente facendo quello e nulla più. Con il digitale il software fa da intermediario ed io mi fido”.
“Nel voto elettronico le cose si complicano. L’espressione del voto è mediata dal calcolatore. Ci si mette nella stessa condizione dei non vedenti che vengono accompagnati ed aiutati nelle operazioni di voto da persone di loro fiducia. Non si vota, ma si dice al software quale è la propria intenzione di voto. Verrà presa realmente in considerazione? Oppure il software mi sta ingannando? Mi devo fidare? Fortunatamente per questo problema esistono soluzioni, basate sulla crittografia, che permettono di costruire sistemi di voto elettronico in cui sia verificabile che il voto espresso sia stato effettivamente preso in considerazione. Il problema, invece, non risolto, è quello della segretezza e anonimato del voto”.
“Sono contrario all’utilizzo del voto elettronico perché so che non è possibile assicurare che il sistema hw e sw garantisca l’anonimato. Non è possibile nemmeno definire delle procedure di controllo che verifichino con certezza che il software non violi l’anonimato perché esiste un noto teorema di informatica teorica (il teorema di Rice) per cui la verifica di proprietà non banali del software è un problema non calcolabile. Va chiarito che l’esistenza del teorema di Rice chiude definitivamente la porta all’approccio “fiducioso” per cui “un giorno…” perché un teorema rimane valido per l’eternità”.
“Il problema dell’impossibilità di assicurare l’anonimato fa anche cadere l’approccio “estensivo” dell’home banking, perché in quel caso l’anonimato non è richiesto. Rimane l’obiezione “lo fanno in altri paesi” di fronte alla quale posso solo dire che, evidentemente, in altri paesi hanno scelto di fidarsi di chi produce e gestiste il software e l’hardware dei sistemi di voto oppure hanno deciso di non prestare particolare importanza all’anonimato del voto. Se posso permettermi una battuta, posso anche essere favorevole al voto elettronico, ma solo se il software lo scrivo io”.
Dal voto elettronico al voto reale: è stato recentemente approvato all’unanimità, su sua proposta e su quella dell’on. Boccadutri (PD), di realizzare un tagliando staccabile con un codice alfanumerico ‘antifrode’ su ogni scheda elettorale per evitare possibili brogli alle urne. Pensa che questa soluzione risolverà il problema?
“Penso proprio di sì. Il tagliando antifrode serve a evitare il meccanismo della “scheda ballerina” ovvero quella frode attraverso la quale si verifica il voto di scambio rubando una scheda dal seggio, con o senza la complicità di presidenti o scrutatori. La scheda rubata viene compilata e consegnata all’elettore prima che questo entri nel seggio, chiedendogli di tornare riportando una scheda bianca. L’elettore ritira la scheda bianca al seggio, inserisce nell’urna quella precompilata e riporta la scheda bianca ottenendo in cambio il vantaggio pattuito. Con il tagliando antifrode, invece, ogni scheda ha un codice alfanumerico diverso che viene annotato quando la scheda viene consegnata all’elettore”.
“Nel momento in cui la scheda viene restituita, prima di inserirla nell’urna, si controlla che il codice sia lo stesso e solo in caso affermativo si stacca il tagliando, in modo da rendere anonima la scheda, e la si inserisce nell’urna. Il tagliando permette di controllare che la scheda consegnata sia la stessa restituita e che quindi non ci sia uno scambio. La sola esistenza del tagliando renderà inutile rubare la prima scheda dal seggio e quindi bloccherà il meccanismo della scheda ballerina”.
Lei è Presidente della commissione d’inchiesta di Montecitorio sulla Digitalizzazione della P.A., quali attività contate di chiudere entro la fine della legislatura?
“La commissione ha chiuso il primo anno d’inchiesta e presenterà la relazione al Parlamento. Purtroppo un anno non è stato sufficiente a seguire tutti i filoni d’inchiesta che avremmo voluto indagare e quindi speriamo che venga prorogata per continuare ad approfondire in particolare i temi del digitale nella sanità, nella giustizia, nel fisco oltre ai problemi del procurement e della governance dell’ict pubblico”.
Ha recentemente partecipato alla conferenza EUPADRA in ParliamentaryProcedures and Legislative Drafting sul tema della trasformazione dell’organizzazione parlamentare attraverso l’innovazione tecnologica. Quanto pesa e peserà questa pratica sulla trasformazione dell’organizzazione delle Camere?
“Siamo in tempi di piena trasformazione digitale e questa avrà un impatto profondo in tutte le attività umane. In questo momento alla Camera dei Deputati il digitale ancora non è entrato profondamente nei processi, anche se la spinta si fa sentire sempre più forte. Sono convinto che nei prossimi anni l’accelerazione sarà ancora maggiore, soprattutto se il Parlamento continuerà ad avere al suo interno membri attenti ai temi dell’innovazione come è successo in questa legislatura con i membri dell’intergruppo innovazione (www.parlamentari.org)”.