Carcere fino a sei anni per chi recluta e assume lavoratori agricoli in condizioni di sfruttamento. In caso di violenza, previsto l’arresto in flagranza di reato
Con 346 sì e 25 astenuti l’Aula della Camera ha approvato in via definitiva, durante la seduta di martedì 18 ottobre, il provvedimento diretto a contrastare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro in agricoltura, generalmente descritto con il termine “caporalato”.
L’iter condotto a Montecitorio si è concluso senza che venissero apportate modifiche al testo votato dal Senato nello scorso mese di agosto, e strutturato in 12 articoli. Pilastro delle disposizioni licenziate dal Parlamento è senza dubbio la nuova formulazione del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (articolo 603-bis del Codice Penale), in base alla quale sarà punito con una reclusione da uno a sei anni chiunque recluti manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento e quanti assumano lavoratori, approfittando del loro stato di bisogno, che si trovino nella condizione appena descritta. Se la condotta qualificabile come caporalato sarà commessa ricorrendo a violenze e minacce, gli estremi della pena saliranno a cinque e otto anni e, nei casi di flagranza di reato, scatterà l’arresto. Il provvedimento in esame descrive come indici di sfruttamento della manodopera la corresponsione di retribuzioni che si discostino palesemente dai contratti collettivi sottoscritti dai sindacati a livello nazionale e territoriale, la ripetuta violazione delle norme in materia di orario di lavoro e la mancanza di standard di sicurezza e igiene negli ambienti lavorativi.
Altri aspetti rilevanti del testo sono rappresentati dall’obbligatorietà della confisca degli oggetti usati per commettere il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, dalla possibilità di sottoporre a controllo giudiziario (nel corso del relativo processo penale) l’azienda in cui si siano verificati episodi di caporalato, dalla previsione di un Piano di interventi a tutela dei lavoratori stagionali (a cura dei Ministeri del Lavoro, delle Politiche Agricole e dell’Interno) e dall’inclusione del reato in questione nell’ampio novero di requisiti che gli imprenditori agricoli dovranno rispettare per partecipare alla Rete del lavoro agricolo di qualità dell’Inps. Rete, alla quale potranno aderire con apposite convenzioni Sportelli unici per l’immigrazione, Centri per l’impiego e Istituzioni locali.
Considerate le proporzioni raggiunte da un fenomeno inaccettabile per un Paese occidentale (le organizzazioni sindacali stimano in circa 400.000 i lavoratori agricoli che subiscono forme di caporalato, alimentate anche dai crescenti flussi migratori), la Legge ora attesa in Gazzetta Ufficiale rappresenta senz’altro un passo nella giusta direzione.