Nella Commissione Finanze di Palazzo Madama ha avuto inizio l’esame del Decreto che mira a restituire potere d’acquisto alle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, in modo da incrementare la liquidità circolante e sostenere la domanda interna. La misura era stata finanziata con l’ultima Legge di Bilancio
Il DL sul cuneo fiscale, firmato il 5 febbraio scorso dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e ora al vaglio della Commissione Finanze del Senato, rappresenta una misura molto attesa, volta a diminuire la tassazione sul lavoro in linea con quanto previsto dal programma di Governo al momento del suo insediamento.
La finalità della misura è quella di restituire potere d’acquisto alle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, in modo da incrementare la liquidità circolante e dunque promuovere e sostenere la domanda interna.
Il cuneo fiscale altro non è, secondo la definizione fornita dall’ OCSE, che il rapporto tra le tasse pagate da un lavoratore medio e il costo totale del lavoro per il datore di lavoro e, sempre secondo uno studio condotto dalla stessa OCSE, con un prelievo medio del 47.7% l’Italia era al terzo posto nella classifica dei Paesi con la maggior imposizione fiscale, dopo Germania e Belgio con l’aggravio, però, che il costo del lavoro in Italia era al 17°per le retribuzioni lorde e al 19° per quelle nette liquidate ai lavoratori.
Il Decreto legge in questione interviene essenzialmente su due fronti: da un lato introduce un trattamento integrativo che assorbe e incrementa il vecchio “bonus Renzi” prevedendo un aumento di circa 20 euro al mese, per un totale complessivo di 100 euro netti in più al mese per i redditi tra gli 8.200 e i 26.600 euro e dall’altro prevede una nuova detrazione fiscale direttamente i busta paga per i redditi più alti, applicabile alle prestazioni lavorative rese dal primo luglio 2020 al 31 dicembre 2020.
I destinatari sono lavoratori dipendenti con reddito fino a 40 mila euro e assimilati ma rientrano nel provvedimento anche le borse di studio, gli assegni di formazione professionale, compensi per collaborazione coordinata e continuativa, remunerazioni dei sacerdoti, le prestazioni pensionistiche erogate da enti di previdenza complementari e compensi per lavoro socialmente utile. Dal gennaio 2021 il beneficio dovrebbe restare attivo solo per coloro che guadagnano fino a 28mila euro e, nel frattempo, si attende una complessiva riforma fiscale che revisioni l’attuale sistema di detrazioni IRPEF.
Il Ministro Gualtieri ha infatti sottolineato come questo intervento sia “tutt’altro che sperimentale” e, anzi, costituirebbe solo “un primo tassello di una riforma complessiva sul reddito delle persone fisiche con una spesa annua di circa 6 miliardi a regime” mentre per quest’anno le risorse stanziate con la Legge di Bilancio sono di “soli” 3 miliardi di euro dal momento che il bonus entrerà in vigore solo a luglio.
Non è concorde il presidente dell’Inps Pasquale Tridico che sottolinea che se la riforma dovesse andare a regime la spesa sarebbe non solo più elevata, considerando l’estensione della platea rispetto al bonus Renzi, ma anche di difficile coordinamento rispetto ad una eventuale riforma complessiva dell’Irpef.