Con un impatto politico forte e un costo di entrata molto basso le piattaforme tecnologiche sono dei veri e propri equalizzatori politici
La tecnologia e i social media hanno cambiato per sempre il modo di lavorare delle persone e hanno aperto nuove opportunità e domande. L’effetto disruptive di questi strumenti non ha tardato a manifestarsi anche in politica, dove si è assistito a un progressivo coinvolgimento nel processo decisionale di intere fasce della società che prima ne erano escluse. I paradigmi della leadership e della rappresentanza sono stati messi in discussione e se ne sono formati di nuovi. Piattaforme come Facebook, Twitter e Instagram sono state motrici di questo cambiamento anche in politica e si sono rivelate come l’unico mezzo capace di abbattere realmente le distanze tra uomini e donne.
“Quali sono le barriere informali che impediscono alle donne di prendere parte alla vita politica?”. Questa è la domanda che si è posta Silvana Koch-Mehrin, ex vice presidente del Parlamento europeo e fondatrice del Women in Parliaments Global Forum (WIP), per avviare il dibattito sul tema. Una prima risposta si trova in uno studio del 2015, che ha dimostrato che la rappresentazione delle donne leader nei media tradizionali è uno degli ostacoli alla parità di genere.
In questo contesto i social media si sono posti come equalizzatori politici grazie alle loro caratteristiche di strumenti con un impatto politico forte e con un costo di entrata molto basso.
Il nuovo Rapporto Social Media: Advancing Women in Politics? (realizzato da WIP, Università di Harvard e Facebook) analizza tale fenomeno partendo dalle interviste fatte a 900 parlamentari donne provenienti da 107 Paesi. Lo studio è stato presentato lo scorso 18 ottobre a Palazzo Giustiniani dalla Vice Presidente del Senato Linda Lanzillotta e dall’amministratore delegato di WIP Rick Zedník. Dei risultati hanno discusso Anna Ascani, deputata del Partito Democratico, Anna Maria Bernini, senatrice di Forza Italia, e Sara Ranzini, direttore della comunicazione Facebook Italia.
Il Rapporto ha evidenziato che l’85% delle parlamentari nel mondo utilizza stabilmente i social network anche se commette l’errore di concentrare la comunicazione soprattutto durante la campagna elettorale e meno nell’arco del mandato legislativo. Osservando il fenomeno da un altro punto di vista, l’analisi ha rivelato che le nuove piattaforme hanno portato anche nuovi rischi per le donne in Parlamento: quasi il 50% delle intervistate ha ricevuto insulti, minacce o commenti negativi riguardanti le loro capacità in politica. Emerge dunque fortemente l’esigenza di nuovi codici di condotta, consapevolezza e formazione sul tema a tutti i livelli.
“Questo studio conferma che i social media sono una grande risorsa con un incredibile impatto politico – ha spiegato Rick Zednìk – anche perché hanno un costo di entrata molto basso, specialmente se lo confrontiamo con le risorse provenienti da campagne di finanziamento, dai network professionali o dalle campagne basate sui media tradizionali. Le donne che hanno tradizionalmente un limitato accesso a questo tipo di risorse grazie ai social riconquistano pari opportunità politica rispetto agli uomini”.
Linda Lanzillotta ha inoltre sottolineato che “i social media, come un tempo è avvenuto con la televisione, hanno cambiato la comunicazione politica e non solo. Lo studio dimostra che questi strumenti oltre a fidelizzare gli elettori rappresentano per le donne che vogliono fare politica una chance in più in quanto se ben utilizzati possono dare loro la stessa visibilità degli uomini, anche se poi i meccanismi di selezione della classe dirigente, almeno nei partiti tradizionali, difficilmente passano dal web e seguono criteri di parità di genere”.