Non bastavano video e immagini di personaggi famosi intenti in azioni strampalate totalmente fasulle ma che, a prima vista, appaiono completamente veritiere e fedeli agli originali. Adesso il regno dell’inganno digitale aggiunge al complesso mosaico del falso una tessera in più. Qualche giorno fa il Garante per la protezione dei dati personali ha aperto un’istruttoria nei confronti della società che fornisce l’applicazione Fakeyou che, da notizie di stampa, consentirebbe di riprodurre file di testo mediante voci false, ma realistiche, di personaggi noti, anche italiani.
Tale applicazione, disponibile al momento soltanto via Web, permette di far prendere corpo – o meglio “voce” – ad un testo, trasformare una qualsiasi frase o un breve discorso scritto da parte dell’utente in una voce famosa. Volete gli auguri di buon compleanno da parte di Morgan Freeman? Non c’è problema: basta andare sul sito, scrivere la dedica e premere l’apposito pulsante. In men che non si dica l’attore protagonista di Gone Baby Gone vi augurerà buon genetliaco.
Fakeyou si basa sul concetto del text-to-speech: un testo viene rapidamente trasformato in audio, con la possibilità di scegliere la voce famosa da incarnare, tra cui quelle di Gerry Scotti, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi.
Le preoccupazioni del Garante si indirizzano verso i potenziali rischi che potrebbero determinarsi da un uso improprio di un dato personale, quale è appunto la voce. L’Autorità ha dunque chiesto alla società “The Storyteller Company – Fakeyou” di trasmettere con urgenza ogni possibile elemento utile a chiarire l’iniziativa.
La società dovrà, tra l’altro, fornire le modalità di “costruzione” della voce dei personaggi famosi, il tipo di dati personali trattati, nonché le finalità del trattamento dei dati riferiti ai personaggi noti e agli utenti che utilizzano l’app. L’azienda, inoltre, dovrà indicare l’ubicazione dei data center che archiviano i dati personali, sia con riferimento agli utenti registrati dall’Italia, sia ai personaggi noti, e le misure tecniche ed organizzative adottate per garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio.
“I deepfake” si legge sul sito della società, “sono un po’ come Photoshop quando è uscito per la prima volta. Sono impressionanti, forse un po’ spaventose, ma stanno per diventare la nuova norma. Le persone si abitueranno alla tecnologia e i risultati verranno utilizzati principalmente per il bene creativo, sbloccando valori di produzione elevati precedentemente costosi e irraggiungibili per i singoli creatori. Crediamo che la prossima Hollywood sarai tu”.
Tale tecnologia, vietata negli Stati Uniti, è permessa invece in molti paesi del mondo. Voci, immagini e video, oggi, possono essere facilmente artefatti, e non sempre per scopi benefici come paventato da Fakeyou. Basti pensare alla piaga dei deepnude, dove ognuno può “spogliare” un’immagine di un’altra persona e diffonderla nel mare del web, spacciandola come veritiera. E non è escluso che le applicazioni come Fakeyou – adesso limitati alle voci di personaggi famosi – potranno presto essere applicati alla voce di ognuno di noi. Con buona pace della verità.