Negli ultimi anni, sulla scorta degli obiettivi nazionali ed europei in materia, l’offerta di asili nido e di servizi per la prima infanzia è in parte cresciuta nel nostro Paese. In base ai dati più recenti, relativi all’anno educativo 2018/19, i posti a disposizione in queste strutture sono arrivati a 25,5 ogni 100 minori. Una crescita non trascurabile, ma che risulta ancora troppo lenta rispetto agli obiettivi europei dei 33 posti ogni 100 bambini. È quanto emerso dalla presentazione online del rapporto nazionale “Asili nido in Italia” promosso dall’impresa sociale Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
L’Asilo è un servizio non solo sociale, ma educativo. Le basi gettate nei primi anni di vita condizioneranno tutto il percorso successivo. Lo scorso dicembre l’Alleanza per l’infanzia in collaborazione con la rete #educAzioni ha evidenziato la necessità di un aumento di quasi 300mila posti per raggiungere una copertura pari ad almeno il 33% attraverso asili nido pubblici. Nei prossimi anni il nostro paese sarà chiamato a programmare e gestire risorse nell’ambito dell’iniziativa europea Next Generation Eu. (circa 200 miliardi di euro). Come lascia intendere il nome stesso dello strumento, servono per investire sul futuro delle prossime generazioni, che oggi appare compromesso dalla crisi.
«Il 30 aprile il Governo presenterà il piano nazionale di ripresa e resilienza, che destina ai servizi all’infanzia 4,6 miliardi di euro. Il piano intende stabilire come obiettivo l’offerta minima al 33% per i servizi per la prima infanzia entro il 2026. Ci auguriamo che questo investimento strategico per l’Italia non venga toccato – sottolinea Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini – ma, anzi, potenziato. Partire presto e bene cambia tutta la vita delle persone. Ciò è vero in generale, lo è ancor più per chi nasce in situazione di esclusione e fragilità. Il potenziamento dei servizi da solo però non basta. Si deve puntare soprattutto a ridurre i divari tra i territori, che sono molto ampi come dimostra il report. È anche importante il come si raggiunge l’obiettivo, i processi. Abbiamo imparato grazie ai 384 progetti sostenuti dal Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile che è di decisiva importanza puntare sulle comunità educanti che garantiscono di raggiungere tutti i bambini e bambine e di rafforzare anche l’azione educativa dei genitori grazie a ‘alleanze educative’ tra scuola, famiglie, privato sociale, civismo educativo, istituzioni locali. Complessivamente, sono 6.700 i soggetti oggi messi in rete. Il dialogo, l’ascolto, la cooperazione, il fare sistema in particolare sul tema dell’educazione dei più piccoli, soprattutto nelle aree più fragili, è la strada maestra».
Vi sono profonde distanze tra i territori nella diffusione di asili nido e servizi prima infanzia. Bastano pochi, macroscopici dati per inquadrare il fenomeno. A fronte di un centro-nord che ha quasi raggiunto l’obiettivo europeo (32%) e dove in media 2/3 dei comuni offrono il servizio, nel Mezzogiorno i posti ogni 100 bambini sono solo 13,5, e il servizio è garantito in meno della metà dei comuni (47,6%). La differenza è di 18,5 punti.A Bolzano quasi 7 posti ogni 10 bambini. A Catania e Crotone quasi 5 su 100 bambini. Ai primi posti si collocano Valle d’Aosta (45,7%, cioè quasi 1 posto nei servizi socio-educativi per la prima infanzia ogni 2 bimbi residenti), Umbria (42,7%), Emilia Romagna (39,2%) e Toscana (36,2%). Al Sud, ad eccezione della Sardegna che supera la media nazionale (29,3%), vanno oltre la soglia del 20% (ovvero più di un posto ogni 5 bambini) Abruzzo e Molise, mentre Puglia e Basilicata si attestano poco sotto il 17% e con maggiore distanza si collocano Campania (11%), Sicilia (10%) e Calabria (9,4%).
Tutte le province emiliane e romagnole (tranne Piacenza, che è comunque al 25,8%), superano i 33 posti ogni residenti tra 0 e 2 anni. In Toscana 6 province superano la soglia del 33%, una (Arezzo, 32,7%) l’ha praticamente raggiunta e le altre 3 sono poco sotto, con dati superiori al 29%. Di contro, sono tutte meridionali le 8 province che non raggiungono un posto ogni 10 bambini residenti: Trapani (9,7%), Napoli (8,9%), Ragusa (8,7%), Catania (8,1%), Palermo (8%), Cosenza (7,7%), Caserta (6,6%), Caltanissetta (6,2%).
Le medie regionali però nascondono divari all’interno degli stessi territori. Anche nelle maggiori regioni meridionali, caratterizzate da una copertura media più bassa, il livello non è uniforme. In Sicilia, l’offerta potenziale presente nella città metropolitana di Messina (17 posti ogni 100 bambini) è quasi tre volte quella della provincia di Caltanissetta (6,2%). In Calabria il dato di Crotone (16,3%) si contrappone a quello di Cosenza (7,7%). In Campania, l’offerta potenziale di Salerno (13 posti ogni 100 bambini) è quasi doppia rispetto a Caserta (6,6%).
«La povertà educativa dei bambini e delle bambine affonda le radici già nella prima infanzia, e si consolida ben prima della scuola primaria. D’altro canto, è dimostrato come un asilo nido di qualità rappresenti, per i bambini, uno strumento efficacissimo di riduzione delle diseguaglianze di ingresso nel sistema scolastico ed un investimento fondamentale per prevenire la dispersione – spiega Raffaela Milano direttrice Programmi Italia-EU Save the Children Italia onlus – L’analisi elaborata dall’Osservatorio Povertà Educativa di Con i Bambini presenta chiaramente, e in modo accurato, i gravi squilibri oggi esistenti, in Italia, nella rete dei servizi. Proprio nei territori dove c’è maggior povertà educativa e dispersione scolastica mancano gli asili nido e questo rende anche più difficile, per le giovani donne, l’ingresso nel mondo del lavoro. È fondamentale riflettere su questi dati alla vigilia della presentazione in Europa del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza, affinché gli obiettivi del piano siano rivolti a fare un passo in avanti decisivo nella disponibilità di servizi educativi per la prima infanzia in tutto il paese e, allo stesso tempo, a riequilibrare questi drammatici divari territoriali».
È anche questa carenza di asili nido a incentivare il fenomeno degli anticipatari nel Sud. In Italia sono circa 70mila i bambini che all’età di 2 anni frequentano già la scuola dell’infanzia. A fronte di una media nazionale del 14,8% di bambini di 2 anni anticipatari, il dato supera il 20% in gran parte delle regioni meridionali, con picchi del 29,1% in Calabria, del 25% in Campania e del 23,7% in Basilicata. Dove sono più sviluppati i servizi prima infanzia, come in Valle d’Aosta ed Emilia Romagna, gli anticipatari sono rispettivamente il 5,4% e il 6,7 per cento.
«Investire nella prima infanzia con servizi educativi di buona qualità è essenziale per contrastare le disuguaglianze di partenza e consentire a tutti i bambini e le bambine di sviluppare appieno le proprie capacità- dice Chiara Saraceno, Alleanza per l’infanzia – L’Italia, purtroppo, non solo investe relativamente poco sui bambini. specie i più piccoli, ma lo fa in modo molto diseguale, “deprivilegiando” i bambini che vivono nei territori già più svantaggiati, venendo meno al dettato dell’articolo 3 della Costituzione che pone l’obbligo di rimuovere gli ostacoli l pieno sviluppo della personalità».
Aree interne
L’altra frattura è quella tra i maggiori centri urbani, dove il servizio è più diffuso e i comuni delle aree interne, dove la domanda debole e dispersa ha storicamente limitato lo sviluppo di una rete di servizi. Sono 13,8 i punti di divario tra i comuni polo, baricentrici in termini di servizi, e quelli periferici e ultraperiferici.
Oltre un bambino con meno di 3 anni su 5 vive in aree interne. Quasi il 7% abita in un comune periferico o ultraperiferico. Per l’anno educativo 2018/19 circa il 59,6% dei comuni offre il servizio da solo o in associazione con altri (in termini di popolazione l’83,9% dei residenti abita in un comune con asili nido o servizi integrativi). Ma la diffusione del servizio sul territorio appare molto eterogenea. In 9 province (Aosta, Trieste, Pordenone, Reggio nell’Emilia, Ravenna, Firenze, Prato, Taranto e Barletta-Andria-Trani) tutti i comuni offrono almeno un posto. In altre 36 meno della metà dei comuni eroga il servizio.
I comuni periferici e ultraperiferici, oltre ad essere i più distanti dai poli (almeno 40 minuti di distanza), sono anche quelli dove l’offerta di servizi prima infanzia è più carente. Mettere a fuoco queste differenze nell’offerta di servizi è essenziale, perché altrimenti si rischia di vanificare le politiche in materia. A partire dal bonus asilo nido, istituito con la legge 232/2016, che per incentivarne l’utilizzo ha introdotto un contributo di 1.000 euro (innalzato a 3.000 euro con la legge di bilancio 2020) Gli incentivi economici dal lato della domanda sono fondamentali nel promuovere l’uso del servizio. Parallelamente, è necessario investire sul potenziamento della rete sul territorio per renderli davvero efficaci.
Se questo target verrà raggiunto potenziando solamente le aree del paese già più “infrastrutturate” significa che le risorse europee, nonostante il conseguimento dell’obiettivo nazionale, non saranno servite per abbattere le distanze esistenti.
«Oggi il nostro paese, con 25,5 posti nido e servizi prima infanzia ogni 100 bambini, è ancora distante dal target europeo del 33%, con profonde divari interni. Next generation Eu può essere l’occasione per invertire la rotta – chiosa Vincenzo Smaldore, Direttore editoriale di Openpolis – Ma per sanare disuguaglianze così ampie, è necessario partire dai dati sui divari nell’offerta, comune per comune».
Il piano italiano di ripresa e resilienza, da un lato, stabilisce esplicitamente come obiettivo quello di “aumentare l’offerta di asili nido e servizi per l’infanzia e favorirne una distribuzione equilibrata sul territorio nazionale”. Dall’altro indica il potenziamento dei servizi prima infanzia come uno degli interventi per sostenere l’occupazione e l’imprenditorialità femminile.
È infatti enorme il contributo che lo sviluppo del servizio può offrire nella riduzione dei divari di genere: una questione che incrocia disuguaglianze sociali e territoriali profonde. Le regioni del Sud, economicamente più fragili, sono sia quelle dove l’occupazione femminile è più bassa che quelle dove l’estensione dei servizi prima infanzia è inferiore.
Per questo il potenziamento del sistema integrato 0-6 anni, e in particolare per la fascia 0-3, deve essere considerato una priorità nazionale. Va in questa direzione la campagna di consultazione avviata a fine marzo sulle linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6 anni. Il confronto sulle linee guida elaborate dalla commissione nazionale, che coinvolgerà nei prossimi mesi i diversi stakeholder, educatori, genitori, gestori dei servizi, istituzioni, deve essere l’occasione per riportare il tema al centro del dibattito pubblico.