Alle sempre più pressanti istanze di una ubicazione ordinamentale adeguata della Città di Roma, capitale d’Italia, parlamentari e società civile hanno reagito in diverse, e stimolanti, maniere. La società civile la troviamo nel disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare (non parlamentare e questa ne costituisce la peculiarità) sorto da una idea progettuale di Pier Ernesto Irmici. L’articolato è forgiato da un archetipo che ispirerà le successive proposte di legge di natura ordinaria e costituzionale che negli anni seguenti saranno presentate alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.
Una premessa: le regioni del Molise e dell’Abruzzo sono unite al Lazio da un antico legame sociale e lavorativo, quasi che costituiscano una sorta di satelliti che roteano intorno a quest’ultimo. Il disegno di legge Irmici, attingendo dal pensiero di Salvemini, provvede alla costruzione di una macroregione a statuto speciale – frutto della fusione del Lazio con il Molise e l’Abruzzo che, pensata sul modello del Trentino-Alto Adige, è parimenti fornita di uno statuto approvato con legge costituzionale e contiene al suo interno la Provincia autonoma di Roma Capitale, la quale, similmente alle province autonome di Trento e Bolzano (titolari entrambe, uniche in Italia, di potestà legislativa), è munita di uno statuto, anch’esso avente forma di legge costituzionale, e di poteri normativi.
Siffatto disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare immagina: 1) la riduzione del numero delle attuali regioni (la Germania, più grande di un terzo dell’Italia, è composta da sedici Länder); 2) il regime della capitale che, attualmente, non differisce da qualsiasi altra città metropolitana, mentre dovrebbe avere un proprio ordinamento speciale, come avviene in molte capitali del mondo occidentale; 3) il riconoscimento di poteri legislativi veri e propri alla assemblea capitolina, oltre un inevitabile incremento delle competenze amministrative alla Giunta.
Le proposte di legge ordinarie presentate in Senato da William De Vecchis e alla Camera da Sara De Angelis vanno in parte in questa direzione, ossia verso un rilevante rafforzamento dei compiti gestionali di Roma Capitale e una consistente valorizzazione degli interventi sul patrimonio culturale, artistico, storico, archeologico, urbanistico ed edilizio della Città Eterna, oltre sulla mobilità ed il turismo. Queste due proposte di legge rientrano nel solco dell’art. 114 Cost.: «La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento».
Roma Capitale diviene tributaria di tutte le competenze proprie della città metropolitana di Roma Capitale, sopprimendo il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana e trasferendone le funzioni alla giunta e all’assemblea capitolina: Roma Capitale assemblerebbe, così, i poteri dell’attuale comune di Roma Capitale e della città metropolitana di Roma Capitale (ex Provincia). Il risultato della modifica sospinge, di conseguenza, verso un’organizzazione che disegna, da una parte, un ente territoriale (quello di Roma capitale) dotato di poteri che includono anche quelli attualmente svolti da Roma città metropolitana, esercitati, però, su un territorio – quello propriamente comunale – più ristretto dell’attuale (corrispondente al territorio della ex provincia di Roma), come avviene per Parigi, Londra e Madrid.
Le leggi ordinarie De Vecchis – De Angelis hanno ad oggetto anche il «decentramento municipale». Alla luce dell’ampiezza del suo territorio e dell’elevata densità demografica, la città di Roma non può essere amministrata in modo verticistico e centralizzato. L’annosa esperienza della sua gestione dimostra che il decentramento puntuale (e non generalizzato) può essere la chiave di volta per migliorare la qualità dei servizi resi al cittadino, con risultati di maggiore efficienza, celerità ed economicità.
Per tali ragioni la proposta affida all’ente territoriale Roma Capitale il compito di procedere alla ridefinizione dei municipi compresi nel suo territorio, conferendo loro, in veste di enti di prossimità, specifiche funzioni amministrative, cui viene abbinata una maggiore autonomia finanziaria di spesa.