Si stima che il 72% delle malattie rare sia di origine genetica e quasi il 70% delle malattie rare abbia un esordio esclusivamente pediatrico. Per molte malattie rare, spesso croniche e progressive, le manifestazioni possono essere osservate alla nascita o nella prima infanzia. Lo screening dei neonati per alcune patologie è un contributo reale per migliorare la qualità della vita dei bambini. Sono dati contenuti in una ricerca condotta da UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare.
I programmi di screening neonatale nelle strutture di sanità pubblica mirano a individuare i neonati con condizioni curabili: l’identificazione precoce aiuta a evitare danni irreversibili alla salute. Lo screening consente la prevenzione delle malattie attraverso la diagnosi dei disturbi gravi e rari in modo che possano essere adeguatamente trattati, gestiti al meglio e persino curati. Fornisce inoltre opportunità ai pazienti e alle famiglie di pianificare il proprio futuro.
LO SCREENING IN ITALIA
Lo screening neonatale esteso è uno dei più importanti programmi di medicina preventiva secondaria pubblica, gratuita e obbligatoria, attualmente esistenti in Italia. Sulla base di quanto disposto dalla Legge n.167/2016, grazie ad un test effettuato con un semplice prelievo di sangue dal tallone dei neonati, è possibile identificare precocemente circa 40 patologie genetiche metaboliche ereditarie rare. Questo test offre una speranza di sopravvivenza e di migliore qualità di vita al neonato e alla famiglia, in quanto si tratta di malattie molto difficili da riconoscere, avendo sintomi simili ad altre patologie, e rapidamente degenerative.
In Italia, lo screening neonatale è previsto dal 1992, anno in cui la Legge n. 104 ha previsto lo screening obbligatorio per tre malattie: fenilchetonuria, ipotiroidismo congenito e fibrosi cistica. Dal 2016, la Legge n. 167 lo ha esteso ad altre circa 40 malattie metaboliche ereditarie (screening neonatale esteso), fino ad allora screenate in maniera eterogenea e non in tutte le Regioni.
Le patologie genetiche metaboliche individuabili, che non è un test genetico ma biochimico, hanno a disposizione diete speciali e trattamenti che, se applicati nelle prime ore dopo la nascita del neonato, prima che si manifestino i sintomi, ne possono migliorare in modo molto significativo la qualità di vita o impedirne la morte.
La Legge di Bilancio 2019 (Legge 30 dicembre 2018, n. 145. “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021”), ha modificato la Legge 167/2016 ampliando lo screening neonatale esteso alle malattie neuromuscolari di origine genetica, le immunodeficienze congenite severe e le malattie da accumulo lisosomiale.
Allo stato attuale, il panel delle patologie sottoposte a screening neonatale in Italia è il più ampio in Europa. Inoltre, ulteriori allargamenti sono previsti in tempi brevi e con crescente regolarità, grazie al lavoro del Gruppo istituito dal Ministero della Salute in ottemperanza alla modifica di legge sopra descritta.
LO SCREENING IN EUROPA
La definizione e l’implementazione dei programmi di Screening neonatale in Europa è una competenza eminentemente nazionale. L’azione dell’UE nel campo della salute pubblica deve rispettare il principio di sussidiarietà, le competenze e le responsabilità degli Stati membri per l’organizzazione e l’erogazione di servizi sanitari e assistenza sanitaria, incluso lo screening neonatale.
Esiste una marcata disparità nel modo in cui lo Screening viene condotto nei e tra i Paesi europei e nell’inclusione delle patologie nei programmi di Screening neonatale. Inoltre, vi è altrettanta disparità in tutta Europa nella presa in carico susseguente uno screening positivo, inclusi approcci divergenti nell’assistenza sanitaria e nel sostegno sociale, economico e psicologico alle famiglie.
Esistono tuttavia delle linee guida emesse rispettivamente dal Consiglio dell’UE, nell’ambito della Raccomandazione del Consiglio per ‘un’azione nel campo delle malattie rare’, e dall’ex Comitato di esperti sulle malattie rare EUCERD, che hanno identificato aree di azione dove il coordinamento a livello dell’UE è possibile, nel pieno rispetto delle competenze nazionali.
Nonostante queste raccomandazioni siano state adottate ormai da tempo, nessuna azione di collaborazione è stata perseguita a livello Europeo.
Al giorno d’oggi, il progresso delle tecniche di screening e la maggiore possibilità di raggiungere una popolazione infantile molto più ampia impongono di rivedere lo status quo.
*Comunicato Stampa