Che il neo premier Mario Draghi non avesse la bacchetta magica per sconfiggere la pandemia lo sapevamo fin dall’inizio. Certo è che ad un mese esatto dalla sua nomina, fortemente voluta dal presidente Mattarella, a parte il benservito ad Arcuri, fin qui di Mario Draghi rimangono i due provvedimenti relativi alle chiusure, l’ultimo, quello più pesante, che mette tutto il Paese in zona rossa da lunedì prossimo almeno fino a dopo le festività pasquali (6 aprile). Che anche quest’anno saranno quindi al chiuso in casa per le famiglie e in cliniche e strutture di accoglienza per anziani e malati psichici che, speriamo almeno questa volta, non restino isolati dai propri cari.
A pagare il prezzo più pesante, almeno sotto il profilo psicosociale, saranno tuttavia ancora una volta gli alunni, di ogni ordine e grado, costretti, ad un anno di distanza, a tornare al mostruoso meccanismo della Dad (didattica a distanza), in un Paese come l’Italia dove il gap digitale è enorme, a partire dal livello di conoscenze informatiche e delle metodologie di insegnamento online dei nostri docenti, per finire alla connettività e agli strumenti in possesso dei singoli alunni per poter accedere in modo adeguato alle lezioni.
Numeri alla mano saranno ben sette milioni i ragazzi che da lunedì dovranno collegarsi per seguire lezioni, farsi interrogare e fare compiti in classe. Come più volte sottolineato da Marcello Pacifico, presidente Anief, “la scuola sta pagando i tanti tagli introdotti dalla legge 133/2008, che hanno portato alla formazione di classi fino a 35 studenti, oltre che la mancata valutazione del rischio biologico e virologico nei DVR degli istituti, valutazione invece espressamente richiesta nelle check-list allegate allo stesso piano pandemico”.
“Pesa inoltre il mancato monitoraggio della curva pandemica a livello scolastico visto che i contagi stanno colpendo sempre più giovani. C’è da dire, in compenso, che la regolamentazione della dad permetterà comunque di validarne lo svolgimento, oltre che di evitare spiacevoli abusi verso il personale, come è accaduto nel 2020 quando non c’era il diritto alla disconnessione”.
Tra i sette milioni di studenti figurano ben 200mila alunni con disabilità che, a differenza del primo lockdown, avranno la possibilità di stare a scuola, in collegamento on line con i compagni a casa.
Tradotto in numeri saranno 3,5 milioni i bambini della scuola dell’infanzia e primaria, 1,5 milioni di alunni delle medie e 2,6 milioni di studenti delle superiori che potrebbero essere impegnati nella didattica a distanza.
Il tutto con buona pace dei genitori lavoratori, molti di loro in smart working, che dovranno gestire contemporaneamente i figli in Dad e la propria attività professionale, possibilmente dotati di pc o tablet e di una connessione in grado di garantire il sovraffollamento della rete.
Come per i dpcm del precedente governo anche l’attuale esecutivo dei “Migliori” ad oggi non ha varato alcuna forma di sostegno per le famiglie, oltre che per i lavoratori che hanno chiuso l’attività e rischiano il fallimento.
Il tempo stringe, non servono bacchette magiche ma coraggio e unità per mettere in salvo il nostro Paese.