“La scuola è fondamentale per la nostra democrazia, va tutelata e protetta e non abbandonata“. Ha esordito così il premier Mario Draghi, affiancato dal ministro della Salute, Roberto Speranza, e dal coordinatore del Cts, Franco Locatelli, nel corso della conferenza stampa convocata per commentare l’ultimo decreto covid.
Una conferenza stampa inizialmente non prevista, il cui bisogno è nato dopo le grandi polemiche scoppiate prima per l’obbligo vaccinale introdotto solo per gli over 50 e successivamente per la decisione di riaprire le scuole, nonostante qualche iniziativa di sindaci e presidenti di Regione.
Draghi però ha tirato dritto e nel suo stile sobrio ma deciso ha subito messo le mani avanti: “non risponderò a nessuna domanda sul Quirinale“, ha tagliato corto. Poi nella prima parte del suo lungo intervento spazio alla scuola, rivendicando il fatto che “le scuole nel 2021 hanno riaperto a metà aprile e hanno riaperto oggi proprio come quelle degli altri paesi europei”. Una scelta, quella di dire no alla dad, presa “all’unanimità”, ha rivendicato più volte l’ex governatore della Bce, ricordando che in Italia si è perso il triplo dei giorni di scuola rispetto agli alti paesi.
“Le politiche di questo governo sono coerenti con questa strategia, vogliamo che la scuola sia in presenza. Abbiamo visto che la didattica a distanza ha creato diseguaglianze fra studenti. Diseguaglianze destinate a restare, che si riflettono su tutto il loro futuro lavorativo”. Parole supportate dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, che ha provato a gettare acqua su fuoco delle critiche. “Solo il 3,07% dei Comuni hanno disposto le chiusure, quindi questa situazione è contenuta. Abbiamo assunto 60mila insegnanti con concorso, abbiamo messo in condizione la scuola di funzionare, si tratta di scelte che oggi stanno pagando”, ha detto il ministro.
Quanto al covid, Draghi ha rinnovato l’appello alla vaccinazione, ricordando che l’Italia è stata fra i primi paesi ad adottare l’obbligo per alcune categorie professionali. “Ora la circolazione del virus mette sotto pressione i non vaccinati che hanno maggiori probabilità di ammalarsi e che secondo i dati ad oggi occupano i 2/3 delle terapie intensive“.
Il premier ha poi sottolineato che “tutto quello che abbiamo deciso si fonda su un dialogo costruttivo con gli Enti Locali” e che “quando si introducono provvedimenti di questa portata che hanno molti risvolti anche etici occorre puntare all’unanimità”.
L’obiettivo del governo è di “proteggere la salute di tutti, anche chi non ha il covid. Il quadro che si sta costruendo – ha ragionato Draghi – è diverso dal quadro della fase più grave. Oggi dobbiamo colpire il virus con la vaccinazione e nello stesso tempo cercare di non fare come era forse giustificato nel periodo precedente, ovvero tenere tutto chiuso. L’attività economica deve andare avanti in sicurezza e prudenza. Con la vaccinazione e molta fiducia credo che si possa uscire da questa situazione.
Un quadro confermato anche dal ministro Speranza che ha snocciolato gli ultimi dati: “abbiamo raggiunto l’89,41% di persone sopra i 12 anni ad avere fatto almeno una dose di vaccino. Resta circa il 10% di non vaccinati, una piccola minoranza che occupa il 50% dei posti in area medica e i 2/3 delle terapie intensive. Se vogliamo salvare vite umane e favorire la ripartenza la strada è ridurre l’area dei non vaccinati. Una scelta che ha piena e compiuta evidenza scientifica”, ha ribadito Speranza.