A partire da questa mattina nel Lazio, così come in altre regioni passate in “arancione”, si torna a scuola. Ma solo fino alle medie. E solo per due giorni perché poi iniziano le vacanze di Pasqua. Con un preavviso di tre giorni, perché la curva pandemica chissà come va. Viene da pensare che chi decide aperture e chiusure delle scuole non abbia figli in età scolare. Oppure non lavori.
All’inizio della pandemia – ormai più di un anno fa – al primo lockdown lo smart working iniziava a fare la sua apparizione e giravano sulle chat vignette e video che rappresentavano donne a casa disperate: alle prese con la gestione del lavoro in videoconferenza, con figli da seguire nella Didattica a Distanza e nei compiti, con faccende domestiche da fare, insomma, donne che sospiravano di tornare in ufficio.
Ad un anno di distanza si è capito che in effetti lo smart working in molti casi è forse un modo per ridurre contagi e costi aziendali, ma è preso poco sul serio anche da chi governa le nostre regioni e il nostro paese.
Già, perché con il nuovo aumento di contagi le scuole di ogni ordine e grado hanno chiuso di nuovo i battenti, per passare alla famigerata DAD o alla DDI (Didattica Digitale Integrata). I liceali si organizzano, pur perdendo la socialità che a questa età è fondamentale. I ragazzini delle medie più o meno ce la fanno, ma occorre comunque seguirli e non lasciarli troppo soli davanti a un computer, un tablet, uno smartphone, visti i rischi che corrono quando sono presi dalle sfide su Tik Tok e simili. I più piccoli, invece, devono essere assistiti tutto il tempo.
La soluzione proposta (a partire dal decreto Cura Italia del 2020 e da ultimo con il Decreto Legge 30 del 2021) è il bonus baby-sitting, dedicato ai lavoratori con figli che hanno meno di quattordici anni, per un importo che può arrivare fino a 100 euro settimanali, per un massimo di 2000 euro a famiglia. L’INPS, con il messaggio n. 1296 del 26 marzo 2021 rinvia per i dettagli e per l’attivazione del sistema online ad una futura comunicazione. Non è chiaro il motivo per cui un bambino dovrebbe essere più al sicuro dal contagio con un baby-sitter che va avanti e indietro in autobus, piuttosto che con i compagni e gli insegnanti che vede ogni giorno, ma tant’è.
Il punto è che il bonus baby-sitting non può essere richiesto da chi svolge la prestazione lavorativa in modalità agile. Nemmeno da parte degli insegnanti che sono impegnati ad erogare la DAD ai figli degli altri lavoratori. E al bonus baby-sitting hanno diritto solo dipendenti privati, iscritti alla gestione separata, lavoratori autonomi e, nel settore pubblico, hanno accesso al bonus le forze del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, le forze dell’ordine e gli operatori sanitari, che devono recarsi sul posto di lavoro e lo smart working non lo possono fare.
Come a dire che chi è in smart working può allo stesso tempo occuparsi della DAD dei figli, seguire i compiti, preparare il pranzo (già, perché in gran parte dei casi i piccoli a scuola mangiano anche). Oppure ritenere lo smart working un lavoro di serie B.
Dall’altra parte ci sono i genitori che chiedono di poter mandare i figli a scuola in presenza anche durante il periodo di chiusura, dimostrando di essere un keyworker, un lavoratore indispensabile. Il Piano Scuola per il 2020-21 pubblicato dal Ministero dell’Istruzione prevedeva la possibilità di svolgere la scuola in presenza per i figli di personale sanitario e altre categorie di lavoratori le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione.
Nello stesso senso andava una nota ministeriale dei primi giorni di marzo. Il gruppo “Priorità alla scuola” del Piemonte aveva preso la cosa sul serio e fatto circolare tra le scuole un modulo di richiesta, con l’indicazione dei codici ATECO dei lavoratori che avrebbero potuto chiedere la scuola in presenza per i propri figli, insieme ai DSA e ai BES. La vicenda si è conclusa con una seconda nota ministeriale, che ha chiarito come i figli dei keyworkers devono fare scuola a distanza, come tutti gli altri. Pare dunque che anche la scuola a distanza sia considerata una scuola di serie B.
Cosa si dovrebbe fare per portare smartworking e DAD a un livello da serie A? Tanto per cominciare servono infrastrutture di rete efficienti ed efficaci. Poi siti e risorse accessibili e usabili, cioè capaci di fornire servizi e informazioni fruibili da parte di tutti. Ancora, dispositivi adeguati, di cui per lo smart working dovrebbe farsi carico il datore di lavoro, a seguito di una adeguata analisi dei rischi e con l’adozione delle misure necessarie per la sicurezza dei lavoratori. E infine – ma non meno importante – la possibilità di gestire il tempo di lavoro e il tempo di riposo correttamente: per i genitori senza dover lavorare e insieme occuparsi della scuola dei figli; per gli studenti mantenendo la possibilità di coltivare le relazioni sociali con i compagni e con gli insegnanti, alternando la presenza alla distanza.
Della pandemia ancora non si vede la fine, speriamo che per il resto si possa migliorare.