Pesce grande mangia pesce piccolo. Un concetto tanto crudo quanto antico, che non si presta solo a una rapida spiegazione del funzionamento della catena alimentare ma che, come è noto, si può adottare negli ambiti più disparati. Si presta bene a descrivere sinistre dinamiche professionali e, a spregio di ogni etica, anche troppi rapporti geopolitici e sociali.
Ma facendo un passo indietro verso un terreno più prosaico è regola aurea anche del mondo informazione: la notizia più forte, più grande e di maggiore appeal per il pubblico, non solo fagociterà quella più piccola ma avrà anche la capacità di ridimensionarla. Fatti che, solo fino a qualche giorno prima, parevano enormemente grandi si ritrovano in breve sempre più piccoli, sino a diventare minuscoli, al punto da scomparire e dunque rendersi introvabili.
Un processo che si è evoluto nel tempo al pari dell’informazione stessa e che il protrarsi della pandemia, con il suo pressoché infinito canovaccio di argomentazioni, ha indubbiamente accelerato e ampliato.
Il tema del condono fiscale ad esempio, era fino a poche settimane fa, assolutamente centrale nel dibattito pubblico e politico. La decisione da parte del Governo di approvare una sanatoria così importante in termini economici, esigente per quanto riguarda le risorse e divisiva nell’opinione pubblica, ha tenuto banco su colonne più o meno autorevoli dei media e nelle tribune televisive.
Poi i dati, sempre agghiaccianti, sull’andamento dell’epidemia, la querelle sui vaccini, le proteste di chi non riesce a lavorare e di chi il lavoro l’ha ormai perso. E ancora, aprile mese di grandi appuntamenti, con il Def, il Documento di Economia e Finanza, esame di maturità della politica monetaria e fiscale di ogni Governo che arriva e si fa notare; il debito pubblico che sfiora il 160% del PIL e raggiunge il livello massimo degli ultimi cent’anni; il nuovo scostamento di bilancio da 40miliardi di euro che vale due punti di PIL.
La primavera incalza, cittadini e imprese sono sfiniti da più di un anno di clausura, ed ecco che torna preponderante il grande tema delle riaperture, subentra il concetto di “rischio calcolato” e arriva una roadmap con date più o meno certe, che porta con sé quell’odore di normalità che tutti vogliono.
Se si aggiunge un po’ di cronaca, meglio se nera, e lo sport che è oppio dei popoli ancor più efficace della religione, non ce n’è più per nessuno: non si guarda più alla luna e forse neanche più al dito.
Eppure la macchina dello Stato procede col suo passo regolare e le forze politiche, anche dentro un Governo di salvezza nazionale, un esecutivo “dei migliori”, recitano l’antico copione imparato a memoria. Sul tema del condono, inserito nell’omnibus sostegni, gli esponenti politici presenti in parlamento hanno rispolverato tutto il repertorio. PD e Leu si sono accontentati dell’impianto della sanatoria con piccole modifiche: stralcio delle cartelle fino a 5mila euro a patto che il reddito degli interessati non fosse superiore a 30mila euro annui. Della serie, condono sì, ma proviamo a fare che sia non proprio di sinistra ma almeno a favor di popolo.
La Lega ha alzato il tiro, come da tradizione del Carroccio, proponendo di far tabula rasa delle cartelle fino a 10mila euro e postando il tetto di reddito dei contribuenti coinvolti a 50mila euro annui, non considerando però che la platea potenziale arriverebbe al 90% degli interessati, ulteriore salasso per le casse dello Stato. Il premio coerenza va però a Forza Italia che ha buttato sul piatto una sanatoria a “misura di imprenditori”, con il limite cartelle a 20mila euro e nessun tetto al reddito, estendendo inoltre l’arco temporale dal 2000 al 2015.
Ora, a prescindere da chi la spunterà e potrà intestarsi il merito del successo di fronte al proprio elettorato, il maxi condono ci sarà: non saranno le modifiche minime o il parere contrario di Bankitalia e Corte dei Conti a fermare una decisione presa e che, come detto, farà progressivamente meno rumore. Che se ne dica, ascesa e caduta del tema condono è un capolavoro da Prima Repubblica, quando oratoria e retorica davano la loro massima espressione: l’antica arte di parlar d’altro.