Per 1 euro di investimento pubblico, 1,5 euro di aumento dell’occupazione. Residenziale centrale. Gli effetti sul bilancio dello Stato
di LabParlamento
Nonostante il nostro paese abbia già fatto molto negli ultimi 20 anni in termini di investimento per l’efficienza energetica, esiste un potenziale di benefici ancora elevato nel periodo 2020-2030: per ogni euro di spesa pubblica investito in efficienza si possono ottenere 1,5 euro in termini di aumento dell’occupazione, investimenti privati, energia risparmiata e benefici ambientali. Lo sostiene il nuovo rapporto sull’efficienza di Confindustria presentato oggi, a Roma, nel corso di un convegno, redatto assieme a Enea e Rse, il quarto dopo quelli del 2008, 2010 e 2013.
Confindustria ha voluto aggiornare l’analisi e le proposte di policy per il settore confermando il ruolo strategico prioritario del risparmio energetico quale driver principale dei processi di innovazione dei processi di produzione e consumo di energia. Il rapporto sull’Efficienza Energetica di Confindustria va peraltro a inserirsi nella discussione comunitaria sul Clean Energy Package proposto dalla Commissione il 30 novembre 2016, all’interno del quale è prevista una nuova proposta di direttiva sull’efficienza.
L’analisi, più in particolare, è stata condotta sia sul piano micro-economico con riferimento alle singole tecnologie, sia con riferimento agli impatti macro-economici sul sistema complessivamente considerato. L’analisi micro focalizza l’attenzione sull’efficienza energetica prendendo in considerazione investimenti finalizzati a ridurre i consumi energetici nei settori residenziale, terziario, industriale, trasporti ed elettrico. Al centro, una mappatura delle diverse tecnologie disponibili e del relativo potenziale per la filiera industriale italiana, completando l’analisi attraverso un approfondimento sullo sviluppo di servizi energetici con una particolare attenzione alla valorizzazione della domanda e identificando le soluzioni di policy in grado di superare le criticità che attualmente impediscono l’effettiva ripresa del mercato.
Nel settore delle tecnologie per l’efficienza energetica le competenze italiane non mancano. L’analisi di impatto macroeconomico, si conferma particolarmente rilevante anche in questo caso. Appare evidente dalle analisi di scenario che il sistema energetico beneficerà delle politiche attive per la decarbonizzazione, ottenendo tra il 2016 e il 2030 riduzioni della fattura energetica (risparmi cumulati di 85,8 MTep) e delle emissioni climalteranti (risparmi cumulati di 337 Mton CO2) per un valore economico stimabile in circa 37,7 miliardi di euro.
Sulla base dei risultati riportati nel lavoro, nell’ipotesi in cui vengano implementate opportune misure di policy per sostenere la domanda e, incentivi adeguati a rilanciare l’offerta di tecnologie, gli effetti sul sistema economico italiano sarebbero significativi: la domanda finale al 2030 aumenterebbe di 543 miliardi di euro e ciò implicherebbe un incremento del valore della produzione industriale italiana di 1.019 miliardi di euro (1,9% medio annuo, 867 miliardi al netto dei beni intermedi importati), un’occupazione più elevata di 5,7 milioni di ULA (+1,4% annuo) e un incremento del valore aggiunto di 340 miliardi di euro (+1,4% medio annuo).
L’intervento più consistente è ipotizzato nel settore residenziale (222 miliardi di euro cumulati), che da solo attiva circa la metà degli incrementi previsti sia in termini di produzione industriale (433 miliardi), sia di valore aggiunto (150 miliardi) e di occupazione (2,8 milioni di ULA in più). Il settore che si prevede contribuirà in maniera minore all’efficientamento del Sistema Paese tra il 2016 e il 2030 è quello industriale.
Le conseguenze sul bilancio dello Stato sono significative, in particolare con riferimento ai flussi delle entrate tributarie (imposte dirette e indirette). Relativamente alle imposte dirette (IRES e IRPEF), a fronte di una diminuzione di quelle pagate dalle compagnie del settore energetico (che vedono ridursi i propri ricavi) si registra un aumento del gettito fiscale delle società manifatturiere che producono beni e tecnologie efficienti e dei soggetti (forza lavoro e fornitori) che lavorano per queste. Per quanto riguarda le imposte indirette (IVA e accise), a fronte di un maggior gettito dell’IVA legato all’aumento ipotizzato della domanda, si registra una significativa riduzione del gettito dell’IVA e delle accise pagate sull’energia risparmiata. Tenuto conto degli effetti netti sul bilancio statale e di quelli sul sistema energetico, in termini di riduzione della fattura energetica e CO2 risparmiata, si può stimare che l’aumento della domanda, se catturato interamente dalla produzione nazionale, comporta un impatto complessivo positivo sul sistema economico per circa 106,8 miliardi di euro cumulati nel periodo 2016-2030.