“Finirà male”. È lapidario Vincenzo De Luca, che con la “giovialità” che lo contraddistingue nei suoi comunicati, pronostica la fine della crisi di governo. E non ci sarebbe soluzione per il governatore Pd della Campania. Finirà male sia che quest’esecutivo prosegua il percorso sorretto dalle stampelle di qualche responsabile stanato da Conte, sia se Mattarella dovesse mandare il Paese ad elezioni anticipate. Ma quello che De Luca non può neanche immaginare è che nel caso si optasse per la seconda ipotesi potrebbe finire malissimo per i cittadini della Capitale, che corrono il rischio di incoronare Virginia Raggi presidente del Consiglio ed eleggere Giuseppe Conte sindaco di Roma.
Uno scenario apocalittico. A dir poco. Ma come si potrebbe arrivare a questo? Andiamo con ordine. Si sa che in Italia le cose vanno quando a tordi e quando a grilli. Le urne sono ormai per la maggioranza degli italiani un lontano ricordo. E il Covid c’entra poco. Non ci facevano votare manco prima. Si rattoppavano i governi e l’omo campa, come si suol dire, e quell’omo era Giuseppe Conte che all’improvviso scoprì che dopo aver campato con la Lega di Salvini, poteva farlo anche con il Pd di Zingaretti.
Ma ora un diluvio di schede elettorali potrebbe abbattersi tra maggio e giugno sui cittadini della Capitale. Con tutte le conseguenze del caso. E la mascherina, e il gel disinfettante, e le file che rischiano di incrociarsi tra seggio a seggio per mantenere la distanza di sicurezza, i nervi che saltano e tutte quelle crocette da mettere una volta arrivati finalmente in cabina. L’errore da confusione è da mettere in conto. Ed eccola là che ti ritrovi la Raggi a Palazzo Chigi. O magari anche il candidato sindaco del centrodestra o del centrosinistra, se le rispettive coalizioni avessero la bontà di sceglierne uno. Oppure chissà, il sornione Calenda, già in pista per il Campidoglio da tempo.
Ma perché potrebbe accadere questo? Se al premier Conte Saturno facesse no con il ditino e gli si rivoltasse contro. Si andrà alle urne se il governo cade? Dal Colle arriverà il via libera al voto? Certo, anche Salvini e i suoi potrebbe trovare i numeri per un governo di centrodestra. Ma Mattarella da quell’orecchio pare proprio non sentirci. E allora le elezioni anticipate potrebbero tenersi a giugno, si sussurra. Prima del semestre bianco che precede l’elezione del Presidente della Repubblica. Ultima data utile. E nella Capitale si favoleggia di un accorpamento da paura. Parlamento, Comune e Regione. Tutto da rifare. Tutto insieme. Tutto in un giorno. Election day, come dicono quelli bravi. Un’ipotesi remota, ma c’è.
La fatica di Conte nell’arruolare ancora transfughi era palpabile. Anche Mastella e consorte avevano cincischiato. Dalle parti di Benevento deve essere tornata di moda la vergogna. Ormai siamo ad una corsa contro il tempo del premier e compari, eppure quel signore canuto del Colle gliene ha lasciato abbastanza per trovare l’alchimia per salvare baracca e burattini. Ma a questo punto il voto potrebbe non essere più una chimera. E per i cittadini della Capitale sarebbe una scorpacciata. Roba da rimanerci secchi, indigestione da schede.
Prevista in primavera, la tornata elettorale per il Campidoglio potrebbe slittare a giugno. E la corsa per le regionali essere anticipata, prevedendo che l’attuale governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, scenda in campo a capo della lista Pd. Un’abbuffata di democrazia sotto al Cupolone, insomma. E i romani che ne hanno viste tante, sopravvissuti alla Raggi, e prima di lei addirittura a Marino, terranno botta? Roma non è stata fatta in un giorno. Ma stavolta i romani in un giorno rischiano di dover rifare l’Italia, la Regione e pure il Comune. Certo, se l’alternativa è tenerci il traballante Conte fino al 2023, credo sia un rischio che varrà la pena di correre.