Le elezioni europee sono arrivate dopo una campagna elettorale estremamente dura e dai toni aspri. L’eco di questa tornata elettorale si farà sentire per molto tempo e potrebbe essere in grado di condizionare non solo l’architettura partitica italiana, ma anche il futuro stesso della legislatura, la capacità d’azione del Governo Renzi e il futuro delle riforme.
Boom del PD (40,8%, 11 milioni di consensi) che è l’unico partito di governo in Europa ad avere vinto lo scontro interno. L’effetto Renzi è innegabile: dalle primarie che lo hanno portato alla guida del PD a dicembre 2013, passando per l’arrivo a Palazzo Chigi ai danni di Letta a febbraio 2014, fino a queste elezioni, il PD ha allargato considerevolmente il suo bacino elettorale (2,5 milioni di voti in più rispetto alle politiche del 2013). A ciò si aggiunga che mai prima d’ora un partito di centrosinistra era riuscito a superare la quota del 40%, neanche il PCI di Berlinguer.
I due sconfitti eccellenti sono il M5S di Grillo (21,1%, circa la metà dei voti ottenuti dal PD) e FI di Berlusconi (16,8%). Il M5S perde 3 milioni di consensi rispetto al 2013, viene quasi “doppiato” dal PD, ma resta la seconda forza politica italiana. Per FI, invece, continua inesorabile l’emorragia di suffragi (3 milioni in meno rispetto al 2013): sotto il 20% per la prima volta dalla sua costituzione nel 1994.
Delude anche NCD di Alfano (4,4%) che, pur essendo una formazione politica nuova, puntava a raggiungere almeno la soglia del 6%, avendo ben 3 Ministri di peso nel Governo Renzi.
La Lega Nord (6,1%) guadagna consensi rispetto al 2013 e si caratterizza come l’unica forza politica dichiaratamente anti-Euro ad avere superato il quorum. La Lista Tsipras (4%), con SEL al suo interno, riesce a eleggere 3 europarlamentari.
Tutte le altre formazioni politiche restano fuori dal Parlamento europeo.