Il presidente della Puglia rompe con i bersaniani e si candida alla Segreteria. Fallita ogni mediazione sul Congresso
Michele Emiliano correrà per la carica di segretario del Partito Democratico. Questo è l’esito principale di una riunione della Direzione Pd, quella odierna, che si prevedeva avrebbe dovuto limitarsi alla nomina della Commissione incaricata della redazione delle regole di svolgimento del Congresso aperto dalle dimissioni di Matteo Renzi, formalizzate nell’Assemblea dem del 19 febbraio scorso.
L’annuncio del presidente della Regione Puglia arriva dopo 48 ore di voci sui suoi dubbi sulla scissione decisa dalla minoranza bersaniana (che non a caso ha disertato i lavori della Direzione), e mette la parola fine alle trattative sui tempi di celebrazione delle primarie per la scelta del nuovo leader Pd, che continuavano ad andare avanti dentro e fuori la sede del Nazareno. Poco prima che Emiliano intervenisse per rendere nota la sua volontà di rimanere nel Partito Democratico per tentare di assumerne la guida, Gianni Cuperlo aveva infatti tentato un’ultima mediazione tra Renzi e gli “scissionisti”, suggerendo di celebrare la fase finale del Congresso nel mese di luglio. Proposta, rimandata in pochi minuti al mittente dalla maggioranza renziana rappresentata, in assenza del leader (in viaggio per la California), dal vice presidente dell’Assemblea Nazionale Matteo Ricci e dal segretario del Pd toscano Dario Parrini.
“Mi candido alla segreteria del Pd perché questa è casa mia, e nessuno può cacciarmi o cacciarci via”. Michele Emiliano ha scelto un tono di accesa polemica nei confronti di Matteo Renzi per motivare la scelta di non seguire i suoi ex compagni di viaggio Enrico Rossi e Roberto Speranza, probabilmente l’unico possibile per giustificare quella che a prima vista può apparire una giravolta dettata dalla consapevolezza di avere maggiori prospettive da tenace oppositore interno dell’ex premier che da personalità di spicco di uno dei partiti della sinistra. Certamente, è difficile immaginare come il governatore pugliese possa condurre una campagna congressuale basata più sui contenuti che sulla contrapposizione con Renzi, considerando che nel semplice atto di annunciare la sua corsa per la leadership si è lasciato andare a pesanti accuse nei confronti del segretario uscente, come quelle di aver ricercato la scissione e di voler piegare le regole del Partito Democratico alla sua volontà di continuare a guidarlo a ogni costo.
A questo punto, sarà interessante vedere se nei prossimi giorni altri candidati decideranno di aggiungersi alla contesa che dovrebbe tenersi tra aprile e maggio (su tutti, il ministro della Giustizia Andrea Orlando), per quanto sia ormai certo che il Congresso Pd si celebrerà senza la partecipazione di una parte rilevante della sua comunità.