E la transizione energetica “non è una sostituzione di tecnologie nella quale si perdono posti di lavoro”, anzi. Un convegno a Roma
di LabParlamento
“La Strategia energetica nazionale è una scommessa economica”. “Non dobbiamo mai perdere di vista il fatto che si tratta di una scommessa importante per il complesso della nostra economia e che la Sen si porta dietro 175 miliardi di investimenti di cui 30 per le reti gas, 25 per le rinnovabili, 110 per l’efficienza energetica”. Lo dice il premier, Paolo Gentiloni, intervenendo oggi a ‘L’Italia e le energie rinnovabili’, nella sede romana dell’Enel. Insomma, “l’80% degli investimenti della Sen è indirizzato a incrementare la sostenibilità del sistema energetico”, precisa subito dopo.
I numeri di successo delle fonti rinnovabili sono “una buona notizia per le sorti del pianeta” ma sono “importanti anche per chi si impegna nell’impresa, nello Stato e nel governo, un grande obiettivo da non perdere mai di vista”, sottolinea Gentiloni. Con la Sen sono stati “fissati obiettivi generali di competitività, sicurezza, sostenibilità dei nostri sistemi energetici con target sfidanti, ambiziosi e molto rilevanti” come “l’uscita completa dal carbone per gli impianti termoelettrici prevista al 2025, la strada verso la decarbonizzazione totale che sarà molto più graduale e già prevede di raggiungere un -39% di emissioni sul 1990 al 2030 e del 60% al 2050.
Dobbiamo maturare la “consapevolezza che ci troviamo di fronte, davvero e nei fatti, a una transizione di portata straordinaria che è stata a lungo attesa e incentivata da politiche pubbliche in mezzo mondo – spiega Gentiloni – ma che negli ultimi anni corre con le sue gambe e che ha nel suo orizzonte due valori fondamentali: realizzare energie pulite per il futuro del Paese e dell’ambiente e dall’altra esaltare la competitività del nostro e di altri sistemi industriali”.
La transizione energetica “non è una sostituzione di tecnologie nella quale si perdono semplicemente posti di lavoro”, aggiunge poi Gentiloni. Quella verso le energie pulite “sarà una transizione senza lavoro, un capitolo che può creare allarme sociale?”, si chiede al riguardo. “Credo che il verdetto non sia ancora stabilito ma non c’è dubbio che abbiamo visto e potremo vedere sempre più in Africa e altre parti del mondo che la transizione verso le rinnovabili porta un numero molto significativo di posti di lavoro”. A sostegno di ciò “c’è il dato che i posti di lavoro del settore aumentano e potrebbero passare dai 10 milioni del 2016 a 24 milioni nel 2030”. Quindi “non è una sostituzione di tecnologie nella quale si perdono semplicemente posti di lavoro anche se “bisognerà lavorare anche qui sul capitale umano e sulla capacità di innovazione, e a questo mirano alcune misure predisposte dal Governo nella legge di Bilancio”, conclude.