Molti animali descritti da Omero furono degli eroi, non solo per istinto ma per libera scelta. Creature straordinarie, compagni fedeli di imprese temerarie dimenticate. I più perirono sul campo di battaglia, uccisi dalla stupidità degli uomini, altri vissero all’ombra di gloriosi generali. Alcuni, ebbene sì, cambiarono il corso della storia. Il libro è composto di trenta storie – ognuna delle quali illustrata dal giovane artista Federico Lucidi – di diversi protagonisti non sapiens: i cavalli immortali di Achille, Xanto e Balio; lo stallone di Ettore, Podargo; il centauro Chirone, la serpe funesta che morse Filottete. A raccontarlo con uno stile ed un linguaggio originale è Andrea Koveos nel libro “Eroi Bestiali, gli animali della Guerra di Troia” di Rossini editore (452 pagine, euro 21.99) disponibile da oggi.
Chi non conosce il cane Argo di Ulisse ma forse pochi sanno come trascorse venti anni da solo a Itaca. Ancora, il cattivo Polifemo si commosse davanti al suo amato ariete. Animali che raccontano in prima persona, le debolezze degli uomini: le mucche del dio Sole, le pecore trucidate da Aiace, le mule di Nausicaa, le oche di Penelope, le Sirene, i porci della maga Circe, il ronzino di Tersite. Anche se di legno, fu un cavallo il protagonista assoluto del conflitto, inganno che per la prima volta nella storia prende la parola e racconta la sua versione dei fatti. C’è di più: Porcete e Caribea i due serpenti che uccisero i figli di Laocoonte, messi alla sbarra, dimostrarono che agirono per legittima difesa.
“Ci riteniamo gli animali più intelligenti di tutti – si legge nella prefazione – quelli che una mano invisibile e divina ha posto al vertice di una piramide immaginaria che parte dai batteri e arriva a noi passando per tutti gli altri viventi. Già una sciocchezza simile la dice lunga sulle nostre conoscenze biologiche, ma il bello è che riteniamo tutti gli altri animali sostanzialmente inferiori. Ecco perché non ne riconosciamo il ruolo e tendiamo a non dare importanza alle estinzioni che infliggiamo loro”.
“Non si tratta di un’opera di filologia – dice l’autore – ho voluto solo dare il giusto riconoscimento agli animali non umani presenti nei poemi omerici”. E forse lì dove falliscono biologi e naturalisti, potrebbero riuscire gli umanisti a rendere edotti gli uomini che non esiste un pianeta composto solo da sapiens.