“Se guardiamo la lista dei paesi che sono in testa nel fornire aiuti all’Ucraina, gli Stati Uniti sono al primo posto, e la Polonia al secondo. Questo è qualcosa di cui dobbiamo essere orgogliosi, ma è anche qualcosa di cui alcune potenze europee devono vergognarsi”. A parlare in un’intervista esclusiva a LabParlamento è Władysław Ortyl, presidente della regione polacca della Precarpazia, che dall’inizio della guerra in Ucraina è in prima linea nell’accoglienza dei profughi.
Presidente Ortyl, quanti sono ad oggi i profughi della guerra che avete accolto e fatto transitare nel vostro Paese?
Gli ultimi dati mostrano che sono già più di tre milioni. Naturalmente, questo è il numero di Ucraini che hanno attraversato il confine polacco dal 24 febbraio. Alcuni di loro sono tornati in patria per proteggere i loro beni, altri si sono trasferiti più ad ovest in Europa, ma la stragrande maggioranza è in Polonia.
Quando abbiamo visto quello che succedeva a Przemyśl, abbiamo capito che queste persone erano per lo più intenzionate a dirigersi verso Varsavia o Cracovia. Questo è un evento senza precedenti nella storia dell’Europa. Sottolineiamo ancora una volta che non ci sono campi profughi in Polonia. Tutti hanno trovato accoglienza e ospitalità presso amici, parenti, in case di famiglie polacche o in strutture pubbliche organizzate da enti locali e istituzioni.
In questi giorni l’Europa ha stanziato 3,5 miliardi di fondi per chi accoglie. Come presidente del gruppo dei Conservatori europei (ECR) nel Comitato Europeo delle Regioni, quali richieste avete rivolto a Bruxelles?
Sicuramente questo aiuto deve essere professionalizzato. La mobilitazione polacca è stata magnifica, l’azione spontanea è stata apprezzata da quasi tutto il mondo, ma questo tipo di aiuto non può essere sempre efficace nel lungo periodo. Le persone hanno il loro lavoro e la loro occupazione, e molte di queste azioni, di questi aiuti, comportano anche dei costi.
Ci siamo appellati al Comitato delle Regioni, come delegazione polacca, per la creazione di una piattaforma Internet, un database che sarà utilizzato dai rifugiati, e questa nostra richiesta è stata accolta. Si parla già di una somma di denaro specifica, ma stiamo ancora aspettando indicazioni su come spendere queste risorse. Dobbiamo anche pensare e fare programmi a lungo termine.
I rifugiati non torneranno presto a casa. Anche se la guerra finisse “domani”, il danno è enorme. Dobbiamo pensare a come risollevare alcune città ucraine dalle macerie. Dobbiamo ricordare che stiamo aiutando i rifugiati e qui abbiamo bisogno dell’aiuto dell’UE. E siamo anche minacciati da una crisi economica, perché i razzi cadono anche appena oltre il nostro confine.
Sull’accoglienza ritiene che l’Europa debba fare di più?
Occorrono atti e azioni più concrete. In un certo senso, ho risposto in parte alla sua domanda. Il nemico agisce in modo brutale e calcolatore e le risposte dell’Occidente sono conservatrici e senza fretta.
La visita del presidente Biden in Polonia e in Europa ha avuto un forte riverbero, e avremmo dovuto darvi seguito. Se guardiamo la lista dei paesi che sono in testa nel fornire aiuti all’Ucraina, gli Stati Uniti sono al primo posto, e la Polonia al secondo. Questo è qualcosa di cui dobbiamo essere orgogliosi, ma è anche qualcosa di cui alcune potenze europee devono vergognarsi.
La Polonia, così come l’Ungheria, sono state oggetto di alcune polemiche sull’accoglienza. Può spiegarci in cosa consiste l’iniziativa del governo polacco di costruire la barriera d’acciaio al confine con la Bielorussia?
Non c’è nulla di controverso nel difendere i confini del proprio paese. Il governo polacco ha agito in modo prudente e corretto in questa vicenda fin dall’inizio. Alcune persone avevano un’opinione diversa ma gli eventi del 24 febbraio e dei giorni seguenti ci hanno brutalmente convinto che si sbagliavano.
Il fatto che i polacchi abbiano il cuore aperto quando si tratta di sofferenza umana, che siano solidali con chi ha subìto un torto e che simpatizzino con le vittime della guerra è stato dimostrato dal fatto che hanno accolto quasi tre milioni di rifugiati in Polonia.
Si trattava di veri e propri rifugiati, in fuga dal loro paese a causa della guerra iniziata dalla Russia e che metteva in pericolo le loro vite. Non ci può essere assolutamente alcuna equivalenza tra la situazione sul confine polacco-bielorusso e quello che è successo sul confine della Polonia con l’Ucraina.
Nel conflitto l’Europa fatica a trovare una posizione comune e rischia di rimanere schiacciata anche dalle sanzioni imposte alla Russia che si stanno rivelando un boomerang sull’economia del Vecchio Continente. Che idea si è fatto di questa guerra?
La domanda stessa contiene una diagnosi abbreviata. Continuiamo a sentire la frase nell’unità, e non abbiamo paura di metterla in pratica. Le sanzioni russe non schiacceranno l’Europa, non esageriamo. Solo un colpo all’economia russa può fare una differenza decisiva in questa situazione.
Un’azione comune, sanzioni forti e specifiche contro la Russia sono in grado di cambiare il destino di questa guerra. Le relazioni economiche, come risultato dell’aggressione di Putin, cambieranno e non solo in Europa ma anche nel mondo. Dobbiamo prepararci a questo.
In Polonia c’è chi teme che Putin possa addirittura invadere il Paese. E’ così? Le risulta che il governo nazionale abbia attivato provvedimenti a difesa dei confini?
Il presidente Biden ha sottolineato, durante la sua visita, che il fondamentale articolo 5 è sacrosanto. Un attacco a qualsiasi paese della NATO equivarrà a un attacco all’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico. Questa è una forte garanzia per noi. Vivo a Mielec, dove è stata stabilita una base americana all’aeroporto e lo stesso vale per l’aeroporto del capoluogo della mia regione, Rzeszów.
La gente è consapevole di questo. Da un lato, c’è un’incertezza inconscia ma, dall’altro lato, la presenza di truppe alleate dà una certa tranquillità. Il governo e l’esercito cooperano pienamente con le forze americane. Dopo lo scoppio della guerra, il parlamento ha approvato una legge speciale sulla difesa della patria, che è entrata in vigore pochi giorni fa.