Allarme tra le autorità e le banche internazionali per l’imminente lancio della valuta virtuale da parte del colosso americano, operazione che mette in luce le fragilità del sistema monetario, l’assenza di regole per il Web e l’inefficacia del diritto tradizionale per disciplinare la Rete
Pagare cappuccino e cornetto inquadrando un codice sul bancone del bar? Possibile. Contribuire al regalo di compleanno della nostra migliore amica con WhatsApp? Nulla di più semplice. Comprare il biglietto della metro avvicinando semplicemente lo smartphone all’apposito lettore? Un gioco da ragazzi.
Tre rapidi esempi (per nulla fantascientifici) di come, già il prossimo anno, il nostro rapporto con il denaro potrebbe cambiare per sempre. Se è vero che un miliardo e mezzo degli abitanti del mondo non possiede un conto corrente, tutti loro però hanno un telefono. Ed è stata proprio questa l’intuizione di Facebook che, la settimana scorsa, ha presentato alla comunità finanziaria mondiale “Libra” la prima moneta tutta elettronica da utilizzare per pagare servizi, effettuare acquisti e regolare conti direttamente dalla piattaforma del Social americano, tramite Messenger o con WhatsApp (anche queste due applicazioni di proprietà dell’azienda di Menlo Park).
La santa alleanza del credito online
Il cronoprogramma prevede, dunque, soldi veri (seppur dematerializzati) online dal 2020. Anche negli angoli più nascosti del pianeta non esiste popolazione che non abbia un telefonino, siano essi eschimesi, siberiani o abitanti dell’isola di Kaffeklubben. Perché non dare a tutti loro – è stato questo il ragionamento di Mark Zukerberg – la possibilità di utilizzare il proprio smartphone come un conto corrente tramite Facebook, gestendo un borsellino elettronico pieno di Libre? Per chi crede che l’iniziativa del giovane manager statunitense sia più assimilabile a quella di stampare soldi alla stessa maniera del condominio di Totò e Peppino nei panni di Antonio Bonocore e del ragioner Casoria ne La banda degli onesti si sbaglia di grosso: al progetto lanciato da Facebook hanno aderito colossi del calibro di Visa, Mastercard, PayPal, Uber e Spotify, nonché giganti delle telecomunicazioni come Vodafone e Iliad. Tutti insieme appassionatamente per creare una nuova banca mondiale, ma stavolta interamente online e senza nessun collegamento con gli stati nazionali e con le loro politiche monetarie. Saranno queste aziende a supervisionare il progetto e lo sviluppo della valuta digitale, riunite in un consorzio denominato Libra Association (insieme, naturalmente, a FB, che però ha precisato di non voler detenere il controllo). Quartiere generale dei futuri 100 soci (al momento 28) sarà Ginevra. Proprio come le massime organizzazioni internazionali.
Come funziona e quali rischi
A differenza delle altre criptovalute come i bitcoin, Libra sarà “ancorata” (e garantita) ad un paniere “reale” costituito, in sostanza, da soldi “veri”. Quando un utente nel mondo chiederà di acquistare Libre, Facebook chiederà in cambio moneta sonante, come per qualsiasi compravendita avviene nella vita di ogni giorno (10 Libre, ad esempio, costeranno 10 euro). Il prezzo pagato dall’utente (a cui fa seguito l’emissione di un numero preciso Libre) permetterà alla Libra Association di acquistare, con quegli stessi soldi, titoli di stato e altri valori finanziari in giro per il mondo, così da garantire la moneta elettronica con un sottostante certo, liquido ed esigibile. Per questo, riferendosi alla nuova moneta di Zuckerberg, si dice che essa sarà ancorata a degli asset finanziari, valute e titoli di debito a breve scadenza (ma sicuri). Si assisterà, in sostanza, ad una trasformazione monetaria (infatti nulla, in termini economici, si creerà), limitandosi il social californiano a convertire la moneta pagata dagli utenti nel suo personalissimo denaro virtuale. Tale sistema permetterà ancora, a differenza dei bitcoin (dove il valore di questa criptomoneta è determinato dalla legge della domanda e dell’offerta), di creare una moneta sostanzialmente stabile, poiché appunto legata a strumenti finanziari a bassa volatilità (in termini tecnici Libra sarà una stablecoin, ovvero una moneta stabile).
I nuovi spiccioli digitali saranno contenuti in un portafoglio elettronico denominato Calibra, borsellino digitale che sarà integrato su Facebook, Messenger e WhatsApp. Da queste tre piattaforme sarà possibile acquistare qualsiasi cosa sia presente su Internet (ma non solo), e proprio Calibra rappresenterà la “Banca” del social network. All’interno di Calibra transiteranno tutte le Libre che 2 miliardi e mezzo di utenti di FB si scambieranno. Basta con dollari, yen, rubli o peseta. La sola moneta che metterà tutti d’accordo sarà Libra, potendola utilizzare in tutto il mondo senza bisogni di cambi, svalutazioni o commissioni sui pagamenti. E se non sei un utente Facebook? Nessun problema, il buon Mark ha pensato anche a te: un’apposita applicazione, scaricabile dal Play Store, permetterà di utilizzare Calibra per inviare o ricevere Libre. A garantire contro furti e imbrogli virtuali ci sarà la tecnologia blockchain, ma sembra che la cosa non basti alle autorità di vigilanza né tantomeno alla politica. Se un giorno Facebook decidesse di chiudere il portafoglio, quali sarebbero gli strumenti a tutela dei novelli risparmiatori digitali? Detenendo, in prospettiva, molti titoli pubblici (alias debito degli stati), Facebook potrà influire sulle scelte politiche delle singole nazioni, magari esercitando indebite pressioni a suo favore? Discorso a parte sul potenziale rischio del travaso delle informazioni personali e dell’utilizzo dei dati derivanti dalle abitudini di pagamento di ciascun utente da parte della creatura di Zuckerberg: «Con la moneta i big del web diventano Stati-padroni, bisogna evitare la nascita delle monarchie digitali» ha affermato, nei giorni scorsi, il garante per la Privacy Antonello Soro. «I colossi del web hanno oggi volumi di transazioni paragonabili a quelli di molti Stati, trattano alla pari con i governi, fanno con loro accordi non solo commerciali, e adesso battono anche moneta». Al momento, ancora, non si conoscono gli impatti che la nuova moneta avrà sul riciclaggio, potendo le organizzazioni criminali ben pensare di evolvere i propri metodi delittuosi e utilizzare l’innovazione proposta dal social per ripulire capitali illeciti.
Tutti contenti? Non proprio
Il primo grido di allarme è giunto, a distanza di qualche ora dalla presentazione della rivoluzione monetaria, direttamente da Washington: a sparare ad alzo zero contro il progetto del colosso californiano ci ha pensato Maxine Waters, presidente del Comitato per i servizi finanziari della Camera dei Rappresentanti a stelle e strisce, che ha richiesto l’interruzione immediata dello sviluppo di Libra: «Considerando il passato travagliato della compagnia, richiedo che Facebook accetti la sospensione di ogni sviluppo della criptovaluta, fino a che il Congresso e gli organi di regolamentazioni non avranno avuto l’opportunità di esaminare potenziali problematiche e prendere una decisione a riguardo». Anche all’interno dei nostri confini nazionali le cose non vanno meglio. Qualche giorno fa la Banca d’Italia è stata costretta ad intervenire per riportare un po’ d’ordine a quanti chiedevano lumi all’Istituto guidato da Ignazio Visco circa l’ingresso della nuova valuta: «La Banca d’Italia continua a ricevere comunicazioni di privati che pretendono di utilizzare “euro scritturali” autonomamente creati (ovvero le monete non fisiche che esistono solo nelle registrazioni contabili), o che riguardano piattaforme e sedicenti “organismi monetari” con funzioni bancarie che creerebbero “moneta scritturale” garantita dalla Banca d’Italia». Via Nazionale ha precisato di «non utilizzare monete scritturali autonomamente create da privati non autorizzati e a non fare affidamento su organismi che pretendono di operare in tali forme di “moneta”, la cui attività può configurare ipotesi di abusivismo sanzionabili».
Le soluzioni, al momento, languono. Il punto di partenza per una riflessione corale su quanto sta accadendo potrebbe essere il suggerimento “a caldo” che l’ex ministro Giulio Tremonti ha formulato dalle colonne del Sole 24 Ore: «Per evitare un drammatico spiazzamento del sistema bancario, per esempio perché non mettere l’Iva su Libra? Sarebbe un caso in cui dalle clausole di salvaguardia uscirebbe qualcosa di buono». E forse nel nostro Paese, dove secondo Bankitalia l’86% delle transazioni avviene ancora in contanti, potrebbe esserci una prospettiva di vita diversa, oltre a quella su Second Life.