Alle donne vengono prescritti più farmaci e farmaci studiati per gli uomini, con la conseguenza che 6 ricoveri su 10 per effetti avversi ai medicinali, da quelli per la tiroide agli ormoni, riguarda proprio loro. Allo stesso tempo, nel 53% dei casi le donne vengono operate per infarto in ritardo, ovvero oltre i 90 minuti dall’arrivo in ospedale, a fronte del 40% di quanto accade negli uomini e il rischio di morte dopo il bypass coronarico è il doppio. Questi alcuni dei numeri che emergono dagli studi presentati al decimo Congresso della Società internazionale di Medicina di Genere, che si tiene al Centro Congressi di Padova il 16 e 17 settembre.
“Le donne – spiega Teresita Mazzei, Professore di Farmacologia presso l’Università degli Studi di Firenze e Vicepresidente del congresso – hanno, ad esempio, il 27% di probabilità in più di aver prescritti degli antibiotici, secondo una metanalisi[1]basata su 11 studi che hanno raccolto 44 milioni di prescrizioni in diversi paesi europei, inclusa l’Italia.Eppure, l’uomo ha una probabilità quasi 3 volte più alta di ammalarsi di infezioni, incluse quelle da batteri resistenti, e di morirne. In base a uno studio norvegese[2], l’incidenza di mortalità per sepsi era di 36 decessi per 100.000 persone l’anno negli uomini, rispetto a 28 per 100.000 nelle donne. A ‘difendere’ queste ultime, probabilmente è un sistema immunitario più efficace, grazie agli ormoni estrogeni. Ma sono anche diversi stili di vita: in genere fumano meno e bevono meno alcol”.
Le donne, però, hanno più reazioni avverse ai farmaci, non solo perché assumono più medicinali ma anche perché assumono le stesse dosi di quelli che vengono studiati su uomini del peso medio di 70 chili. “Le donne – prosegue Mazzei – hanno da 1,5 a 1,7 volte in più la probabilità di sviluppare effetti collaterali avversi rispetto agli uomini e più ospedalizzazioni per questo motivo: il 60% dei ricoveri ospedalieri per reazioni avverse ai farmaci, tra cui aritmie, si riferisce alle donne, come evidenzia uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) [3]e condotto su 15 milioni di casi segnalati tra 1967 e il 2018 in tutti i continenti”. I farmaci che provocano più reazioni avverse nelle donne sono quelli ormonali, anti-obesità, per la tiroide e per l’osteoporosi.Proprio quest’ultima malattia racconta, invece, un’altra contraddizione: “i farmaci per la salute delle ossa vengono sottoprescritti agli uomini anche se proprio loro rischiano di più di morire per le conseguenze indirette di fratture”. Dai 75 anni in poi, secondo il rapporto Osmed 2021 dell’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA), per gli uomini c’è una spesa lorda pro capite di 12 euro mentre per la donna 24.
Donne curate in ritardo per il cuore e muoiono di più
La parità di accesso a cure appropriate è uno degli obiettivi principali del Servizio Sanitario Nazionale. Per verificare quanto questo sia garantito, uno strumento utile sono i dati del Programma Nazionale Esiti (PNE), una raccolta annuale di indicatori di performance degli ospedali italiani realizzato dall’Agenzia Nazionale dei Servizi Sanitari Regionali (AGENAS), nell’ambito del quale quest’anno è stata per la prima volta introdotta una sezione specifica su “Equità e genere”, i cui risultati saranno presentati al congresso internazionale di Medicina di Genere in corso a Padova.
A partire dai dati del Sistema Informativo Ospedaliero (2020), un team di ricercatori di AGENAS, Istituto Superiore di Sanità (ISS), Dipartimento di epidemiologia del Lazio e ISTAT, ha utilizzato 18 indicatori rappresentativi di 5 aree cliniche e implementato un modello che ha utilizzato anche misurazioni per genere. Tra le prestazioni sanitarie, la percentuale di interventi coronarici eseguiti entro 90 minuti dall’accesso all’ospedale per infarto è considerato uno degli indici di adeguato trattamento: la percentuale di chi ne ha beneficiato è inferiore per le pazienti di sesso femminile (40,5% rispetto a 53,4%). Per lo stesso gruppo è stato osservato anche un più alto tasso di mortalità entro 30 giorni dall’intervento di bypass coronarico (3% rispetto 1,6%). D’altra parte, i pazienti di sesso maschile hanno maggiori rischi per l’area ortopedica, con una percentuale inferiore di interventi chirurgici di frattura dell’anca eseguiti entro 48 ore dall’arrivo all’ospedale: ne hanno beneficiato nel 45,7% dei casi rispetto al 51,8% delle donne. Questo va di pari passo con un tasso di mortalità più elevato entro un anno dall’intervento: 28,5 % rispetto a 16,2%.
“Dati scientifici mostrano – sottolinea Walter Ricciardi, Professore Ordinario di Igiene e Medicina Preventiva all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – che diverse malattie presentano differenze significative tra donne e uomini in termini di incidenza, diagnosi, progressione e risposta alla terapia. In particolare, le differenze nell’epidemiologia e nella storia naturale di malattie cardiovascolari, condizioni autoimmuni o tumori, sono oggi abbastanza ben riconosciute. Le politiche sanitarie, quindi, dovrebbero tener conto dei risultati degli studi scientifici e promuovere azioni di equità più efficaci. Tuttavia, – conclude – ancora oggi l’accesso ai sistemi sanitari, nel mondo e in Italia, presenta forti diseguaglianze tra i generi. Per questo, l’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile dell’OMS punta l’attenzione sull’urgenza di promuovere politiche sensibili al genere anche nel settore sanitario”.
[1] Journal of Antimicrobical Chemotherapy, aprile 2016.
[2] BMC Infectious Diseases, 2017.
[3] EClinical Medicine, 2019.