Fa discutere la previsione dell’obbligo. E si cerca un compromesso per limitare l’impatto di quanto prevede la manovra di bilancio approvata al Senato
La lotta all’evasione non fa prigionieri. A meno di colpi di scena nei prossimi giorni a Montecitorio, volti a mitigare la portata dei commi 509-513 della Legge di bilancio recentemente approvata dal Senato, l’obbligo di fatturazione elettronica per gli acquisti direttamente dalle imprese sarà estesa anche ai consumatori.
È questo, infatti, quanto previsto dal testo licenziato da Palazzo Madama e adesso al vaglio dei colleghi della Camera. Se non ci saranno ulteriori interventi, a decorrere dal 1° gennaio 2019 la fatturazione elettronica obbligatoria (la cui disciplina è contenuta nel d.lgs. n. 127 del 2015 limitato, per adesso,ai rapporti tra imprese) si estenderà anche ai privati e, contestualmente, verrà eliminato il c.d. «spesometro», ovvero la comunicazioni dei dati delle fatture all’Agenzia delle Entrate.
Una vera rivoluzione che vedrà costretti i singoli, che vogliono acquistare direttamente dalle imprese, a dotarsi del necessario equipaggiamento informatico: innanzitutto un’identità digitale attraverso la quale poter ricevere la fattura dal Sistema di interscambio dell’Agenzia delle Entrate (c.d. «Sdi», il complesso informatico necessario per trasmettere e ricevere le fatture elettroniche) e, immediatamente dopo, un indirizzo di posta elettronica certificata per interloquire direttamente con tutte quelle imprese che, per legge, sono tenute all’emissione della fattura a seguito della cessione di un bene.
Già la legge finanziaria del 2008 aveva introdotto l’obbligo della fatturazione elettronica nei rapporti economici tra pubblica amministrazione e fornitori, in un’ottica di trasparenza, monitoraggio e rendicontazione della spesa pubblica. Su questa scia, sette anni dopo, l’esperimento fu esteso anche ai rapporti tra le imprese, con esiti del tutto lusinghieri: secondo i dati forniti da Unioncamere, la fatturazione elettronica stenta a decollare, soprattutto nelle piccole e medie imprese, dove solo il 22% delle PMI dichiara di farne uso. Nel suo complesso, la fatturazione online ammonta attualmente solo al 5% delle operazioni annuali di fatturazioni tra imprese.
Non mancano le previsioni in caso di violazione dell’obbligo di emissione della bolla digitale: la fattura sarà considerata come mai emessa, con conseguenti sanzioni pecuniarie piuttosto importanti (comprese fra il 90% e il 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato).
Nello spirito dell’esecutivo, la necessità di tracciate ogni singolo acquisto da parte dei privati, così da monitorare costantemente tenore di vita e capacità di spesa (rispetto a quanto dichiarato). Il fardello per le imprese e i privati, però, non è di poco conto.
Inevitabile la levata di scudi, tanto dalle imprese quanto dai rappresentanti dei consumatori, e già fioccano gli emendamenti in Commissione Bilancio. Intanto i tecnici della Camera stanno elaborando i giusti correttivi per rendere meno invasiva la misura. L’ipotesi più accreditata, al momento, vede la possibilità per i consumatori di recuperare la fattura digitale direttamente consultando il sito dell’Agenzia delle Entrate, con quest’ultima che si farà carico di consegnare il documento in formato analogico al privato.
L’ultima sfida della legislatura, dunque, è appena partita, e la politica non può fare spallucce, chiamata adesso a trovare un equilibrio tra la necessità di una nuova stretta contro gli evasori fiscali e un alleggerimento delle incombenze a carico del mondo imprenditoriale, imprese che soltanto adesso vedono, dopo un decennio, un po’ di luce in fondo al tunnel della recessione.