Il presidente Istat in audizione alla Camera. Confermato il divario nei redditi tra Nord e Sud
di Valentina Magri
Il presidente dell’Istat Giorgio Alleva ha illustrato stamane in audizione alla Camera, davanti alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, gli effetti derivanti dall’adozione dei decreti attuativi della riforma del Titolo V della Costituzione (Decreti legislativi 23 e 68 del 2011, riconducibili alla Legge 42/2009, e Decreto legge 201/2011) in ambito di federalismo fiscale.
Alleva ha rilevato delle divergenze importanti nel Pil pro-capite nazionale: quasi doppio nel Nord Ovest rispetto al Mezzogiorno (33400 euro contro 17800 euro), con un massimo di 40mila euro nella provincia autonoma di Bolzano e un minimo di 16mila euro in Calabria (-39% rispetto alla media italiana). Le differenze nel reddito pro-capite sono in parte attutite sul reddito disponibile per effetto della redistribuzione attuata dallo Stato: se in Lombardia il suo effetto è vicino allo zero, è molto significativo in Sardegna, dove vale 2400 euro per abitante.
Gli indicatori di disuguaglianza dell’Indagine europea sui redditi e le condizioni di vita (Eu-Silc) evidenziano altre marcate differenze regionali: il rapporto tra reddito percepito dal 20% più ricco della popolazione e quello del 20% più povero nel 2015 è stato superiore a 8 in Sicilia, contro una media nazionale di 6. L’indice di Gini (unità di misura delle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza) vede in testa Lazio, Sicilia e Sardegna, mentre il rischio di povertà ed esclusione sociale è maggiore per chi vive nel Mezzogiorno, soprattutto in Sicilia, Puglia e Campania.
Per quanto riguarda i conti delle Amministrazioni locali (regioni, province, comuni, enti sanitari e altri enti territoriali), nel 2016 le entrate sono state leggermente superiori alle uscite (244, 2 miliardi contro 240 miliardi). L’indicatore di autonomia impositiva (rapporto tra entrate tributarie ed entrate correnti) nel 2010-2015 è salito di quasi il 4% (dal 41% al 45%). Il tasso di autonomia finanziaria (che include anche le entrate extra-tributarie) è salito al 58% nel 2015, laddove nello stesso periodo i trasferimenti dalla PA centrale si sono ridotti dal 47% al 41%. Il grado di autonomia finanziaria dei comuni è stato pari al 64% nel 2015, con un record dell’80% in Molise. La dipendenza erariale si aggira attorno al 4% a livello nazionale, anche se è più accentuata al Sud, con un picco del 19% in Calabria.
A conclusione del suo intervento, il presidente dell’Istat ha colto l’occasione per diffondere i primi risultati del Censimento permanente delle Istituzioni pubbliche, i cui dati saranno resi disponibili ogni anno per quanto riguarda le informazioni sulla struttura e sulle principali variabili economiche, e con cadenza biennale in tema di comportamenti e strategie.