Situazione bloccata: i “nodi” sono i soliti. Berlusconi “riabilitato”? Salvini pronto al vertice con Di Maio. Pd: Delrio si sfila dalla segreteria. E i sondaggi…
di LabParlamento
Ormai si gira a vuoto intorno ai problemi. M5s può digerire un accordo con il centrodestra a marca leghista solo con l’agognato arrivo di Luigi Di Maio a Palazzo Chigi e con Berlusconi lontano dalle scene. Salvini è pronto ad un passo indietro come premier ma non può (e non gli conviene) spaccare il centrodestra mentre privilegia un accordo limitato ma forte, sul programma. Il Pd resta alla finestra, spaccato o quasi tra “aventiniani” e non, in attesa, forse, che sia il Capo dello Stato a togliergli le castagne dal fuoco (“Qualsiasi richiesta noi la ascolteremo con grande rispetto e attenzione ma nessuno tiri Mattarella per la giacchetta”, mette però le mani avanti Ettore Rosato)… Questo in sintesi il quadro politico alla vigilia del ponte pasquale e a quattro giorni dall’avvio del “lavoro”, decisivo, di Sergio Mattarella.
“Con Di Maio ci sentiamo dopo Pasqua” ha fatto sapere il leader della Lega. “Con i 5 stelle – ha evidenziato – stiamo ragionando, se poi questo ragionamento andrà lontano o si fermerà non sono in grado di dirlo”. “Si parte dalle cose da fare, l’importante sono le cose da fare”. “Visto che il centrodestra – ha sottolineato – è la coalizione che ha vinto, sono disposto a dar vita a un governo che parta dal programma di centrodestra e quindi dalla cancellazione della legge Fornero, dalla riduzione delle tasse, dal controllo dei confini, dalle espulsioni dei clandestini”.
Salvini spiega: “Se il reddito di cittadinanza non è un investimento illimitato per chi sta a casa, aperto a tutti – cosa che mi vedrebbe fortemente contrario perché sarebbe la fine del merito e dell’incentivo a fare impresa e cercare un lavoro – ma un investimento temporaneo per chi ha perso il lavoro ed è in attesa di trovarne uno nuovo, ne possiamo parlare”. “Se invece è l’ennesimo provvedimento assistenzialista a tempo indeterminato, aperto a tutti, no perché è la fine dell’idea dello sviluppo”.
“Adesso i numeri non ci sono, tra qualche giorno speriamo che ci siano“, ha concluso il leader della Lega uscendo dall’hotel di Ischia dove sta trascorrendo le vacanze pasquali, prima di recarsi nella zona “rossa” di Casamicciola colpita dal sisma del 21 agosto scorso.
Il leader del M5S, intanto, da più che navigato politico, ha incassato il pieno di nomine parlamentari. E ora si muove a seconda delle convenienze, pensando di sfruttare le debolezze dei suoi interlocutori. La vecchia strategia dei due “forni” di craxiana memoria: da una parte c’è la Lega, con cui la sintonia è ottima, ma che si porta dietro – come detto – un problema non da poco: Silvio Berlusconi. Dall’altra c’è il Pd, a cui il M5S, nonostante tutto, non ha ancora rinunciato del tutto, specie ora che sta combattendo una guerra di posizione con Salvini. “Se Salvini vuole restare attaccato a Berlusconi, faccia pure. Vediamo dove arriva…”, avrebbe confidato Di Maio ai più stretti collaboratori. Un Di Maio che vuole fortissimamente Palazzo Chigi (se non ora quando?) e che, però, insistendo sulla “volontà popolare da rispettare” , fa finta di dimenticare di non avere i numeri per andarci.
Il motivo principale, almeno finora, del mancato accorso M5S-Lega ovvero Berlusconi, invece, è assai contento. Dovrebbe tenersi infatti quasi certamente entro luglio, l’udienza in camera di consiglio, non pubblica e senza la presenza delle parti, del Tribunale di Sorveglianza di Milano chiamato a decidere sull’istanza di riabilitazione presentata il 12 marzo . L’udienza, da quanto si è saputo, non è stata ancora fissata e dopo la fissazione partirà l’istruttoria e i giudici dovranno valutare anche i processi pendenti a carico dell’ex premier che, in linea teorica, non sono ostativi alla riabilitazione. La notizia della richiesta di riabilitazione è stata riportata in mattinata dal Corriere della Sera. Con la riabilitazione decadrebbero gli effetti della legge Severino, che all’articolo 15 sancisce l’incandidabilità al Parlamento per i sei anni successivi ad una condanna definitiva. Contro questo divieto Berlusconi ha fatto ricorso anche alla Corte Europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo, dove la sentenza è attesa però non prima del prossimo autunno.
Versante Pd, solite stanche manovre di avvicinamento alle consultazioni e soprattutto all’assemblea di aprile. Di nuovo c’è che Graziano Delrio, appena nominato capogruppo alla Camera, ribadisce la propria indisponibilità alla poltrona di segretario: “Si è tenuto un consiglio di famiglia – dice – che è d’accordo con me. Non sono la persona giusta”. Cosicché, visto che le possibilità di riconferma di Maurizio Martina continuano ad assottigliarsi, cresce il favore per Matteo Richetti, in origine renziano, poi no, poi di nuovo in avvicinamento, ora tornato critico… Si vedrà.
Per il resto, da registrare, la difesa di Renzi da parte di Carlo Calenda: “Ha fatto errori ma come presidente del Consiglio ha fatto più di chiunque altro nella seconda Repubblica e soprattutto ha affrontato le sfide a viso aperto”. “Se torniamo alle correnti che si fanno la guerra sottobanco e lavorano per il M5S – afferma ancora – consegniamo il paese ai populisti per sempre”. Casaleggio dice “sia fatta la volontà popolare”? “Sia fatta dunque. E ci si misuri con la realtà. Perché per ora si sono misurati solo con poltrone, selfie e blog. Ma #senzadime, perché accettare il risultato elettorale è un dovere, essere complici di irresponsabilità sarebbe delitto. Con buona pace di Michele Emiliano e Francesco Boccia”, conclude dopo svariati tweet.
Mentre riemerge dal letargo LeU. “Non mi convince il fatto che un partito che elegge il presidente della Camera elegga anche vicepresidente, questore e 4 segretari. Un’occupazione delle istituzioni abbastanza inquietante che contraddice le parole pronunciate da Fico nel suo primo intervento alla Camera”, dice Roberto Speranza, coordinatore di Mdp.
Per finire, a quasi quattro settimane dal voto, i nuovi sondaggi fotografano la crescita del Movimento 5 Stelle e della Lega. Il Pd conserva, in sostanza, i consensi ottenuti il 4 marzo; Forza Italia è in crisi nera, l’opa di Salvini sul centrodestra sembra essersi realizzata del tutto. Un sondaggio di Tecné realizzato per la trasmissione Matrix ha chiesto agli intervistati “Quale partito voterebbe oggi?”. Il 34,2% sceglie il Movimento 5 Stelle che alle politiche si era fermato al 32,7%. Il 19,2% darebbe il voto alla Lega di Salvini (17,4% alle politiche) e il 19% al Pd (18,7%). Al quarto posto Forza Italia con il 13,6% (14% il 4 marzo). Poi Fratelli d’Italia con il 4,2% (4,3%). Crolla Leu: 2,5% oggi, 3,4% tre settimane fa.
Chi parla di voto anticipato, insomma, può già farsi due conti.