Di Maio chiede le urne, Centrodestra vittorioso ma sempre senza i numeri, Pd allo scontro finale. Cosa farà adesso Mattarella? E cosa decideranno i mercati?
di LabParlamento
Elezioni quantomai dietro l’angolo (la finestra per votare a giugno si è in realtà chiusa il 24 aprile, ma si potrebbe ovviare con provvedimenti ad hoc, rimane sul piatto l’alternativa di votare in autunno), e tutto che ruota ancora una volta attorno alle decisioni che prenderà a brevissimo il Capo dello Stato.
La situazione, già difficile e congelata soltanto fino a qualche ora fa fino alla Direzione Pd del 3 maggio, che avrebbe dovuto decidere cosa fare nei confronti dell’offerta di contratto da parte dei Cinque Stelle, è precipitata nel giro di poche ore. L’intervista di Matteo Renzi a “Che tempo che fa” ieri sera, l’esito delle elezioni regionali in Friuli, la risposta durissima di Luigi Di Maio a Renzi, l’uscita questa volta senza troppi peli sulla lingua del reggente Pd, Maurizio Martina…il contorno frenetico di dichiarazioni e polemiche in un clima di tutti contro tutti: questo il quadro di un imprevedibile vigilia di primo maggio.
Con una Direzione Pd svuotata ormai di significato se non per un confronto che si annuncia decisivo tra renziani e non, a Sergio Mattarella sembrano rimaste solo due strade ancora da percorrere prima di arrendersi e al tempo stesso certificare quella che sarebbe anche una sua sconfitta: un incarico politico al Centrodestra per cercarsi i voti mancanti in Parlamento, sull’onda del nuovo successo regionale (soluzione che si sa non piace); oppure il tentativo in extremis di un Governo istituzionale, anche di minoranza, per fare alcune cose importanti e necessarie, soprattutto di carattere economico (manovra di aggiustamento reclamata da Bruxelles, legge di bilancio, intervento sulle clausole di salvaguardia ai fini dell’aumento Iva), senza le quali i mercati potrebbero interrompere l’attuale bonaccia.
Più difficile, visto il diniego dei Cinque Stelle e della Lega, un esecutivo che si occupi, sia pure in tempi limitati, di riforme a cominciare dalla legge elettorale come suggerito dall’ex segretario Pd, da alcune correnti dem (come quella guidata da Dario Franceschini, che anche oggi attacca Renzi, sostenendo che “diserta le discussioni collegiali”) e, forse, nei pensieri di Silvio Berlusconi.
La terza strada è quella del tornare al voto con questa legge, rischiando però un secondo stallo. Non appare per ora credibile, infatti, che Matteo Salvini, sebbene sempre più forte all’interno del Centrodestra e con il Carroccio divenuto primo partito in Friuli, azzardi ora quello che finora non ha osato fare: spaccare la coalizione e allearsi con M5S.
Dopo la chiusura di Renzi, Di Maio propone, intanto, a Salvini di chiedere al Colle di tornare al voto a giugno: quello, evidenzia, sarà il “ballottaggio” che in diversi vorrebbero come modifica del sistema di voto. “Non ho mai pensato che sarebbe stato facile ma non avrei mai immaginato che sarebbe stato impossibile: è vergognosa la maniera in cui tutti i partiti stanno pensando al proprio orticello e alle poltrone”. “Facciamo scegliere i cittadini tra rivoluzione e restaurazione”, conclude il leader del Movimento indebolito tuttavia dai risultati di Molise e Friuli; dall’insuccesso fin qui registrato dalla “politica dei due forni”; alle prese con quella che sembra proprio una spiacevole scivolata di Roberto Fico, terza carica dello Stato, a proposito di fatti relativi a mancate assunzioni e contributi non pagati per alcuni collaboratori domestici.
Centrodestra invece sempre più nel segno della Lega. “Dopo i Molisani, anche donne e uomini del Friuli Venezia Giulia ringraziano il Pd per l’egregio lavoro svolto, e salutano Di Maio & Compagni. GRAZIE!!!!! #andiamoagovernare io sono pronto!”. Così su Twitter il leader, Matteo Salvini, che pubblica la foto di una carta del 2 di picche dentro la sabbia su una spiaggia.
Silvio Berlusconi, dopo il voto del Friuli, torna a proporre un governo della coalizione. “Il centrodestra unito – dice – si conferma vincente e accresce ancora i suoi consensi. Questo conferma una volta in più che siamo non soltanto la prima coalizione del Paese, ma anche quella più in sintonia con gli umori e le esigenze degli elettori. Sul piano politico complessivo questa è una ragione in più per affidare al centrodestra la guida del governo nazionale”. Gli italiani stanno “rapidamente abbandonando” i 5S – ha ribadito il Cav – e questo “conferma ancora una volta che i grillini sono considerati del tutto inadatti a governare, sia una regione, sia a maggior ragione l’intero Paese”.
Rinforza la tesi Giorgia Meloni. “Luigi Di Maio, come un bambino capriccioso, pur di non ammettere la sconfitta, vuole portarsi via la palla e non far giocare la partita a chi la può vincere. Il suo imbarazzante appello è: visto che non faccio il premier io, non lo fa nessuno. Ma l’Italia non può restare ferma per la fame di poltrone di Di Maio. Ora il presidente Mattarella rispetti la volontà popolare e dia l’incarico di governo al centrodestra” scrive su Facebook la presidente di Fratelli d’Italia.
Nuova deflagrazione intanto nel Pd mentre dalle urne friulane esce, nonostante tutto, una sostanziale tenuta del partito e addirittura un lieve aumento del Centrosinistra. Il segretario reggente Maurizio Martina ha uno scatto d’orgoglio: “In queste ore stiamo vivendo una situazione politica generale di estrema delicatezza. Per il rispetto che ho della comunità del Partito Democratico porterò il mio punto di vista alla Direzione nazionale di giovedì, che evidentemente ha già un altro ordine del giorno rispetto alle ragioni della sua convocazione”. Poi aggiunge: “Servirà una discussione franca e senza equivoci perchè è impossibile guidare un partito in queste condizioni e per quanto mi riguarda la collegialità è sempre un valore, non un problema”. E conclude: “Ritengo ciò che è accaduto in queste ore grave, nel metodo e nel merito. Così un Partito rischia solo l’estinzione”. E Gianni Cuperlo ammonisce: “A questo punto la direzione del Pd dovrebbe cambiare l’ordine del giorno, ovvero la preparazione di una nuova campagna elettorale, cioè una cosa da far tremare i polsi”.