Il PD inizia la fase di “rigenerazione”, ma resta il “nodo” nomine.. Meloni e Toti: governo di centrodestra senza i 5 Stelle.
Le idi di marzo del 2018 verranno ricordate come il giorno in cui si sono aperte le danze tra i protagonisti della XVIII Legislatura. Sì perché oggi i capigruppo del Movimento 5 Stelle al Senato e alla Camera (rispettivamente, Danilo Toninelli e Giulia Grillo) hanno incontrato le altre forze politiche per confrontarsi sulle presidenze delle Camere.
Si parte con il leader di Liberi e Uguali, Pietro Grasso (già Presidente di Palazzo Madama), a cui ha fatto seguito un’interlocuzione con il segretario ad interim del Partito Democratico, Maurizio Martina e il coordinatore della segreteria Dem Lorenzo Guerini. Nel pomeriggio, Toninelli e Grillo hanno, poi, incontrato il presidente “uscente” dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta.
I portavoce di M5S hanno rivendicato, in qualità di prima forza politica con oltre il 32% dei voti e il 36% dei Deputati alla Camera, il diritto di scegliere il Presidente a Montecitorio. “Prendiamo atto dell’apertura arrivata dalla Lega e di quella arrivata dal Pd. Abbiamo dialogato anche con le varie componenti del centrodestra che si è presentato in ordine sparso e non con unico interlocutore”. Così Grillo e Toninelli sul blogdellestelle.it.
Gli incontri dei 5 Stelle si sono svolti nel solco della strada tracciata ieri sera dal loro capo politico, Luigi Di Maio, in una telefonata con l’altro vincitore delle elezioni: il leghista Matteo Salvini. Lo scambio tra i due leader, da quanto si apprende, li ha visti riconoscersi reciprocamente la vittoria; in cosa si tradurrà davvero questo elogio lo capiremo solo più avanti.
Ma la possibilità di un governo a tinte gialle e verdi (leggi M5S+Lega) sembra impaurire non soltanto gli avversari dei “populisti” ma anche alcuni membri della coalizione di centrodestra. Tra questi, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni (della quale dal 5 marzo non abbiamo quasi più sentito parlare) e il governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti (Forza Italia).
“Noi non siamo disponibili a governi al di fuori del perimetro del centrodestra”. Così Meloni a chi le chiede come si porrebbe rispetto a una maggioranza M5S-Lega. E poi, se Matteo Salvini non dovesse riuscire a formare un Esecutivo, “Se ancora non ci saranno i numeri, si farà un Governo settimanale, per cambiare la legge elettorale”.
Per Toti il discorso è simile: “Vedo moltissime differenze tra la coalizione di centrodestra e il M5S (…) un Governo tra forze così diverse non credo che sarebbe né utile né proficuo per il Paese, credo che nessuno lo pensi” e aggiunge: “Una cosa è l’azione di governo (…) altra cosa è il dialogo istituzionale. Verso il Pd vale ciò che ho detto per il M5S”.
Intanto, i dem iniziano un percorso introspettivo per voltare pagina. Martina oggi si trova ad Ostia per la prima tappa del percorso di ascolto e confronto sul territorio annunciato dalla Direzione nazionale di lunedì scorso. Ma recuperare il rapporto con il territorio non è l’unico problema, anzi.
È partito infatti il toto nomi per i capigruppo e per la segreteria del Nazareno. Le voci che circolano indicherebbero Lorenzo Guerini o Graziano Delrio come capogruppo alla Camera e Andrea Marcucci o Teresa Bellanova al Senato. Renziani ma in buoni rapporti con le altre aree del partito, sfavorirebbero un’ulteriore presa di potere delle correnti; da sottolineare che per la Camera si sta valutando anche un Rosato-bis ma visti gli esiti della legge elettorale che quel nome porta, forse bisognerebbe lasciar stare.
La questione Segreteria non è meno complessa perché oltre a Graziano Delrio, Matteo Richetti e, ovviamente, Martina, c’è sempre in ballo anche il nome di Nicola Zingaretti, il golden boy del PD nel Lazio.
Zingaretti che, a sua volta, rischia di cadere in un’imboscata dei consiglieri regionali d’opposizione – in maggioranza rispetto al democratico – che, coalizzandosi e dimettendosi in blocco, potrebbero farlo cadere. E con nuove elezioni non c’è scampo, perché il governatore uscente non potrebbe più candidarsi.
Un peccato, se consideriamo che sembra aprirsi una nuova stagione nei rapporti tra il Comune di Roma a guida Virginia Raggi e la Regione (stagione, inaugurata oggi dall’incontro tra i due all’insegna di “convergenze tematiche”). Un “vantaggio”, paradossalmente, per il neo governatore riconfermato, se decidesse di cogliere la palla al balzo per candidarsi alla segreteria Pd, come in molti auspicano.
Insomma, oltre ad esserci ancora numerosi seggi da assegnare con la ripartizione dei c.d. “resti” per la formazione definitiva del nuovo Parlamento, sembra che l’esito del 4 marzo, anche a livello regionale, abbia lasciato solo incertezza.