I Cinque Stelle ostentano sicurezza istituzionale. Salvini però non molla. E nel Pd è guerra di posizione
di LabParlamento
L’invito lo ha ricevuto in quanto vicepresidente della Camera e lui ne ha approfittato di buon grado. Anche perché in questo modo è stato l’unico leader di partito, insieme a Pietro Grasso, presidente del Senato, a sedersi ufficialmente davanti a Sergio Mattarella prima delle consultazioni per la formazione del Governo. Così Luigi Di Maio, in occasione dell’8 marzo, festa della donna, viene immortalato dai flashes proprio mentre saluta il Presidente della Repubblica. Due i risultati: accreditarsi sempre di più, istituzionalmente, in vista della difficile partita che sta per cominciare; allontanare quelle interpretazioni malevole sulla tiepida accoglienza del Quirinale alla mail che recava la composizione del nuovo governo. Il tutto mostrando quella disponibilità al confronto, al dialogo “con chi ci sta” utile ad ingraziarsi proprio il Colle.
“Serve senso di responsabilità, saper collocare sempre al centro l’interesse generale del Paese e dei cittadini”, dichiara del resto, nel suo discorso, Mattarella. E sembra il viatico per quel che sarà, tra non molto, quando si apriranno le consultazioni. “Ha ragione il presidente Mattarella, gli interessi del Paese e degli italiani vengono prima di qualsiasi altro calcolo politico”, scatta però quasi subito il commento del segretario della Lega e leader del centrodestra, Matteo Salvini. Insomma, si è capita l’antifona. Il Colle al centro e i vincitori delle elezioni che si preparano a giocar di sponda.
Prima della formazione del Governo, “ci sono i presidenti di Camera e Senato da eleggere, noi avremo le nostre proposte e vediamo chi ci sta”, aggiunge Salvini, al termine di una visita a un mercato rionale di Milano. “Siamo la prima coalizione, siamo il primo partito della coalizione e non ci hanno chiesto di stare alla finestra a guardare quello che succede”. Poi conferma la sua idea su un ipotetico governo di centrodestra: niente accordi organici “né col Pd né coi 5 Stelle né con la Boldrini, vedremo chi ci dà un mano a portare avanti i nostri punti programmatici e chi dice di no a prescindere”.
Insomma, un Salvini convinto di giocarsi la premiership. Anche per rintuzzare le voci che, invece lo vorrebbero segretamente favorevole ad un accordo M5S-Pd per approfittare dell’opposizione, annettendosi quel che resta di Forza Italia e preparandosi alla definitiva vittoria alle elezioni anticipate di autunno. Dice Giancarlo Giorgetti, vicesegretario della Lega, senza troppe perifrasi: “Salire insieme al Quirinale avrebbe un senso. Indicherebbe chiaramente che Salvini è il candidato della coalizione del centrodestra. Ma la Lega non fa nessuna Opa sul centrodestra. Sono gli elettori che hanno scelto. Toti ha una sua idea da tempo circa il partito unico. Ma in caso, noi come Lega saremmo pronti”.
Silvio Berlusconi prova ad uscire dall’angolo con una lettera agli eletti: “In leale collaborazione con i nostri alleati e fermo restando l’impegno a sostenere il candidato premier indicato dal maggiore partito della coalizione, si devono produrre le condizioni di una maggioranza e di un governo in grado di raccogliere un consenso adeguato in Parlamento per dare attuazione ai nostri impegni”. Ma sono in molti che lo descrivono sempre più amareggiato.
In ogni caso, il panorama politico non dovrebbe registrare grossi scossoni fino a lunedì. Perché tutti (compreso Mattarella) guardano ormai alla Direzione Pd.
Il presidente Matteo Orfini ha sgombrato il campo: il segretario, Matteo Renzi, si è effettivamente dimesso dalla guida del partito; quello che succede dopo le dimissioni di un segretario è chiaramente scritto nello statuto del partito, e quindi non ci sono possibilità che Renzi utilizzi “soluzioni creative” per influenzare questo percorso. Il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, dal canto suo precisa che “Renzi non parteciperà alle prossime primarie del partito. Non vuole fare il segretario Pd”. E alla domanda se lo farà Calenda, risponde: “Si è appena iscritto…”. Per la cronaca, dopo il responsabile del Mise, oggi si è iscritto anche il fotografo Oliviero Toscani.
Andrea Orlando ribadisce che “la questione se fare o no l’accordo con Cinque stelle è stata una trovata mediatica di Renzi per discutere un’altra cosa invece di quello di cui bisognava parlare: cosa fare dopo una disfatta storica. Si prova a parlare di questo per evitare una discussione su un risultato che è stato drammatico. E’ come buttare la palla il tribuna”. Per la gestione del partito nella fase post voto di formazione del Governo e nella preparazione del congresso, l’area di minoranza chiede comunque una gestione “collegiale”, con una delegazione “pluralista” alle consultazioni che si faranno al Quirinale.
In realtà, sul no ad un accordo governativo con il M5S, pare non ci siano grossi dubbi. Tuttavia, i renziani si arroccano e basta mentre esisterebbe anche una via di mezzo. Del tipo: almeno vediamo le carte. E poi bisogna vedere chi saranno i nuovi capigruppo. E come si deciderà di gestire la partita delle presidenze delle Camere. Il probabile “reggente” Maurizio Martina sarà in grado di evitare nuovi irreparabili sussulti?
Anche oggi, come ieri, arriva il “messaggio” ormai quotidiano da Bruxelles. “Specialmente per l’Italia, che ha il secondo debito pubblico più alto dell’Ue, è importante che si resti sui binari di una politica di bilancio responsabile”, ha detto il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, a chi gli chiedeva un commento sulle misure proposte in campagna elettorale da partiti come la Lega. “E’ importante non creare aspettative negative sui mercati”, ha poi aggiunto. “La Commissione è stata molto chiara su quali aspettative ha nei confronti del target del deficit italiano”, cioè che serve “uno 0,3% di sforzo strutturale quest’anno, ed è quello che sarà valutato nel ciclo del Semestre europeo di maggio”, ha spiegato Dombrovskis.
PS “Ha vinto il M5S, ora dateci i moduli per il reddito di cittadinanza”: è accaduto in alcuni Comuni della Puglia, anche a Bari, dove numerose persone, alcune decine, si sono presentate ai Caf locali e, nel capoluogo presso il centro servizi per l’occupazione. Gli è stato spiegato che la proposta era, appunto, una proposta. E che ora serve un Governo che sia in carica e che, soprattutto, mantenga la promessa… Insomma, primi “nodi” per il vincitore.