Fi e Lega accettano l’invito dei capigruppo 5 Stelle. Mentre il Movimento approva regolamento dei suoi Gruppi
“Salvini dice che gli bastano 50 voti. Vuole fare il governo con i 50 voti del Pd di Renzi in accordo con Berlusconi? Auguri!”. Così su Twitter Luigi Di Maio, capo politico del Movimento 5 Stelle, replica al leader della Lega Matteo Salvini che gli aveva detto: “Voglio vederlo trovare 90 voti in giro, che dalla sera alla mattina si convincono. E poi 50 voti sono molti meno di 90”.
Stando a queste dichiarazioni, sembrerebbe che gli alti e i bassi tra i due stiano proseguendo. Ci sarà da capire se è tutta scena e si troverà alla fine un accordo o se, invece, nessuno dei due sarà disposto a “concedersi”.
Appare poi l’on. e presidente del Partito Democratico, Matteo Orfini, che ironizza sul corteggiamento tra Lega e 5 Stelle, reiterando l’impossibilità per entrambi di ottenere i voti del Pd, che a suo dire non sono in vendita.
Nel frattempo i capigruppo M5S Grillo e Toninelli convocano per domani alle ore 9.30 alla Camera dei deputati tutti gli altri capigruppo per conoscere la disponibilità di ciascun partito. Il punto di partenza sarà il programma del Movimento, l’obiettivo trovare la disponibilità a lavorare insieme sui punti comuni. Invito già rifiutato dal Segretario reggente del Pd Maurizio Martina, che dichiara “prima le consultazioni con Mattarella”. Da Lega e Forza Italia arriva invece un ok a partecipare all’incontro proposto dai 5 Stelle.
Ma la partita per il Governo è ancora relativamente “lontana”. Oggi al centro del ring ci sono state, al Senato, le poltrone dei quattro Vice Presidenti, tre Questori e otto Segretari d’aula appena eletti.
Su questo fronte regge l’asse M5S – Lega, con i dem che eleggono soltanto Anna Rossomando a vicepresidente. Matteo Salvini, pur confessando che la partita non lo “appassiona”, conferma la linea volta a non considerare il Pd: “Una forza come il Pd non può imporsi dopo aver perso le elezioni. Cinque anni fa la sinistra (…) si elesse Boldrini e Grasso, con tanti saluti agli altri (…)”.
Compatta invece la coalizione di centrodestra sui nomi dei candidati da votare, appena eletti: Roberto Calderoli (Lega) e Ignazio La Russa (FdI) alla vicepresidenza, Antonio De Poli (Noi con l’Italia) e Paolo Arrigoni (Lega) all’ufficio dei Questori. Paolo Tosato (Lega), Francesco Giro (Fi), Tiziana Nisini (Lega), Vincenzo Carbone (Forza Italia) vengono invece eletti segretari d’aula.
Per quanto riguarda invece i grillini la vicepresidenza va a Paola Taverna, Laura Bottici eletta questore e segretari alla Presidenza Gianluca Castaldi, Michela Montevecchi, Giuseppe Pisani e Sergio Puglia.
Questi procedono senza sosta negli adempimenti istituzionali richiesti. Approvati i Regolamenti interni validi per entrambi i Gruppi, non senza lasciare dubbi. Vi sono elementi che lasciano intendere un accentramento di potere verso l’alto. Dal documento circolato oggi in Senato si legge infatti che “Il Presidente (leggi Capogruppo) può essere revocato dal Capo Politico del “MoVimento 5 Stelle””, a prescindere quindi dalla volontà dei componenti del Gruppo.
Non solo, “Il Presidente rappresenta il Gruppo nelle sedi politiche ed istituzionali e detiene l’esclusiva titolarità ad esprimere la posizione ufficiale del Gruppo sulle questioni politiche e istituzionali.”
Per quanto riguarda la gestione della comunicazione, “La concreta consistenza della struttura e composizione del gruppo di comunicazione, in termini di organizzazione, risorse e strumenti, è definita dal Capo Politico del Movimento 5 Stelle, anche al fine di assicurare l’individuazione di personale particolarmente qualificato ed esperto nell’attività di comunicazione, ed il coordinamento con l’attività di comunicazione dell’Associazione “MoVimento 5 Stelle””.
Tra le sanzioni invece, da sottolineare il rischio di reclamo, sospensione o espulsione dal Gruppo anche nell’eventualità del “mancato rispetto delle decisioni assunte dall’assemblea degli iscritti con le votazioni in rete”.
A questo si allega poi ovviamente il Codice Etico sottoscritto da tutti i candidati alle elezioni politiche del 4 marzo e la penale di 100.000€ per il senatore che “abbandona il Gruppo Parlamentare a causa di espulsione, ovvero abbandono volontario, ovvero dimissioni determinate da dissenso politico” che sarà obbligato a pagare entro dieci giorni dalla data di accadimento di uno di questi fatti.