Lunedì scontro in Direzione. M5S e Lega in gara per l’incarico. Berlusconi all’angolo: Bisignani, “partito in coma”
di LabParlamento
Resta alta la tensione nel Pd dopo le “dimissioni a tempo” di Matteo Renzi. Il leader dem, ieri, è andato all’attacco chiudendo a “intese con gli estremisti”, ovvero Lega e Movimento Cinque Stelle. E oggi ribadisce la linea: “Le elezioni sono finite, il Pd ha perso, occorre voltare pagina. Per questo lascio la guida del partito. Non capisco le polemiche interne di queste ore. Ancora litigare? Ancora attaccare me? Nei prossimi anni il Pd dovrà stare all’opposizione degli estremisti. Se qualcuno del nostro partito la pensa diversamente, lo dica in direzione lunedì prossimo (ma forse lui non ci sarà, ndr) o nei gruppi parlamentari“.
Ma il partito intanto è in fibrillazione. Carlo Calenda, a sorpresa, si iscrive e intascando il plauso di molti, a cominciare da Gentiloni, si candida alla guida della nuova segreteria. E magari, col tempo, qualcosa di più. Si candida anche il governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, mentre un altro governatore, quello del Friuli, Debora Serracchiani, lascia la segreteria nazionale. Tutto questo mentre Nicola Zingaretti, reduce dalla riconferma alla guida del Lazio, per ora si sfila dalla gara (“Se la domanda è cosa farò da grande dico che nei prossimi 5 anni sarò il presidente della Regione Lazio perché è per quello che i cittadini mi hanno eletto”); Dario Franceschini sposa la linea Renzi sull’opposizione dura e pura (“Non ho mai pensato sia possibile fare un governo con M5s e tantomeno con la destra. Sufficientemente chiaro?”) e Michele Emiliano, al contrario, ritiene che “il Paese non ha possibilità di attendere lunghe trattative, si deve sapere subito che il Pd sosterrà lo sforzo di governo del M5S, augurandoci che il Presidente delle Repubblica, incoraggiato da una disponibilità da parte nostra, possa pensare che sia il M5S il partito che ha maggiori probabilità di comporre un governo. E di cominciare il governo del Paese”. Insomma, un bel mosaico.
Già, ma con chi dialogherà il M5S per tentare l’approdo a Palazzo Chigi? La domanda viene rivolta a Beppe Grillo, ancora a Roma 48 ore dopo la domenica del trionfo. “C’è un capo politico…” risponde secco, lasciando l’hotel Parco dei Principi, il fondatore del movimento che, prima di fare il suo passo indietro, ha sempre respinto l’ipotesi di un M5S disposto a scendere a patti con altri pur di governare.
All’evoluzione della situazione in casa dem, nella speranza che i malumori nei riguardi del segretario decollino verso l’aperta rivolta inducendolo a farsi da parte da subito, guarda comunque proprio Luigi Di Maio, che stasera sarà acclamato a Pomigliano d’Arco. Una volta “derenzizzato”, il Pd potrebbe valutare un accordo di programma, incassando la presidenza di una delle due Camere.
Cinque Stelle che incassano un appoggio (non certo incondizionato) da Confindustria. “Non fanno paura, valutiamo i provvedimenti, stiamo parlando di partiti democratici”, sottolinea il presidente, Vincenzo Boccia, secondo il quale, “l’importante è che si assicuri un Governo al Paese” è che “non si cambino provvedimenti che hanno avuto effetti sull’economia reale“. E perfino di Sergio Marchionne: “Salvini e Di Maio non li conosco, non mi spaventano. Paura del M5S? Ne abbiamo passate di peggio”, sentenzia l’ad di Fca, durante la conferenza stampa al Salone dell’Auto di Ginevra.
“Sono contento della compattezza del centrodestra, andremo insieme al Quirinale. Siamo la prima coalizione e siamo la speranza per gli italiani”, ha detto intanto il segretario della Lega, Matteo Salvini, rispondendo ai giornalisti a Milano. “C’è un Parlamento, c’è un candidato premier, il sottoscritto, e c’è un programma che porterà l’Italia fuori dalle sabbie mobili. Chi vuole sostenere questo programma lo accettiamo. Ma non faremo accordi partitici”, ha detto ancora Salvini, aggiungendo: “Se verremo chiamati, siamo pronti”. “Ho fatto una campagna elettorale in lungo e in largo per Salvini premier, ci hanno dato 12 milioni di voti come coalizione, 5 milioni alla Lega e poi mi dicono cosa fai, ti scansi? No…..”.
In quel di Arcore si respira ben altro clima. Voci di un Berlusconi deluso e amareggiato per il risultato elettorale. Di più c’è chi parla apertamente di errori e di un clima irrespirabile. Come il suo influente amico, Luigi Bisignani, che in una intervista a Lettera43, ricorda come Gianni Letta sia stato contrario sin dall’inizio all’accettazione della legge elettorale perché avrebbe messo in atto una dinamica mortale: la “salvinizzazione” di Forza Italia. “Berlusconi si è lasciato convincere da consiglieri inesperti a rimanere schiacciato sulla Lega. Eppure era stato avvertito autorevolmente”, aggiunge Bisignani per poi concludere: “Il partito è in coma, ma non sembra interessare a nessuno – è la sentenza tombale -. Sono tutti troppo vecchi per pensare al futuro. A loro basta il presente. Ancora una volta, nonostante tutto, se la sono cavata grazie a Berlusconi. Un partito evidentemente destinato a spegnersi insieme a lui”.
E i mercati internazionali in questo contesto? Oggi assai meglio di ieri. E se non fosse che tra poco più di un mese bisognerà mettere a punto il nuovo Def, si potrebbe anche tirare un sospiro di sollievo. Da registrare, non a caso, conversazioni e scambi di valutazioni, in queste ultime 48 ore, del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni con i principali leader politici e di governo europei, a partire da Angela Merkel e Emmanuel Macron. Lo ha reso noto Palazzo Chigi.