M5S convinto di farcela da solo. La Lega, nuova guida del Centrodestra, pure. Il Pd implode e Renzi lascia, ribadendo: “No agli estremisti”
di LabParlamento
All’indomani del voto, la “Terza Repubblica” (parole di Luigi di Maio) si materializza con una rivoluzione in grado di scuotere gli equilibri partitici e politici del Paese. Senza che tuttavia si intraveda per ora una soluzione al post governo Gentiloni, ormai sulla via delle dimissioni. Unico faro, il Capo dello Stato, cui si guarda anche dall’estero per provare a risolvere un complicatissimo gioco ad incastro.
Il portavoce della Commissione Ue, in una giornata con Borsa in contenuta discesa (ma crolla Mediaset) e spread in moderato rialzo, lo dice del resto chiaro: «Abbiamo fiducia nel presidente Mattarella, che sarà in grado di agevolare la formazione di un governo stabile».
I due veri vincitori della partita (M5S e Lega), intanto si posizionano: l’uno come primo partito, l’altro come nuovo leader della coalizione di Centrodestra.
“Ci sono intere Regioni dove più di un cittadino su due ci ha votato, in alcune aree abbiamo raggiunto il 75%. Siamo una forza politica che rappresenta l’intera nazione, questo ci proietta automaticamente verso il governo dell’Italia. Oggi le coalizioni non hanno i numeri per governare e per questo ci prendiamo questa responsabilità davanti ai cittadini italiani ed europei”, esordisce il commento del leader dei Cinque Stelle, che poi “sente la responsabilità di dare un governo al Paese. Lo diciamo soprattutto agli investitori: noi questa responsabilità la sentiamo”. Per questo “siamo aperti al confronto con tutte le forze politiche a partire dalle figure di garanzia a capo delle Camere ma soprattutto per i temi che dovranno riguardare il programma di lavori, fiduciosi che il presidente della Repubblica saprà guidare questa fase con autorevolezza e sensibilità come ha sempre fatto. Oggi comunque per noi inizia la Terza Repubblica…”. Situazione che Danilo Toninelli, assai meno istituzionalmente, riassume così: “Convergenza o voto anticipato”.
“Il Governo tocca a noi di centrodestra. La Lega ha vinto all’interno della coalizione e rimarrà alla sua guida “ gli fa eco Matteo Salvini. “Non ho sentito Berlusconi ma gli accordi tra amici sono chiari e si mantengono “, ha poi precisato. “Sono e rimango populista perché chi ascolta il popolo fa il suo mestiere, dei radical chic che schifano l’operaio la gente non ha più voglia”. “Lavoreremo – ha aggiunto – per modificare e togliere alcuni parametri europei. Ma resto convinto a proposito dell’euro che la moneta unica è destinata a finire non perché lo voglio io ma perché lo dicono i fatti, il buon senso. l’economia reale. E vogliamo arrivare preparati a quel momento”. Ancora: “Gli italiani hanno detto che decidono gli italiani non lo spread, Berlino, Bruxelles e i mercati non hanno nulla da temere anzi. L’Italia che fa pagare meno tasse, che ha tempi certi per la giustizia, che ha meno burocrazia è una buona notizia che rassicura…”. Per chiudere: “Escludo governi tecnici, di scopo, a tempo, istituzionali, non partecipiamo a governi minestrone. Sarà mio dovere ascoltare capire valutare altre posizioni, però la squadra è quella con cui abbiamo giocato la partita, non mi piace cambiare squadra a gara in corso. Mi incontrerò con tutti… anche con Laura Boldrini ! ”. E intanto si vede, ad Arcore, proprio con Silvio Berlusconi in un incontro definito, inevitabilmente, “cordiale”.
Il Cavaliere non si aspettava un risultato così deludente. Certo, il centrodestra è la coalizione che ha ottenuto più consensi ma è un fatto che la Lega abbia ormai superato Forza Italia. “Siamo stati penalizzati perché io non ho potuto candidarmi in prima persona”, si è sfogato con i suoi, “ma aspettiamo i dati reali, prudenza”. Però poi i risultati hanno parlato chiaro: il Movimento 5 Stelle ha sbancato al Sud, proprio dove Forza Italia pensava di andare bene (Campania, Puglia e Sicilia). E al Nord il centrodestra è andato di buona lena ma a vincere è stato Matteo Salvini. Ergo, sarà lui ora a dettare legge nella coalizione. E poi sommando i voti dei 5 Stelle e quelli di Lega e Fratelli d’Italia è chiaro che i moderati perdono. Ora il timore è che Sergio Mattarella dia l’incarico esplorativo per formare il governo a Luigi Di Maio e che il candidato premier grillino si rivolga al Pd e a Liberi e Uguali. Una vera iattura cui si aggiunge l’investitura, ormai inutile, di Antonio Tajani, “bruciata” 24 ore prima del voto pensando proprio al colpo vincente dell’ultimo istante. Attenzione infine alle fronde interne, che soffieranno sempre più forti.
E il Pd, tracollato sotto la fatidica quota del 20 per cento? Matteo Renzi lascia, inevitabilmente, la segreteria. Anche se la fase congressuale vera e propria si aprirà soltanto dopo l’avvio delle nuove Camere e le dimissioni del Governo. Nel frattempo toccherà di nuovo al presidente, Matteo Orfini, gestire il transitorio. Netto però il suo messaggio: “No ad alleanze con i partiti anti-sistema”, ovvero M5S e Lega. Al Nazareno c’era già chi non lasciava cadere “l’apertura al confronto con tutte le forze politiche” offerta da Di Maio. Fonti qualificate della minoranza Pd avevano fatto filtrare infatti che, oltre a ritenere “doveroso” che Renzi lasciasse alla luce del “disastroso” risultato del partito, non era escluso un possibile appoggio esterno a un eventuale governo M5s. Insomma, tutto ora è in movimento. Il contrario sarebbe stato un duro confronto interno che avrebbe finito per sfiancare inutilmente e forse definitivamente un partito che, dalle Europee ad oggi, si è praticamente dimezzato. Senza contare il malumore perfino della “squadra” dei ministri tanto osannata in campagna, poi rimasta impigliata con poche eccezioni nello scontro perdente sul territorio.
Non che, più a sinistra, le cose vadano meglio. “Abbiamo preso un milione e centomila voti e ringraziamo chi ha creduto in noi e che merita una rappresentanza in Parlamento: il progetto di LeU va avanti per rispetto a loro. Noi dialoganti in Parlamento, ma non con la destra di Salvini ovviamente”, dice Pietro Grasso, leader di LeU. All’orizzonte però s’intravede la morte prematura di questa esperienza che fin dall’inizio aveva mostrato profonde smagliature e difficoltà di posizionamento dopo quella che, ora, si conferma ancora di più un’inutile scissione dal Pd.
PS Proiezioni sulle elezioni Regionali, con lo spoglio in corso: in Lombardia, Attilio Fontana (Lega) avanti nettamente su Giorgio Gori (Pd); nel Lazio, Nicola Zingaretti (Pd) su Roberta Lombardi (M5S) e Stefano Parisi (Centrodestra).