Casapound appoggia Salvini, giovedì M5S presenta il governo “in pectore” e il Centrodestra ritrova la manifestazione unitaria. Renzi: “Comunque non lascio”
Freddo intenso in tutta Italia e #nevearoma, così si apre l’ultima settimana di campagna elettorale. Cinque giorni per gli ultimi appelli al voto utile, a quello di protesta, di cambiamento, oppure a quello (in fondo sarebbe quello più importante) che dovrebbe premiare l’operato. È tempo degli ultimi assist.
Arriva l’endorsement ufficiale di Casapound a Matteo Salvini, e alla sua Lega. “Se c’è la possibilità di fare un governo sovranista che ci porta fuori dall’euro e fuori dall’Unione Europea e che blocca l’immigrazione che sono i tre punti principali del nostro programma siamo pronti a sostenerlo“, dichiara Simone Di Stefano, candidato premier del movimento che conclude “[…] un Governo che non ha Tajani premier e Brunetta all’economia, ma sarebbe un governo che dovrebbe avere un Salvini premier e un Bagnai all’economia”.
Salvini, da abile animale politico, tuttavia non si è fatto trascinare dall’entusiasmo di una simile dichiarazione. “Mi occupo di Lega e di centrodestra, lavoro perché gli italiani scelgano un governo di centrodestra a guida leghista. Tutto quello che accade fuori non mi interessa. Non vedo l’ora di essere messo alla prova, poi dal 5 marzo incontrerò tutti“, ha detto. Un’idea, quella dell’abbraccio tra Salvini e Casapound che è – per certi versi – diametralmente opposta a quella del “nemico interno del carroccio”, il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni. Il governatore saluta infatti con favore l’ipotesi di Antonio Tajani (esponente di Forza Italia e Presidente del Parlamento UE) come premier. “Lo conosco – dice Maroni – gli sono amico e mi farebbe piacere se fosse lui, certamente, sarebbe un ottimo premier“. L’equazione che ne deriva è che Maroni sta a Salvini come Emiliano sta a Renzi.
Ma a parte i soliti litigi all’interno della coalizione di centrodestra cui abbiamo assistito nelle ultime settimane, la tranquillità mostrata da Salvini è ormai un dato di fatto. Dopo l’evento in Piazza Duomo a Milano, di sabato scorso, giovedì 1 marzo, all’EUR (Roma), “ci sarà l’appuntamento unitario del centrodestra, anche con Berlusconi. Doveva essere un appuntamento nostro, l’abbiamo allargato a tutti“, annuncia in via definitiva proprio il candidato premier Salvini.
Quello stesso giorno (01/03), sempre nella capitale, i 5 Stelle presenteranno invece tutti i nomi per un possibile esecutivo pentastellato. Una proposta istituzionale al Colle fatta di candidati che Luigi Di Maio, leader del Movimento, definisce “persone che hanno competenze, testa e cuore” per entrare in un governo M5S. I primi spoiler hanno fatto chiarezza su due questioni: a 3 donne andrebbero i Ministeri della Difesa, dell’Interno e quello degli Esteri, lasciando intendere che di “rosa” potrebbe esserci anche un “Ministero della Qualità della Vita” (Welfare e non solo); mentre l’Ambiente verrebbe affidato al generale di Brigata dell’Arma dei Carabinieri Sergio Costa, comandante della Regione Campania dei Carabinieri forestali. Un Ministero, quello dell’Ambiente, su cui Di Maio punta molto, poiché “di Terra dei Fuochi ce n’è una in ogni Regione”.
Le critiche sorte in merito alla presentazione “preventiva” dell’ ipotetico esecutivo, non sembrano affatto toccare i 5 Stelle. E sul ruolo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Di Maio spiega: “Rispetto molto il ruolo di garante di Mattarella, non rispettavo quello di Napolitano. Fu eletto contro ogni prassi per stopparci. Non penso sia irrituale andare prima al Colle con una proposta di ministri, conosco il significato di “cortesia istituzionale”“.
Ciò nonostante, Alessandro Di Battista, altro esponente di punta di M5S, è prudente e ripete che se il Movimento non dovesse avere i numeri per governare in autonomia, si procederà con un appello alle forze politiche basato esclusivamente sui programmi. L’unico possibile interlocutore individuato da Di Battista per poter avere una discussione incentrata sui contenuti è l’attuale Ministro dell’Interno Marco Minniti, che a detta di Di Battista “ha la capacità che altri esponenti del Partito democratico non hanno, anche se non mi è piaciuta la gestione dei flussi migratori”.
In casa dem, invece, Matteo Renzi rilancia ancora una volta l’obiettivo del PD: essere il primo gruppo parlamentare nelle Camere, cosa che il Segretario spera porterà il Presidente della Repubblica a scegliere il centrosinistra come incaricato a formare il governo. Inoltre, dichiara che da parte sua, in caso di sconfitta, “Non ci sarà nessun passo indietro e trovo sconcertante che tutto il tema della campagna elettorale sia quel che faccio io. Se pensate che passiamo l’ultima settimana a parlare del dopo, avete sbagliato destinatario“.
Domani Gentiloni, Renzi e Zingaretti saranno insieme alle ore 18.00 a Roma presso il Cinema Adriano in Piazza Cavour.
A meno di una settimana dal voto, l’incertezza su chi governerà rimane comunque ancora alta…