Anche se tutti, noi no. Sembra chiudersi così, per il momento, la querelle politica di questo scorcio di 2023, il primo dell’era Meloni, che verrà ricordato, fra le tante cose, anche per la mancata ratifica del Mes.
Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta. Il MES, il meccanismo europeo di stabilità (European Stability Mechanism, ESM), detto anche Fondo salva Stati, è stato istituito mediante un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico della UE, nel 2012, con sede il Lussemburgo.
Rappresenta il meccanismo permanente di stabilizzazione finanziaria creato a seguito delle tensioni sui mercati finanziari e la crisi dei debiti sovrani per fornire assistenza ai paesi della zona euro. Interviene attraverso l’emissione di strumenti di debito per finanziare prestiti e altre forme di assistenza finanziaria e, in particolare:
- concede prestiti nell’ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico;
- acquista titoli di debito sui mercati finanziari primari e secondari;
- fornisce assistenza finanziaria sotto forma di linee di credito;
- finanzia la ricapitalizzazione di istituzioni finanziarie tramite prestiti ai governi dei suoi Stati membri.
Il MES è guidato da un “Consiglio dei Governatori” composto dai 19 Ministri delle finanze dell’area dell’euro, che assume all’unanimità tutte le principali decisioni.
Il MES ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi di euro, di cui 80,5 sono stati versati; la sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi. L’Italia ha sottoscritto il capitale del MES per 125,3 miliardi, versandone oltre 14. I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi paesi. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15 per cento e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.
La proposta di riforma del Trattato istitutivo del MES interviene sulle condizioni necessarie per la concessione di assistenza finanziaria e sui compiti svolti dal MES in tale ambito, introducendo modifiche di portata complessivamente limitata; la riforma non prevede né annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani e non affida al MES compiti di sorveglianza macroeconomica.
Banca d’Italia fornisce numerosi chiarimenti sul MES come ad esempio la domanda ricorrente se “È vero che il MES non serve all’Italia e che anzi addirittura la danneggia?” La risposta è che il MES non è un organismo inutile, anzi serve all’Italia tanto quanto a ciascun altro paese dell’area dell’euro. Al contrario il MES attenua i rischi di contagio connessi con eventuali crisi di un paese dell’area dell’euro, rischi che in passato si sono materializzati e hanno avuto gravi ripercussioni sul nostro paese (come accadde, con la Grecia).
Con la riforma il MES contribuirebbe anche a contenere i rischi di contagio connessi con eventuali crisi bancarie di rilievo sistemico. Per quanto riguarda specificamente l’Italia, il rifinanziamento dell’elevato debito pubblico del nostro Paese può avvenire in maniera più ordinata e a costi più contenuti se le condizioni sui mercati finanziari restano distese.
Inoltre, non è vero che con la riforma l’Italia avrebbe dovuto versare al MES ulteriori fondi; infatti, il capitale del MES resta invariato, così come le regole che ne governano l’eventuale versamento. La riforma elimina il contestatissimo Memorandum sostituendolo con una lettera d’intenti che assicura il rispetto delle regole del Patto di stabilità.
Un problema per i Paesi con deficit e debiti alti: per loro l’unica possibilità sarebbe una linea di credito “a condizionalità rafforzata”, ovvero che concede aiuti solo a fronte di correzioni dei conti (Fonte Ansa). La riforma, inoltre, attribuirebbe al MES una nuova funzione, quella di fornire una rete di sicurezza finanziaria (backstop), o paracadute, al Fondo di risoluzione unico nell’ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie.