Strasburgo chiede alla Commissione Ue di garantire che tutte le proposte legislative e di bilancio siano pienamente in linea con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 °C. I punti principali affrontati durante la sessione Plenaria di novembre
La nuova Commissione Ue entra in carica
Mercoledì 27 novembre il Parlamento europeo ha dato il via libera finale alla nuova Commissione europea con 461 voti favorevoli, 157 contrari, 89 astensioni (votazione per appello nominale).
Giovedì 28 novembre, con la ratifica formale della nomina della nuova Commissione da parte del Consiglio UE si è concluso l’iter di insediamento del nuovo esecutivo. La Commissione, guidata dalla Presidente Ursula von der Leyen resterà in carica dal 1° dicembre 2019 fino al 31 ottobre 2024.
La rappresentanza femminile nella Commissione è la più alta di sempre: oltre alla Presidente, l’attuale composizione comprende 11 donne e 15 uomini.
È possibile rivedere il dibattito e la votazione in Plenaria qui.
Il Bilancio Ue 2020 è legge
Dopo l’approvazione formale da parte del Consiglio UE avvenuta lunedì 25 novembre, mercoledì 27 anche il Parlamento ha approvato con 543 voti favorevoli, 136 contrari e 23 astensioni il Bilancio UE per l’anno 2020.
Il Parlamento ha ottenuto per le sue priorità 850 milioni di euro in più, rispetto al progetto di Bilancio presentato dalla Commissione: oltre mezzo miliardo di euro in più è destinato alle spese legate alla tutela del clima; 302 milioni di euro per progetti di ricerca; 133 milioni di euro per gli investimenti nelle infrastrutture di rete (Meccanismo per collegare l’Europa, CEF); 50 milioni di euro per il programma Erasmus+ e 28,3 milioni di euro per l’occupazione giovanile (e ulteriori 50 milioni di euro da aggiungere nel 2020 se necessario).
Gli stanziamenti di impegno complessivi per il 2020 ammontano a 168,7 miliardi di euro (aumento dell’1,5% rispetto al 2019); gli stanziamenti di pagamento ammontano a 153,6 miliardi di euro (+3,4% rispetto al 2019).
Approvate due risoluzioni sull’emergenza climatica
Giovedì 28 novembre il Parlamento europeo (PE) ha approvato con 429 voti a favore, 225 contrari e 19 astensioni una risoluzione che dichiara l’emergenza climatica e ambientale in Europa e nel mondo. Il PE chiede alla Commissione di garantire che tutte le proposte legislative e di bilancio siano pienamente in linea con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 °C.
Sempre giovedì il Parlamento ha approvato con 430 voti favorevoli, 190 contrari e 34 astensioni un’altra risoluzione separata sulla COP 25 di Madrid (2-13 dicembre 2019) in cui esorta la Commissione a presentare in quell’occasione una Strategia per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. I deputati chiedono inoltre alla nuova Presidente Ursula von der Leyen di includere nel Green Deal europeo l’obiettivo di riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030.
Gli eurodeputati sostengono la necessità di ridurre le emissioni nei settori del trasporto aereo e marittimo includendole nei Piani di contribuzione nazionali (NCD) e includendo il settore marittimo nell’Emission Trading System (ETS).
Inoltre secondo il PE, i Paesi UE dovrebbero raddoppiare i loro contributi al Fondo verde internazionale per il clima al fine di raggiungere l’obiettivo collettivo di 100 miliardi di dollari all’anno a partire dal 2020.
Infine, si chiede con urgenza a tutti i Paesi UE di eliminare gradualmente tutte le sovvenzioni dirette e indirette ai combustibili fossili entro il 2020.
In questo contesto è importante ricordare che la Commissione europea ha già proposto l’obiettivo emissioni zero entro il 2050 ma il Consiglio europeo non l’ha ancora approvato in quanto Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca si sono dichiarate contrarie.
Eurobarometro: l’ambiente è la priorità dei cittadini europei
Secondo la maggioranza dei cittadini europei consultati nell’ultimo sondaggio Eurobarometro (ottobre 2019), combattere i cambiamenti climatici e preservare il nostro ambiente, gli oceani e la biodiversità dovrebbe essere la principale priorità del Parlamento europeo (PE).
Infatti, il 32% degli europei indica la lotta contro i cambiamenti climatici e la salvaguardia dell’ambiente come le questioni più importanti all’esame dei deputati. È il tema più citato in 11 Stati membri, in particolare in Svezia (62%), Danimarca (50%) e Paesi Bassi (46%).
In Italia la lotta ai cambiamenti climatici è – insieme all’immigrazione – il secondo tema che il Parlamento dovrebbe affrontare come priorità (25% degli intervistati). A guidare la classifica è la lotta alla disoccupazione (37%).
L’indagine Eurobarometro ha anche chiesto agli intervistati quale minaccia ambientale andrebbe affrontata con più urgenza. La maggioranza assoluta (52%) ritiene che si tratti dei cambiamenti climatici, seguiti da inquinamento dell’aria (35%), inquinamento marino (31%), deforestazione e crescente quantità di rifiuti (entrambi il 28%).
Anche in Italia i cambiamenti climatici e l’inquinamento atmosferico sono i temi più citati (rispettivamente 46% e 41%), seguiti dal tema dei rifiuti (38%).
Il nuovo Eurobarometro mostra che quasi sei cittadini europei su dieci sono fiduciosi o convinti che le proteste guidate dai giovani abbiano un impatto diretto sulle politiche sia a livello nazionale che europeo.
Gli irlandesi (74%), gli svedesi (71%) e i ciprioti (70%) sono i più convinti che le proteste porteranno all’adozione di misure politiche a livello dell’UE, rispetto al 42% dei cechi e al 47% dei cittadini del Regno Unito. In Italia la percentuale di intervistati convinti dell’influenza sulla politica europea delle proteste si attesta al 57%.
L’azienda Kantar ha raccolto i dati per questo Eurobarometro dall’8 al 22 ottobre 2019 in tutti i 28 Stati membri dell’UE. Un campione rappresentativo di 27.607 europei di età superiore ai 15 anni è stato intervistato faccia a faccia. I dati e il rapporto completi saranno pubblicati il 10 dicembre 2019.
AXA: niente più assicurazioni alle aziende che guadagnano grazie al carbone
Mercoledì 27 novembre il colosso francese delle assicurazioni AXA ha annunciato che non venderà più polizze assicurative alle aziende che sono troppo dipendenti dalle fonti fossili. In particolare, secondo quanto annunciato, le società che generano più del 30% del proprio fatturato grazie all’utilizzo di carbone o generano il 30% di elettricità da carbone o ancora, producono più di 20 milioni di tonnellate di carbone l’anno non potranno più usufruire delle coperture assicurative del gigante francese. L’applicazione della policy aziendale è calendarizzata per i Paesi UE entro il 2030 mentre per il resto del mondo entro il 2040.
Inoltre, AXA ha chiesto ai propri clienti interessati a seguire le nuove linee guida di presentare piani di phase out dal carbone entro il 2021.
La ONG Friends of the Earth ha assicurato che non si tratta di greenwashing ma che quello di AXA è un piano serio e completo. Tanto è vero che la decisione potrebbe esercitare pressione positiva sui governi riuniti alla COP 25 di Madrid.
Tensioni Parigi-Berlino sull’inclusione del nucleare nella tassonomia green della Commissione
Presentata nel 2018 dalla Commissione UE e attualmente in fase di negoziazione tra Parlamento e Consiglio, la tassonomia sulla finanza green identifica quali attività economiche potranno usufruire di un’etichetta green con l’obiettivo di indirizzare gli investimenti privati verso attività sostenibili.
Il diverbio in atto tra Francia e Germania riguarda l’introduzione del nucleare nella tassonomia. La Francia sostiene che senza l’energia nucleare non sarà in grado di gestire la transizione energetica, mentre la Germania crede che l’energia nucleare non sia sostenibile e neanche sicura ed economica. Secondo i parametri della tassonomia, l’energia nucleare soddisfa il criterio relativo alle emissioni di CO2 ma non quello concernente il trattamento dei rifiuti. Tuttavia la Francia, appoggiata soprattutto dai Paesi dell’Europa orientale, continuerà a sostenere l’inserimento del nucleare nella tassonomia rischiando di far saltare i negoziati. La Germania dal canto suo, non sarebbe contraria all’introduzione del gas. Il punto d’equilibrio dei negoziati potrebbe essere proprio questo: l’inclusione di entrambe le fonti nella tassonomia.