Con 383 sì l’ex ministra della Difesa tedesca è stata confermata alla guida dell’Esecutivo europeo dal Parlamento di Strasburgo. Rimarrà in carica per 5 anni. Obiettivo: zero emissioni nell’Ue entro il 2050
PE: Ursula von der Leyen confermata presidente delle Commissione Ue. 383 i sì, 327 i no e 22 gli astenuti
Nella giornata di martedì 16 luglio, Il Parlamento europeo ha eletto la candidata proposta dal Consiglio Ue, Ursula von der Leyen, alla carica di presidente della Commissione Ue. Il mandato della von der Leyen inizierà il 1° novembre 2019 e durerà cinque anni. Nella votazione ci sono stati 733 voti espressi, con uno solo non valido. 383 deputati hanno votato a favore, 327 contro e 22 si sono astenuti.
La neo presidente è stata eletta grazie al consenso compatto del PPE, una parte dei S&D e i liberali. A risultare decisivi sono stati però i voti dei partiti considerati euroscettici come il Movimento 5 Stelle e i polacchi di Diritto e Giustizia. All’interno della compagine di governo italiana, il voto europeo si è rivelato un’ulteriore elemento di tensione che ha visto Lega e 5 Stelle su posizioni opposte. Infatti, il partito di Matteo Salvini si è schierato per il no.
Ora, la nuova guida della Commissione invierà una serie di lettere ai capi di stato e di governo dei Paesi UE per invitarli a proporre i loro candidati alla carica di commissari. Le audizioni dei commissari designati si svolgeranno nelle commissioni parlamentari competenti, dal 30 settembre all’8 ottobre. Il collegio completo dei commissari dovrà essere confermato da un voto di fiducia del Parlamento, probabilmente nel corso della sessione plenaria del 21-24 ottobre.
Per conquistarsi i voti del Parlamento, nella settimana dall’8 al 12 luglio la neopresidente ha illustrato la sua visione ai gruppi politici del PE. Di seguito riportiamo i punti principali della proposta in materia di energia e ambiente:
- il raggiungimento del target zero emissioni di CO2 entro il 2050;
- sollecitare il dibattito per l’introduzione di una tassa di frontiera sul carbone;
- l’estensione dell’Emission Trading System ai settori dell’aviazione e della navigazione;
- l’incremento degli obiettivi di diminuzione dei gas serra dal 40 al 50% dal 1990 entro il 2030;
- l’istituzione di un consiglio di scienziati indipendente che vigili sul raggiungimento dei target da parte degli Stati membri;
- la trasformazione della Banca Europea degli Investimenti in Banca Europea del Clima.
Primo trimestre 2019: in calo gli investimenti FER secondo BNEF
Secondo un report pubblicato da Bloomberg New Energy Finance, nei primi sei mesi del 2019 gli investimenti negli impianti da fonti rinnovabili a livello globale sono calati del 14% rispetto allo stesso periodo del 2018.
Gli investimenti sono diminuiti nei principali mercati del mondo, vale a dire Stati Uniti, Europa e Cina, che nonostante un calo del 39% rimane il primo investitore mondiale.
Tuttavia, nello stesso periodo, in altri Paesi come Giappone e India gli investimenti sono cresciuti. Un aumento si registra anche in Spagna e Svezia che, nonostante il trend europeo, hanno registrato una crescita degli investimenti pari al 200%.
Energia solare: segnale positivo dopo dieci anni di bassa crescita, ma non basta
Secondo i dati raccolti da EurObserv’ER, un consorzio specializzato nel monitoraggio dello sviluppo delle energie rinnovabili in Europa, il mercato europeo del solare termico nel 2018 è cresciuto dell’8,4% rispetto ai risultati del 2017.
Tuttavia, secondo il consorzio, anche se il trend di crescita sarà costante nel biennio 2019/2020 non sarà sufficiente a raggiungere i target fissati al 2020. Infatti, invece dei 6,45 Mtep fissati dall’Unione ne verranno raggiunti solo 2,6.
La capacità del parco eolico europeo è di 2.314,3 Megawatt (MW), una cifra che dovrebbe raggiungere i 2.323 MW entro il 2020. Tuttavia, il Piano d’azione nazionale per le energie rinnovabili (NREAP) prevede il raggiungimento di 6.594 MW entro il 2020.
Secondo lo studio di EurObserv’ER, il principale ostacolo del settore dell’energia solare continua ad essere l’investimento iniziale, poiché la maggior parte della bolletta energetica dell’impianto (che ha una durata di oltre 20 anni), è pagata al momento dell’acquisto.
CCS: la Commissione si prepara ad un nuovo piano di investimenti
Lunedì 8 luglio, durante un evento organizzato dalla testata Euractiv, Artur Runge-Metzger, direttore della DG Climate Action della Commissione Ue, ha dichiarato che la Commissione sta preparando il terreno per una nuova tornata di investimenti nelle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS).
Il direttore ha sottolineato che i futuri finanziamenti UE per il CCS si concentreranno con tutta probabilità sull’applicazione alle infrastrutture di trasporto come i gasdotti che hanno la possibilità di raccogliere le emissioni da diversi impianti industriali.
Fino ad oggi, nonostante l’investimento di 500 milioni di euro da parte dell’Ue, i progetti che includevano tecnologie CCS non hanno raggiunto la fase di commercializzazione per via degli alti costi di gestione. Tuttavia, rimane una delle poche tecnologie che potenzialmente potrebbe abbattere le emissioni CO2 di attività come la produzione di calcestruzzo e prodotti petrolchimici.
L’evento ha visto anche la partecipazione di Shell, che ha supportato il direttore Runge-Metzger nell’annunciare che il nuovo round di investimenti supporterà l’intera catena del valore dell’utilizzo e stoccaggio della CO2 e non solo le spese in conto capitale. Un aspetto fondamentale per la redditività degli investimenti, ha concluso Runge-Metzger, è il ruolo dei governi nazionali in quanto gestori delle proprie infrastrutture.