A quasi due anni dal referendum del giugno 2016 e nonostante l’intesa di lunedì scorso, il futuro delle relazioni Londra-Ue è ancora tutto da definire
di Mara Carro
Lunedì scorso, il capo-negoziatore per la Brexit dell’Unione europea, Michel Barnier, ha annunciato che UE e Regno Unito hanno raggiunto un’intesa sulle parti del testo giuridico dell’accordo di recesso concernenti i diritti dei cittadini, la liquidazione finanziaria, una serie di altre questioni riguardanti il recesso e il periodo di transizione.
I rapporti futuri tra Londra e Bruxelles si svilupperanno secondo un arco temporale che vedrà nel 29 marzo 2019 la data formale della Brexit e fino al 31 dicembre del 2020 la durata del periodo di transizione. Durante questi 21 mesi Londra continuerà a far parte del mercato unico e dell’unione doganale, ad essere soggetta alle norme europee e ai vincoli derivanti dagli accordi internazionali conclusi da Bruxelles ma non avrà alcun potere decisionale all’interno della Ue. Allo stesso modo, la Corte di giustizia dell’UE continuerà ad avere giurisdizione sul Regno Unito per tutto il periodo dei 21 mesi. Il Regno Unito potrà negoziare e firmare accordi di libero scambio con i paesi terzi durante la transizione ma questi potranno entrare in vigore soltanto alla fine del periodo in cui si applicheranno le modalità transitorie. Londra continuerà a partecipare ai programmi finanziati nel bilancio 2014-2020 fino alla loro conclusione e contribuirà all’attuazione dei bilanci annuali per il 2019 e il 2020 come se fosse a tutti gli effetti un membro dell’Unione.
Al termine della transizione, il Regno Unito non farà più parte delle istituzioni e degli organi dell’UE e non contribuirà più al processo decisionale. A decorrere da quella data, Londra non beneficerà più degli accordi internazionali conclusi dall’UE, dagli Stati membri a nome dell’Unione o dall’Unione e dai suoi Stati membri congiuntamente, 759 totali secondo il Financial Times su commercio, cooperazione regolativa, pesca, trasporti, dogane, nucleare, agricoltura. Il Regno Unito sarà quindi chiamato ridefinire le proprie relazioni internazionali con tutto il mondo e a regolare ogni singolo aspetto dei suoi rapporti con la stessa Ue.
Per quanto attiene ai rapporti commerciali con l’Ue, tema molto sentito Oltremanica, poiché Londra è intenzionata ad abbandonare mercato comune e unione doganale, le opzioni sono la negoziazione di un accordo di libero scambio con l’Ue come quelli concordati da Bruxelles con Svizzera e Canada oppure operare secondo le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), che potrebbe significare controlli doganali e tariffe. Il modello a cui spesso si fa riferimento è quello della Svizzera che intrattiene relazioni con l’UE sulla base di una serie di trattati bilaterali settoriali. Di solito, ogni trattato prevede che la Svizzera partecipi a una particolare politica o programma dell’UE. Gli accordi bilaterali costituiscono la base per una stretta cooperazione in settori importanti quali la fiscalità del risparmio, le pensioni, la ricerca, la sicurezza interna e la migrazione, l’ambiente e la cultura la cooperazione nella lotta contro la frode, l’approccio coordinato in materia di politica di asilo. L’approccio del trattato bilaterale consente alla Svizzera la flessibilità di scegliere le iniziative dell’UE a cui desidera partecipare (e contribuire finanziariamente), preservando la propria indipendenza sul piano istituzionale senza però poter partecipare al processo decisionale nell’UE.
Per orientarsi nello scenario post-Brexit, fermo restando, come ha dichiarato Barneir che “non c’è accordo su niente fino a quanto non c’è accordo su tutto” e che quindi, senza un accordo firmato, ci si muove nel campo delle ipotesi, va ricordato che solo alla formalizzazione dell’accordo di recesso, quando il Regno Unito avrà lasciato l’UE e sarà divenuto un paese terzo, si passerà alla negoziazione di un accordo internazionale sulle nuove relazioni tra l’UE e il Regno Unito basato su quattro pilastri: relazioni economiche e commerciali; politica estera, cooperazione in materia di sicurezza e cooperazione allo sviluppo; sicurezza interna; cooperazione tematica.
Ad oggi forse l’unica conseguenza tangibile della futura uscita di Londra dal blocco europeo è stata la decisione sul trasferimento delle agenzie dell’UE con sede nel Regno Unito, l’Agenzia europea per i medicinali e l’Autorità bancaria europea rispettivamente ad Amsterdam, Paesi Bassi, e Parigi, Francia. Nulla è invece trapelato su quale sarà lo status futuro della Gran Bretagna nelle varie agenzie Ue. Se assumerà, per quanto riguarda ad esempio l’Agenzia europea per la difesa, lo status di Paese “associato” seguendo il modello della Norvegia, della Serbia e della Svizzera. Ciò che è certo è che Londra vorrebbe continuare a far parte di alcune istituzioni comuni quali la Comunità Europea dell’Energia Atomica (Euratom), l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), a partecipare a progetti in merito alla condivisione di informazioni utili alla lotta comune contro il terrorismo e la criminalità,a progetti che possono ricevere finanziamenti dal Fondo europeo di difesa,amantenere l’attuale cooperazione in materia di sicurezza e giustizia.
Per quanto riguarda Euratom, ad esempio, l’accordo annunciato il 19 marzo prevede che al termine della transizione il Regno Unito sarà responsabile per la gestione e la sicurezza del materiale nucleare sul proprio territorio in linea con le convenzioni internazionali e il rispetto di eventuali obblighi specifici derivanti da accordi conclusi dalla Comunità con paesi terzi o organizzazioni internazionali relative a qualsiasi attrezzatura o materiale nucleare presentinel Regno Unito. Anche in questo caso, tuttavia, nulla è ancora stato deciso sullo status futuro della Gran Bretagna in Euratom e se opterà per la formula dell’associazione come nel caso della Svizzera.
Questa incertezza generale è dettata sia dalla ferma posizione dell’Ue di non voler condurre parallelamente i negoziati sull’uscita del Regno Unito con quelli su un possibile nuovo trattato bilaterale sia dai tentennamenti del governo britannico. La conseguenza è che a quasi due anni dal referendum del giugno 2016 si sa ben poco sul regime post Brexit relativo ad una pluralità di temi come la circolazione delle persone, la protezione dei dati, il rispetto delle sentenze giuridiche, la protezione delle indicazioni geografiche, la cooperazione in materia di sicurezza.
Il Regno Unito non fa parte dell’area Schengen, che non prevede controlli alle frontiere, di conseguenza l’impianto complessivo di Schengen non cambierà. Tuttavia l’uscita dall’Ue del Paese potrebbe comportare l’introduzione di visti per l’ingresso in Gran Bretagna di cittadini non britannici e i cittadini del Regno Unito potrebbero dover richiedere un visto Schengen per entrare in Ue. Benché al di fuori dell’area Schengen, il Regno Unito utilizza comunque il Sistema di informazione Schengen che consente alle autorità nazionali di scambiarsi dati relativi all’identità di determinate categorie di persone e di beni.Resta dunque da chiarire se e in che modo l’accesso a questi sistemi continuerà se Londra rifiuta di essere soggetta allaCorte di giustizia europea che regola l’uso dei dati raccolti.
Sulla protezione delle indicazioni geografiche, la Commissione europea ha più volte esortato il Regno Unito a garantire la protezione dei prodotti alimentari sotto etichettatura geografica comunitaria invitando Londra ad aggiornare la legislazione nazionale al fine di tutelare i diritti di proprietà intellettuale dei produttori europei. Sul punto, negli Orientamenti sulle future relazioni tra l’Unione europea e il Regno Unito, il Parlamento Ue ha ribadito che “per quanto riguarda i prodotti agricoli e alimentari, l’accesso al mercato dell’UE è subordinato al rigoroso rispetto di tutta la legislazione e le norme dell’UE, in particolare in materia di sicurezza alimentare, OGM, pesticidi, indicazioni geografiche, benessere degli animali, etichettatura e tracciabilità, norme sanitarie e fitosanitarie, salute umana, animale e vegetale”.
Sul tema della cooperazione in materia di sicurezza, invece, l’appello della May a stipulare con i Ventisette un nuovo trattato di sicurezza non ha ancora ricevuto risposta da Bruxelles. Poiché Londra rappresenta a livello continentale un attore chiave sul piano operativo, delle capacità militari e su quello industriale e nessun trattato di questo tipo sarà pronto entro il marzo 2019, c’è da attendersi una estensione degli accordi esistenti fino alla stipula di un nuovo trattato.