Il 10 Febbraio di ogni anno, per legge dal 2004, si ricorda l’esodo degli Italiani dall’Istria e dalla Dalmazia ed il loro martirio per mano dell’esercito titino e dei partigiani comunisti operativi in quelle terre.
Continuamente la violenza del pensiero di una certa sinistra cerca di rimuovere questo eccidio di innocenti, infoibati anche da vivi, torturati a morte, violentati se donne, anche se minorenni, anche se solo ragazzine. Le ‘bestie’ rosse, rimaste impunite e protette dalla dittatura culturale che la storia garantisce ai vincitori, razziarono 20 secoli di storia italiana sull’altra sponda dell’Adriatico ed eliminarono funzionari pubblici, sacerdoti, donne e bambini, gettandoli a gruppi legati con filo di ferro nelle voragini carsiche denominate foibe.
Spesso queste esecuzioni di massa furono eseguite colpendo mortalmente alla testa il primo del gruppo che precipitando, trascinava nella voragine gli altri che morivano per le lesioni provocate nella caduta tra le rocce. Nel film Red Land la drammatica ricostruzione degli ultimi momenti degli infoibati tra la disperazione della morte e la speranza che la morte certa giungesse almeno con il colpo di pistola alla testa per evitare ulteriori sofferenze.
Il Magazzino 18 nel porto di Trieste ha celato per anni alla coscienza degli italiani questa tragedia, gli esuli giuliano dalmati vennero ricevuti dalla freddezza dei loro connazionali, quei cognomi a volte diversi, con il “ch” finale, quasi un marchio.
L’esodo privò quei connazionali di tutto ciò che avevano e l’Italia li privò anche della dignità, in molte regioni governate a sinistra quasi odiati, sorretti dal pensiero politico di fede comunista che tendeva ad assimilarli al fascismo ed alle sofferenze del dopoguerra. La storia ci ha restituito l’enorme contributo degli esuli al progresso della nazione con numerose eccellenze in tutti i campi.
Il Presidente della Repubblica incontrando il suo omologo sloveno nel 2020 ha reso omaggio, mano nella mano con il Presidente Pahor, ai martiri della foiba di Basovizza. Non potrebbe essere altrimenti, oggi che quelle terre sono di nuovo liberamente frequentabili per effetto dell’ingresso nell’area Schengen di Slovenia e Croazia, quindi di Istria e Dalmazia.
Rimane aperto e mai risolto il nodo dei risarcimenti e delle restituzioni agli esuli ed ai loro eredi di quanto razziato ed il Museo triestino al Magazzino 26 (ove sono stati trasferiti suppellettili e beni personali degli esuli sepolti per anni al Magazzino 18) sono lì a ricordare che le vite di questi connazionali sono state stravolte e distrutte e nessuno ha mai pagato per questo.
Una ferita aperta, alimentata dall’ignoranza di presunti intellettuali che ancora cercano di sminuire questa tragedia, per fortuna sempre meno. Il ricordo cammina oggi sulle gambe dei discendenti di quei compatrioti perseguitati.
La speranza che quest’anno l’unico addio sia quello agli indegni che cercano di truccare la storia di un eccidio, profanando il martirio degli italiani di Istria e Dalmazia.