Emmanuel Macron si aggiudica il ballottaggio di domenica 24 aprile e viene confermato Presidente della Repubblica francese. Ha ottenuto questo suo secondo mandato con il 58,5 per cento dei voti contro il 41,5 per cento di Marine Le Pen.
Nel 2017 il ballottaggio fu il medesimo ma con una vittoria molto più netta da parte di Macron: il risultato fu 66,1 contro 33,9 per cento. Tutti gli analisti e gli osservatori sono concordi nel definire l’esito del voto come una “vittoria senza trionfo” per Macron.
Il ballottaggio ha premiato il leader di En Marche non tanto per il suo programma politico o per la ferma fiducia che Macron è riuscito a conquistarsi nei cinque anni passati ma piuttosto è stato un rifiuto verso l’estrema destra di Marin Le Pen. I dubbi sul Presidente da parte dell’opinione pubblica francese, dunque, rimangono nonostante la sua rielezione.
Il voto è stato caratterizzato da una bassa affluenza per gli standard francesi: 71,8% totale, poco meno di tre punti percentuali rispetto a quella del ballottaggio del 2017, che fu del 74,56%. Il dato dell’astensione deve essere letto come un campanello d’allarme per la politica francese, tanto più che molti elettori che si sono recati alle urne hanno votato scheda bianca o nulla.
Le Pen ha tenuto un discorso, subito dopo l’esito del voto, nel quale, pur riconoscendo la sconfitta, ha comunque parlato di una “storica vittoria” per il suo partito, sottolineando come il risultato mostri una “grande sfiducia” dei francesi nei confronti di Macron. Discorso che seppur intriso di retorica, ha comunque un fondo di verità: Macron non può ignorare troppo a lungo una sfiducia oggettiva nei suoi confronti che rischia di trasformarsi in rabbia sociale.
Macron ha dimostrato di essere consapevole delle condizioni della sua rielezione e ha dichiarato di voler essere il presidente di tutti i francesi. I temi prioritari che Macron ha espresso durante la campagna elettorale e che saranno il cardine della sua azione di governo riguarderanno una serie di misure per sostenere il potere d’acquisto dei francesi, tema molto discusso in questa campagna elettorale e che è divenuto un cavallo di battaglia di Le Pen, oltre alla riforma delle pensioni, misura molto controversa ma a cui Macron tiene molto visto che i pensionati lo hanno votato per larga maggioranza. Ha poi promesso che verranno varate riforme del sistema sanitario, della giustizia e del sistema scolastico.
Quello che ci lasciano questi due turni elettorali, compreso il voto del 10 aprile, è una Francia fondamentalmente divisa in tre da un punto di vista politico: un centro liberale guidato da Macron, il quale è riuscito ad assimilare i partiti di governo tradizionale, affiancato da due poli all’estrema destra e all’estrema sinistra che rappresentano la rottura con il tradizionale establishment francese.
Le elezioni legislative che si terranno il 12 e il 19 giugno, su doppio turno, ci diranno molto su come sarà il prossimo mandato di Macron. Per poter governare in maniera efficace e incisiva, il Presidente della Repubblica ha bisogno di una maggioranza all’Assemblea Nazionale.
Nel frattempo, Jean-Luc Mélenchon, arrivato terzo con oltre il 20 per cento delle preferenze al primo turno, ha già iniziato la campagna elettorale in vista delle elezioni legislative di giugno, chiedendo ai francesi di eleggerlo Primo Ministro in un discorso che ha tenuto domenica sera e nel quale ha attaccato sia Macron che Le Pen. Il suo risultato è stato per certi versi già sorprendente e l’obiettivo è quello di provare ad ottenere ancora più voti magari diversificando le preferenze che in questo momento gli sono arrivate soprattutto dalle fasce più giovani.
Insomma la campagna elettorale in Francia non è terminata con l’elezione di Macron. Il voto di giugno ci dirà con maggior chiarezza il reale gradimento delle forze in campo. La situazione politica francese risulta essere molto frammentata e questo sicuramente renderà precaria la governabilità del paese.