Sul tavolo la politica industriale del Paese al 2050. Presentata la terza edizione dell’Orange Book
di LabParlamento
Serve una nuova governance nazionale per gestire la sfida ambientale. Lo dice senza mezzi termini il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, secondo il quale il lavoro in corso su tre documenti prioritari come sono la Sen, la Strategia sullo sviluppo sostenibile e quella di adattamento ai cambiamenti climatici dà la misura dell’importanza delle decisioni che si vanno a prendere. In gioco, aggiunge, c’è il Piano Industriale del Paese al 2050. “E noi, come ministero dell’Ambiente, siamo ancora organizzati in base alla vecchia missione del semplice controllo delle emissioni e delle attività sul territorio”.
Per esempio, dice, tutti i ministeri che sono interessati in qualche modo a tematiche così trasversali come quelle ambientali dovrebbero essere parte di questo progetto. Del resto, la missione che ci si era dati soltanto tre anni fa oggi – anche per effetto di eventi decisivi come l’Accordo di Parigi – è chiaramente superata dai fatti. “La quarta rivoluzione industriale alle porte – sottolinea il ministro – sara’ soprattutto quella dell’economia circolare. Non parliamo più solo di rispetto dell’ecosistema, ma di ambiente come leva di competizione per le nostre imprese e di sviluppo delle nostre città”. Competizione che si gioca sulla possibilità o meno per l’industria di stare sul mercato.
Quanto agli impegni in corso “abbiamo rinnovato e potenziato l’ecobonus, fatto il Conto Termico 2.0, puntato sul fondo Kyoto per fare efficienza sugli edifici pubblici, stanziato 35 milioni sulla mobilità sostenibile e 50 sulle colonnine elettriche” . E c’è bisogno di tutti per non fermarsi ai risultati raggiunti “anche di multiutilities forti e organizzate, pronte a cogliere questa sfida, senza frammentazioni come accade in alcune parti d’Italia”.
Secondo Galletti – che ha aperto ieri, al Mise, la presentazione della terza edizione dell’Orange Book – proprio dal rapporto messo a punto da Utilitalia, Fondazione Utilitatis, in collaborazione con EfficiencyKNow emerge in maniera chiara “che il settore ambientale e’ la vera sfida economica degli anni a venire“.
Cinque i settori chiave analizzati per valutare l’applicazione e lo sviluppo di nuovi modelli: biometano, teleriscaldamento, illuminazione pubblica, efficientamento delle infrastrutture idriche e mobilità sostenibile. Ambiti in cui le amministrazioni locali dovrebbero cogliere le potenzialità offerte dalle Utilities sull’efficienza energetica, e di conseguenza raggiungere i target di riduzione delle emissioni.
Condivide il viceministro al Mise, Teresa Bellanova, per la quale “le città hanno bisogno di progetti concreti, come quelli raccontati nel rapporto”. “La valorizzazione delle risorse esistenti e di quelle generabili – aggiunge subito dopo – è la principale finalità di un’agenda nazionale necessaria per le città in cui le multiutility possano essere protagoniste per lo sviluppo dell’efficienza energetica nel nostro Paese, grazie al loro ruolo di prossimità al cliente e per il loro contributo alle amministrazioni locali nel superamento degli ostacoli culturali ed economici”. Senza dimenticare l’importanza sociale di questi interventi: Bellanova, in proposito, rammenta le conclusioni del recente G7 sull’occupazione nella fase di transizione energetica.
Respiro più internazionale per l’intervento di Claudia Canevari, vice direttore dell’Unità per l’Efficienza Energetica della DG Energia Ue. Al centro, il “pacchetto invernale” lanciato a fine scorso anno definito “il progetto organico più ambizioso” messo in campo dalla Commissione per fare dell’Europa il settore guida della nuova gara mondiale sull’energia pulita. Oltre 1.000 pagine per otto proposte di direttiva (di cui due sull’efficienza) in grado, tra l’altro, di creare qualcosa come 400 mila posti di lavoro aggiuntivi e tagliare di 70 miliardi di euro l’import di fonti fossili. Non ultimo, in questo quadro, il richiamo alla povertà energetica che fa parte, d’ora in avanti, degli obblighi di risparmio energetico.
Al dibattito hanno preso parte tra gli altri Giovanni Valotti, presidente di Utilitalia e Francesco Sperandini, presidente e AD del Gse.
Per Valotti “le città, in particolare le più grandi, sono il luogo ideale per attuare i principi del Clean Energy Package e le utilities, con i loro progetti già realizzati per il teleriscaldamento, la mobilità sostenibile, la produzione di energia o di biometano tramite i rifiuti, possono essere il volano di questa attuazione”. Quanto ai Certificati Bianchi, questi – al di là delle recenti polemiche sui prezzi e presunti comportamenti opportunistici – sono considerati tuttora in Europa uno “strumento virtuoso”. Un tema, quello dei TEE affrontato anche da Sperandini. Per il Gse, che attende le decisioni in merito dell’Autorità per l’Energia, è comunque da escludere che l’aumento dei prezzi sia stato l’effetto delle attese per la riforma in arrivo.
Presenti all’incontro anche Ivan Stomeo, delegato Anci Energia e Rifiuti e l’on. Vinicio Peluffo (Pd). Il presidente dell’Enea, Federico Testa, ha aperto e concluso i lavori, mettendo in guardia sulla necessità di un continuo monitoraggio degli strumenti messi in campo per raggiungere i risultati di efficienza energetica. Secondo Testa inoltre l’obiettivo, importante, di aggregazione delle Utilities non deve far perdere loro la valenza, altrettanto importante, del legame vincente con il territorio.
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