Nel triennio 2017-2019 è stato rilevato un progressivo aumento della spesa pubblica, in termini di impegni di competenza, per i casi di errori giudiziari/ingiusta detenzione; nel 2020 si è invece registrata una diminuzione. In particolare, mentre nell’anno 2019 (48.799.858,00 euro) la spesa era risultata aumentata più del 27% rispetto al 2017 (38.287.339,83 euro), nel 2020 l’importo complessivo (43.920.318,91 euro) è risultato superiore a quello del 2017 ma inferiore a quelli del 2018 e 2019.
E’ quanto rileva la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti nella Relazione su “Equa riparazione per ingiusta detenzione ed errori giudiziari”, approvata con delibera n. 15/2021/G, che ricorda come la riparazione pecuniaria per ingiusta detenzione sia prevista dagli artt. 314 e 315 del codice di procedura penale. La disciplina si applica anche ai casi di errore giudiziario regolati dall’art. 643 cpp.
Tale istituto rappresenta il riconoscimento, a livello normativo, del principio di civiltà giuridica e di attuazione dei valori di un ordinamento democratico in virtù del quale chi sia stato privato ingiustamente della libertà personale ha diritto ad una congrua riparazione per i danni materiali e morali patiti.
Dall’indagine, sviluppata dalla Sezione del controllo esaminando un campione di ordinanze irrevocabili, è emersa, tuttavia, una difforme applicazione dei criteri di liquidazione di tali ristori da parte delle Corti d’appello. Questo suggerisce l’opportunità di un monitoraggio del Ministero della giustizia per l’acquisizione dei provvedimenti giudiziari per i quali si potrebbero prefigurare indennizzi.
Attualmente – osserva la magistratura contabile – né la normativa speciale, né il codice di procedura penale, prevedono norme di coordinamento tra la disciplina dell’indennizzo per ingiusta detenzione ex art. 314 e 315 cpp e quella di cui alla legge n. 117/1988 relativa a “Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati”, che, se introdotte, impedirebbero il possibile cumulo delle azioni da cui potrebbe conseguire una duplicazione della spesa per indennizzo e risarcimento del danno.
Poiché anche in ambito europeo sussiste un disallineamento delle tutele previste dai vari Stati per i ristori economici a fronte delle ingiuste detenzioni, la Corte ritiene auspicabile l’attivazione di iniziative dirette alla tendenziale equiparazione dei criteri della loro quantificazione, in considerazione dei riflessi finanziari della sempre più frequente “circolazione” dei provvedimenti giudiziari nell’ambito dell’Unione europea.