Il sistema elettorale favorisce accordi assai più variegati delle semplici “larghe intese”
di S.D.C.
Finalmente, ci siamo. Lunedì, a voti scrutinati, sebbene per i collegi uninominali sarà bene attendere i dati definitivi del Viminale, conosceremo l’esito di queste elezioni così incerte. Ma attenzione ai rimescolamenti successivi, soprattutto in caso di stallo. E non solo in questo caso. Con un solo scenario che, almeno sulla carta, non dovrebbe creare problemi alla scelta del Presidente della Repubblica: quello di una vittoria ampia del Centrodestra, con Forza Italia primo partito e forti consensi rispetto alla Lega. Per tutti gli altri scenari invece tutto potrà accadere.
Stando alle previsioni fin qui diffuse: il Centrosinistra rischia una cocente sconfitta vuoi per la scissione di LeU, vuoi per la solitudine renziana nonostante i tentativi di impostare la campagna elettorale nel segno della “squadra” (Gentiloni in testa); il Movimento Cinque Stelle, se pure ricevesse un incarico esplorativo come primo partito, assai difficilmente troverà sponde sul proprio programma e Governo “in pectore”; il Centrodestra è la coalizione maggiormente accreditata di vittoria. Inoltre, se pure questo schieramento si avvicinasse alla maggioranza assoluta richiesta alla Camera (316 seggi su 630), senza raggiungerla, non è affatto remoto pensare che troverebbe qualche decina di voti per risolvere il problema. Discorso più o meno analogo al Senato, dove gli ultimi esecutivi hanno più sofferto.
Da dove arriveranno questi voti? In linea generale da quanti decideranno che il raggiungimento dell’obiettivo, l’approdo in Parlamento, vale un appoggio che eviti, almeno per un po’, il ritorno alle urne; poi ci sono tutti coloro che, già ora, hanno formato un nutrito Gruppo Misto, a cominciare dai Cinque Stelle la cui candidatura, per vari motivi, è stata stigmatizzata dal Movimento; i radicali poi sono stati “accusati” da più parti di essersi schierati a suo tempo e senza grossi problemi con il Centrodestra; perfino le truppe renziane potrebbero sfaldarsi in caso di una brutta sconfitta, con il partito in subbuglio e la segreteria magari nel mirino. Per non parlare di una esperienza, quella dei voti degli eletti all’estero, che in passato ha dimostrato di essere più volte decisiva.
A questo scenario, si aggiunge quello di un insoddisfacente risultato del Centrodestra a fronte, tuttavia, di risultati insufficienti anche di M5S e del Centrosinistra. Difficilmente si avranno “larghe intese” perché non ci saranno i voti. Per nulla impossibile, in questo caso, uno sfaldarsi e parallelo ricomporsi di gruppi e coalizioni. Insomma, un altro rimescolamento. Forse già all’interno del Pd come pure nel Movimento Cinque Stelle, tra governisti e ortodossi e nella Lega, dove scalpitano i maroniani e perfino in Forza Italia, che presenta da tempo una corrente “salviniana”. Per non dimenticare che anche Liberi ed Uguali è composto di varie anime la cui diversità di espressione, sopita soltanto dal comune sentire anti-renziano, è più volte emersa in questa campagna elettorale. Ne potrebbe nascere un Governo di scopo o del Presidente. Con quali limiti e obiettivi è tutto da vedere, anche in base alle considerazioni del Quirinale sull’onda della necessità del momento.
Resta un ultimo scenario. Quello che parla di una vittoria del Centrodestra, con il prevalere però della Lega su Forza Italia. Improbabile ma da mettere nel novero delle possibilità. Cosa farebbero Forza Italia e Berlusconi? Darebbero davvero il via libera a un Salvini premier? E i mercati, l’Europa come reagirebbero?