Dai risultati delle elezioni svedesi al voto per le sanzioni all’Ungheria, le sfide per l’Europa aumentano. E nel 2019 si vota…
di Eleonora Masi
È il vecchio che avanza, un ritorno alla fine del XIX secolo, quando ogni singolo stato-nazione badava per sé? Sempre più di frequente, e mai come in questi giorni, si parla di “sovranismo”. Proprio in queste ore si vota l’applicazione o meno dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona per le sanzioni all’Ungheria di Viktor Orbàn che, secondo il Parlamento Europeo, avrebbe violato lo stato di diritto, indebolendo le proprie istituzioni democratiche e favorendo razzismo e discriminazione.Il premier ha dichiarato che l’Europa “umilia” il suo popolo che “non accetterà minacce o ricatti”. È un affronto, quindi, quello dell’UE. L’Europa non è più casa, ma un’autorità spregiudicata e cieca a cui ribellarsi. È un voto su cui la maggioranza di governo italiano ha dichiarato di separarsi, con Lega in pieno appoggio mentre M5s voterà a favore. Orbàn, in carica da oltre dieci anni, considerato uno dei leader più longevi e rappresentativi d’Europa, è anche il simbolo dei cosiddetti “partiti sovranisti”che sembrano rubare la scena del continente, auspicando un ritorno alla sola sovranità nazionale, ovvero una chiusura rispetto alla globalità interdipendente dell’ultimo secolo. L’Italia di Giuseppe Conte (ma anche di Matteo Salvini) farebbe parte di questo schieramento politico, ormai, insieme a Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia (il cosiddetto “blocco di Visegrad”, assieme all’Ungheria, appunto) Austria e Slovenia. Sovranismo fa rima con statalismo, nazionalismo, populismo, protezionismo, ma anche anti-immigrazione, la critica più succulenta per l’opinione pubblica e su cui si concentra quasi tutta l’attenzione della stampa.
Ma c’è un effettiva deriva sovranista che minaccia l’Unione Europea, adesso, più politicamente che economicamente, anche e soprattutto in vista delle elezioni europee di maggio 2019?
La scorsa domenica, le elezioni svedesi, non hanno visto una vittoria del partito di ultradestra di Jimmie Akesson, ma un aumento significativo dei voti a suo favore. Infatti, col 18% totalizzato (ben 6 punti percentuali in più rispetto al 2014) potrebbe avere un ruolo decisivo nella formazione di governo, poiché nessuno dei due “vincitori”, ovvero i partiti tradizionali di centrodestra e centrosinistra, non hanno la maggioranza per governare da soli. Si è scritto, si è detto che neppure il Paese vessillo del welfare ha più intenzione di offrirlo a tutti. Ancora una volta il problema sarebbero i migranti, anzi, in questo caso parliamo di rifugiati richiedenti asilo, solo 163 mila, eppure considerati tanti per una popolazione di neppure 10 milioni di abitanti.
Prima gli italiani, Swedish first…effettivamente non sono pochi coloro i quali vogliono sciogliere le catene delle istituzioni sovranazionali per essere “liberi” di scegliere la propria politica militare, economica, monetaria. È una sfida che l’Europa deve saper cogliere, un’Unione sul cui stato Jean Claude Juncker sta relazionando sempre in queste ore e che, come ricorda Politico.eu, sta per perdere 65 dei suoi 510milioni di cittadini. I giovani europei sono ormai disincantati sullo status quo – continua sempre Politico – quelli fino a 24 anni pensano che i nuovi movimenti politici possano trovare soluzioni migliori rispetto ai vecchi partiti.