Indagine sperimentale dell’Istat su 14.000 imprese. Il 30% esprime un livello medio alto di sostenibilità (e al crescere della sostenibilità, cresce la produttività). Anche del 10%.
di Stefano Bruni
Cosa hanno a che fare tra loro benessere, sostenibilità, responsabilità sociale d’impresa e produttività?
Molto, secondo l’ultima indagine sperimentale dell’Istat, presentata lo scorso 23 ottobre a Roma.
In pratica, l’Istituto Nazionale di Statistica ha rilevato, direttamente presso un campione di imprese italiane, una serie di dati, ad oggi non noti, incrociandoli con altri indicatori esistenti con l’obiettivo di valutare la diffusione dell’orientamento del tessuto produttivo alla sostenibilità.
Il processo di produzione di questi risultati sperimentali si è sviluppato tramite alcune particolari rilevazioni che vanno dall’inserimento di moduli ad hoc in alcune indagini Istat (per un totale di circa 14.000 imprese coinvolte) all’elaborazione di alcuni bilanci di sostenibilità disponibili in rete.
Da questa analisi si sono scoperte cose molte interessanti.
Per esempio è emerso che un terzo delle imprese manifatturiere prese a campione hanno comportamenti che esprimono in livello medio o alto di sostenibilità. Cioè, un’impresa su tre è impegnata a portare avanti il proprio business facendo attenzione al processo di cambiamento nel quale lo sfruttamento delle risorse, il piano degli investimenti e l’orientamento dello sviluppo tecnologico sono tutti in sintonia e valorizzano il potenziale attuale e futuro al fine di far fronte ai bisogni e alle aspirazioni, presenti e future, dell’uomo.
Nello specifico, il 77,6% dei casi questi “atteggiamenti sostenibili” sono indirizzati al miglioramento dell’immagine dell’azienda, nel 60,4% delle ipotesi l’orientamento alla sostenibilità è “spinto” da una riduzione dei costi e nel 49% dei casi il comportamento sostenibile mira a ricercare nuovi segmenti di mercato.
Degni di nota sono poi i risultati relativi alla produttività delle aziende prese in esame.
Emerge infatti che le imprese maggiormente “sostenibili” hanno una più elevata produttività rispetto alle altre. In particolare, le attività manifatturiere mediamente sostenibili hanno un differenziale di produttività pari al 7,9% rispetto alle imprese non sostenibili. Il divario cresce ancora nelle realtà molto orientate alla sostenibilità dove, addirittura, la differenza è del 10,2%.
Una indicazione, questa, non di poco conto per un Paese come l’Italia che soffre ormai da anni della “sindrome della bassa produttività”.
Ma non è solo questo il dato importante. Interessante anche è la classificazione delle imprese per livello dell’indicatore di sostenibilità ambientale e sociale, declinato per settore di attività.
A questo proposito, il grafico n. 2 mette in rilievo per esempio il fatto che le imprese operanti nel settore dell’energia elettrica hanno il più alto livello, in termini percentuali, di attenzione per indicatori di sostenibilità sociale, mentre le realtà produttive del settore legno hanno più a cuore gli indicatori di sostenibilità ambientale.
Insomma, uno studio sperimentale che promette bene e che magari, nel futuro, potrà dare indicazioni ancora più puntuali e precise.