Entrano Repubblicani e Verdi. La figura di Hulot: Parigi protagonista nella transizione energetica
di Mara Carro
Una squadra più snella, parità di genere (rispettata, ma non del tutto) e apertura alla società civile, il primo governo della presidenza Macron, annunciato mercoledì scorso, è abbastanza in linea con ciò che il nuovo presidente francese aveva promesso durante la sua campagna elettorale.
Il nuovo esecutivo francese, che sarà guidato dal premier dell’ala moderata neogollista (LesRépublicains) Edouard Philippe, è composto da 22 membri, di cui 18 ministri, 9 donne e 9 uomini, e 4 segretari di stato, 2 donne e 2 uomini, e include i rappresentanti di tutte le tendenze politiche francesi, ad eccezione del Fronte Nazionale. Nello specifico, il nuovo governo conta politici del movimento En Marche!, due ministri de LesRépublicains, il principale partito di centrodestra francese, tre di MoDem, il partito di centro che ha sostenuto la campagna Macron, quattro del Partito Socialista dell’ex presidente Hollande, e due del Partito Radicale della Sinistra, Prg.
Due i membri del governo uscente di François Hollande: Jean-Yves Le Drian, esponente di spicco del Partito Socialista, che da Ministro della Difesa diventa Ministro degli Esteri e responsabile degli Affari Europei, e Annick Girardin del Prg, che passa da Ministro della Funzione pubblica a nuovo ministro per i Territori d’Oltremare. Oltre a Le Drian, un’altra nomina prestigiosa spettata al Partito Socialista è il Ministero degli Interni che va al senatore e sindaco di Lione, Gérard Collomb, che ha giocato un ruolo chiave nella scalata presidenziale di Macron.
In un’ottica di bilanciamento complessivo, ai Repubblicani vanno il ministero dell’Economia con Bruno Le Maire e quello delle Finanze con Gérald Darmanin. Queste due nomine confermano la guerra dichiarata da Macron all’esistenza stessa, oltre che alla tenuta, dei partiti tradizionali francesi. Dopo l’umiliazione inflitta al Partito Socialista alle elezioni, Macron è passato a prendere di mira l’altro partito storico del paese, il Partito Repubblicano, che rischia di emergere come la principale forza di opposizione alle elezioni parlamentari del mese prossimo, scegliendo tra le sue fila il nuovo primo ministro, Philippe, un esponente noto come Le Maire e Darmanin, rappresentante della giovane generazione di politici conservatori desiderosi di rinnovare il leader e l’ideologia del partito.
Al fondatore del MoDem, François Bayrou, va il Ministero della Giustizia. Tra le donne, la carica più prestigiosa è spettata a Sylvie Goulard, che ha aderito a En marche! nel 2016, e sarà il nuovo ministro delle Forze Armate (ex Difesa).
Nel governo, rappresentano la società civile Agnès Buzyn, medico ematologo e professore di medicina presso l’Università Pierre e Marie Curie di Parigi, e ora ministro delle Solidarietà e della Salute; Laura Flessel, campionessa olimpionica di scherma nominata Ministro dello sport, Jean-Michel Blanquer, Amministratore Delegato di ESSEC Business School nominato Ministro della Pubblica Istruzione, Muriel Pénicaud, direttrice dell’agenzia per l’internazionalizzazione dell’economia francese e ora ministro del Lavoro e Nicolas Hulot, giornalista e ambientalista francese alla sua prima esperienza al governo, nominato ministro della Transizione ecologica e solidale.
L’ex conduttore televisivo, che presiede la “Fondazione Nicolas Hulot per la Natura e l’Uomo”, è una delle principali figure dell’ecologismo in Francia: è stato nominato “inviato speciale per la protezione del pianeta” nel 2012 da François Hollande e ha attivamente partecipato alla preparazione di Cop21, tenutasi a Parigi nel 2015 e che ha portato agli Accordi di Parigi. Hulot non è completamente nuovo alla politica: nel 2007 valutò una candidatura alle presidenziali per poi ritirarsi, convincendo però diversi politici a sottoscrivere il suo Patto ecologico e nel 2011 si è candidato alle primarie dei Verdi, sconfitto da Eva Joly. Tuttavia, finora, Hulot ha rifiutato tutte le proposte politiche, quelle di Jacques Chirac, Nicolas Sarkozy e François Hollande.
La nomina di Hulot serve a dare visibilità e concretezza al riformismo ecologico promesso da Macron, bilancia la nomina di un primo ministro ex lobbista del gruppo nucleare Areva e dovrebbe assicurare al Presidente il voto dei Verdi alle elezioni parlamentari di giugno.
La transizione ecologica proposta da Macron è sviluppata in sei capitoli di politiche e misure. 15 miliardi destinati alla transizione, la chiusura delle centrali a carbone entro cinque anni, bloccare lo sfruttamento dello shale gas, finanziare lo sviluppo di energie rinnovabili entro il 2022, l’aumento graduale della carbon tax a 100 euro a tonnellata di CO2 entro il 2030, ridurre, entro il 2025, al 50 per cento il peso dei reattori nel mix energetico francese (rispetto all’attuale 75 per cento), fare dell’economia circolare e il riciclaggio un nuovo modello economico. In un momento storico che vede riprendere slancio l’idea che la tutela del clima danneggi la competitività economica e l’occupazione, Macron, con la creazione di un Ministero per la Transizione energetica, vuole fare della Francia la nazione protagonista di questa svolta strategica.
Già l’ex ministro francese dell’Energia, Ségolène Royal, durante il suo mandato, ha promosso diverse leggi e iniziative nel campo delle rinnovabili e lo scorso ottobre la Francia ha emanato la “Programmazione pluriennale dell’energia”, uno dei provvedimenti di attuazione più attesi della legge 17 agosto 2015 sulla transizione energetica, che disegna un nuovo modello per la Francia con meno spazio al nucleare e accento sulle rinnovabili.
Tra i temi caldi che Nicolas Hulot si troverà ad affrontare nei prossimi mesi, vi è proprio quello del nucleare. Il nuovo Ministro dovrà mettere in pratica il programma enunciato dal presidente durante la sua campagna. Hulot è per l’abbandono del nucleare. Macron no. Sarà interessante vedere anche come si svilupperà il rapporto con il primo ministro Philippe, che da deputato ha votato contro una legge sulla transizione energetica nel 2015 e contro le leggi per la difesa della biodiversità nel 2016.
Il nuovo governo potrebbe tuttavia ritrovarsi a servire solo per poche settimane. Se il partito di Macron, La Republique En Marche!, non otterrà la maggioranza nelle elezioni parlamentari dell’11 e 18 giugno, non sono esclusi cambiamenti nel governo appena nominato.